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Meraviglie e leggende di Genova | 12 gennaio 2025, 08:00

Meraviglie e leggende di Genova - ‘Ma se ghe penso’, quel canto della nostalgia nato a Buenos Aires

Scritto da Mario Cappello e da Attilio Margutti, il brano racconta l’emigrazione e l’amore per la propria terra diventando un vero e proprio inno genovese. Pochi, però, conoscono la storia di questa canzone che quest’anno compie cento anni

Il viaggio sul piroscafo era stato lungo.

Certo, all’andata l’emozione di raggiungere l’America latina era stata tanta. 

Affacciandosi a prua, più volte si era chiesto se quella tremenda voglia di toccare di nuovo la terra ferma fosse in qualche modo quella che aveva provato Cristoforo Colombo quasi cinque secoli prima, in mezzo a quello stesso mare.

Ora Mario Cappello, che con la sua voce aveva incantato migliaia di spettatori nei teatri di Buenos Aires, stava tornando nella sua Genova.

Quel periodo dall’altra parte del mondo, la nostalgia di casa sua, della sua gente, la voglia di rivedere la Lanterna a dominare la città, avevano fatto nascere nel tenore una serie di versi che aveva abbozzato uno dietro l’altro. Li teneva stretti nel pugno, nascosto in tasca.

“Se ghe penso” stava li, facendo capolino tra le pieghe della sua mente, regalandogli di tanto in tanto qualche rima che prontamente annotava.

A quelle parole mancava qualcosa e solo una persona era capace di dar loro la giusta veste.

Ripresosi dal lungo viaggio, Mario non perse tempo e si incamminò in via Porta d’Archi, passando quella nuovissima meraviglia che era il Ponte Monumentale.

Arrivato, si accosto a una porta di legno e iniziò a bussare: “Attilio, dève a porta, son mi, Mario, son turnou da Buenos Aires”.

Dall’altra parte, il maestro Attilio Margutti, uno dei più celebri musicisti del tempo, si stava godendo con aria sognante la visione di quello straordinario pentagramma. 

Muovendo a mezz’aria il dito seguiva il ritmo imposto da quell’allegretto con una espressione di beatitudine sul viso del tutto ignaro che, di li a poco, avrebbe scritto la storia della canzone dialettale genovese.

Margutti sobbalzò e andò ad aprire, trovandosi davanti l’amico di sempre, che accolse con un caloroso benvenuto.

Si accomodano entrambi in salotto e il cantante non perse tempo: “Ho scritto dei versi, Attilio. Solo tu puoi scrivere la musica a queste parole”.

Dopo un’attenta lettura, il maestro non ebbe dubbi e si mise al piano iniziando a comporre una melodia struggente, in grado di accentuare il profondo senso delle parole.

In quel giorno di sole del 1925 stava nascendo ‘Se ghe penso’, brano della canzone dialettale genovese, divenuto un vero e proprio inno. Cappello scelse poi di aggiungere quel ‘ma’ sottolineando ancor di più, se possibile, il senso di nostalgia degli emigrati.

La prima volta che il brano venne eseguito, a cantarlo fu Luisa Rondotti, una soprano che si esibì al Teatro Orfeo, la sala genovese che divenne poi un cinema e che oggi è occupata da un grande magazzino, proprio a pochi passi dal Ponte Monumentale e da via Porta d’Archi. 

Nel tempo, tanti hanno cantato questa poesia, da Gilberto Govi ad Antonella Ruggiero, ciascuno cogliendo una nuova sfumatura, facendosi interpreti della voglia di ritornare nella propria terra natia.

‘Ma se ghe penso’ quest’anno compie i suoi primi cento anni e, oggi come allora, continua a essere un commovente omaggio al coraggio di tante donne e uomini che hanno lasciato la casa natale per cercare fortuna lontano, portandone nel cuore ogni angolo.

Isabella Rizzitano

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