Attualità - 08 gennaio 2025, 08:00

I ristoratori e la giungla delle recensioni online: “Non servono a chi lavora con serietà”

Matteo Losio, titolare della storica Trattoria Bruxaboschi e presidente dei ristoratori FIPE Confcommercio, è scettico riguardo all'affidabilità delle piattaforme che permettono la pubblicazione da parte di utenti anonimi. La soluzione? “Consultazione di più fonti (Google, guide gastronomiche) e verificare le informazioni tramite il sito web e i social media dei locali”

Le piattaforme di recensioni online hanno rivoluzionato il modo in cui, sempre più frequentemente, scegliamo dove mangiare. Se nel passato a farla da padrona erano il passaparola o le guide cartacee, da tempo ormai viene affidata la sorte di pranzi, cene e aperitivi a TripAdvisor e i suoi simili. Questi strumenti sarebbero di grande utilità se tutti gli utenti li utilizzassero in maniera trasparente e corretta, ma se da un lato sono in grado di offrire ai clienti una bussola preziosa per riuscire a orientarsi nella giungla della ristorazione, dall’altra possono essere utilizzati da chiunque senza necessità di verifiche particolari (salvo qualche eccezione). La conseguenza è che sempre più frequentemente fioccano recensioni false, magari dettate da concorrenza sleale di altri ristoratori della zona, da clienti insoddisfatti per piccole incomprensioni o semplicemente perché non si ha nulla di meglio da fare. 

Sulla questione è intervenuto Matteo Losio, presidente dei Ristoratori FIPE Confcommercio e titolare della storica Trattoria Bruxaboschi di Genova, che ha un’idea ben chiara sul fenomeno: “Secondo me nel corso degli anni TripAdvisor ha perso un po’ di credibilità, perché non è possibile rintracciare chi ha scritto le recensioni. Per utilizzare altre piattaforme, come Google, è necessaria l’iscrizione con un indirizzo mail, quindi spesso le persone si trattengono dallo scrivere inesattezze perché è possibile risalire all’autore di quanto viene pubblicato ed, eventualmente, anche sporgere denuncia”. 

Per quanto riguarda la propria attività, Losio non ha dubbi: “Non guardo da tempo le recensioni su TripAdvisor, sono dell’idea che chi lavora da tanto tempo di certe cose è necessario ‘fregarsene’ un po’”. Bisogna senza dubbio tenere in considerazione il fatto che “TripAdvisor, The Fork e Guida Michelin oggi fanno parte della stessa azienda, e spesso essere iscritti porta con sé dei vantaggi, soprattutto per ristoratori che lavorano tanto con i turisti. Questo, però, è un campo che non mi ha mai fatto gola: avere recensioni di amici che spingono per far salire il punteggio non interessa, perché se racconti delle cose non vere prima o poi vengono a galla. Io non lavoro con chi passa da Genova per caso, e sono convinto che il passaparola sia ancora oggi una delle armi più potenti. Vince chi non racconta frottole, chi non fa foto in posa apposta, chi è autentico”.

Il sistema, secondo il presidente dei ristoratori FIPE Confcommercio, non funziona perché le recensioni possono essere anonime e non richiedono necessariamente la prova di aver realmente consumato in un ristorante: “Tutto quello che viene scritto non è di responsabilità della piattaforma, a meno che non ci siano gli estremi per cancellare la recensione, quindi è come se non esistessero regole. Come associazioni di categoria avevamo chiesto che venisse introdotto l’obbligo di mostrare la foto della ricevuta del pasto consumato, o di utilizzare nome e cognome con un indirizzo mail valido, ma non è stato possibile andare avanti con la proposta. Così succede che arrivano recensioni che criticano di non essere stati fatti sedere sui divanetti rossi del locale, quando non ci sono neanche dei divanetti”. 

Quale soluzione, allora, per tutelare i ristoratori e, nello stesso tempo, garantire agli avventori di leggere commenti realistici per poter scegliere dove andare a cena? “Il mio suggerimento è quello di guardare diverse piattaforme, non solamente una. Non le piattaforme di prenotazione, perché possono essere fuorvianti, in quanto se un ristorante è iscritto o non è iscritto può avere delle posizioni diverse negli elenchi. Oltre a TripAdvisor, consiglio di leggere le recensioni su Google, che è la più veritiera perché ci sono i nomi di chi scrive le recensioni. Magari si possono consultare anche due guide del settore, come Gambero Rosso, la Guida Michelin, L’Espresso, andando così a sentire il parere dei professionisti che scrivono le schede tecniche. Avendo una panoramica di tre o più commenti, uno l’idea riesce a farsela”. E ancora: “Se un locale ha un sito internet e le sue pagine social, è bene che inserisca le foto del menù, dei piatti che propone, in modo da consentire agli utenti di verificare quanto affermato nelle recensioni. Per esempio, se sulla carta i miei dolci costano otto euro, e qualcuno dice che li ha pagati di più, già si capisce che qualcosa non va. Se poi tutte le recensioni vanno nella stessa direzione, nel bene e nel male che sia, è molto probabile che sia la verità”. Qualità del servizio, fiducia reciproca e comunicazione chiara possono sembrare valori all’antica, ma restano fondamentali per costruire una reputazione solida, sia online che offline.