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Attualità | 10 gennaio 2025, 08:00

Alla scoperta dei Rolli - Lo straordinario esempio di dimora signorile di Palazzo Bartolomeo Lomellino

Fatto costruire dal fratello del più noto Nicolosio, proprietario dell’omonimo palazzo che affaccia su via Garibaldi, è una particolare testimonianza di ‘villa’ fuori dalle mura cittadine. Oggi sede di un istituto tecnico, ha conservato inalterato il suo fascino. Pensare che fu tra i primi ad avere un bagno

Prosegue oggi, e andrà avanti per tutti i venerdì successivi, ‘Alla scoperta dei Rolli’, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato a una delle caratteristiche principali della nostra città, che è valsa anni fa il riconoscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Si tratta del sistema dei Palazzi dei Rolli: edifici che sono vere e proprie perle del centro storico e non solo. Vi accompagneremo dentro con i nostri racconti, ve li faremo scoprire con le fotografie, vi illustreremo aneddoti e curiosità. Sempre per amore di Genova e delle nostre eccellenze. Buon viaggio insieme a noi!

Affacciato su largo Zecca, oggi snodo tra via Cairoli, la galleria Garibaldi e via Bensa, si trova un edificio affascinante, la cui storia spesso non viene adeguatamente ricordata.

Si tratta di Palazzo Bartolomeo Lomellino, una vera e propria bomboniera genovese, oggi sede dell’Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II - Ruffini.

Situato nell’area di Vallechiara, questo palazzo rappresenta un esempio unico di dimora signorile raccontando il passaggio di epoche e stili.

A volere questa illustre dimora fu Bartolomeo Lomellino, sposo di Maddalena Centurione, figlia del celebre banchiere Adamo, e fratello di Nicolosio, che in Strada Nuova stava costruendo il suo palazzo.

Edificato tra il 1565 e il 1570, l’edificio che affaccia nell’attuale largo Zecca, in origine, era una ‘villa’ fuori dalle mura cittadine.

Circondato dalle proprietà dell’Albergo dei Lomellini, il palazzo poteva godere della vicinanza dell’Abbazia di San Bernardo dell’Olivella, di cui Bartolomeo era patrono.

In questo modo, un dialogo continuo con la natura e il paesaggio circostante viene a riflettersi anche nella disposizione del giardino a terrazze in cui non mancavano marmi e fontane.

Inserito nell’opera ‘I palazzi di Genova’ redatto da Peter Paul Rubens nel 1622, il palazzo di Bartolomeo proponeva una facciata articolata in due registri con bugnato rustico e scanalato, lesene binate e potenti cantonali dando vita a un bilanciamento capace di trasmettere monumentalità.

Dall’atrio, si accede al cortile interno e poi allo scalone monumentale attorno al quale ruota la distribuzione degli spazi interni, tra cui spicca persino un bagno, elemento raro e innovativo per l’epoca.

Nel 1769, su incarico del doge Agostino Lomellini, l’architetto Emanuele Andrea Tagliafichi apporta numerose e significative modifiche al palazzo per mantenerne il prestigio e la moda. Il giardino viene riorganizzato e gli interni del piano nobile, così come quel della mezz’aria, vengono arricchiti con decorazioni a stucco, alcune delle quali ancora oggi visibili in alcuni negozi di via Carlo Targa (la via che costeggia la parte destra dell’edificio).

Dalla metà del Settecento il palazzo ha cambiato più volte proprietario passando ai Rostan Raggio, per poi divenire proprietà di esilio Raggio nel 1892. Fu lui a confermare l’affitto già concesso nel 1875 al Comune di Genova che, nel 1908, qui sistemerà la sede dell’istituto tecnico

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il palazzo fu gravemente danneggiato e parte delle decorazioni interne fu spazzata via. 

Alcuni frammenti sono giunti fino a noi come, per esempio, l’affresco che raffigura Enea e Didone, al piano nobile, negli ambienti oggi occupati dagli uffici della presidenza dell’istituto tecnico.

Isabella Rizzitano

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