“Se è vera la notizia che sulla scrivania del Ministro Anna Maria Bernini ci sono proposte di aumenti stipendiali per alcuni dirigenti universitari, e la più onerosa riguarda proprio il rettore dell’Università di Genova, rimaniamo sconcertati”.
Anche la politica, per voce del consigliere regionale Gianni Pastorino (Lista Orlando), accende i riflettori sulla notizia dell’aumento di stipendio chiesto al Ministero dal rettore dell’Università di Genova, Federico Delfino: da circa trentatré mila euro annui a oltre centodieci. In pratica il compenso si andrebbe a quadruplicare.
La notizia è comparsa nelle ultime ore sulle pagine web del quotidiano ‘Open’ e fa riferimento alla proposta, avanzata nel 2023 e basata sul bilancio preventivo del 2024 nel quale è indicata la proposta di aumento.
Il Ministero dell’Università e della Ricerca non ha ancora dato una risposta definitiva a numerose istanze di revisione salariale presentate dai rettori delle università italiane.
La motivazione addotta per giustificare la moltiplicazione per quattro dello stipendio del rettore è riportata nel verbale del Collegio dei Revisori dei Conti: la riduzione delle spese energetiche registrata dall’ateneo a partire dal 2022, che dovrebbe compensare l’aumento dei costi derivanti dai nuovi stipendi.
Sempre stando a quanto si legge su ‘Open’, oltre al rettore, la proposta include un adeguamento salariale anche per altre figure di vertice dell’ateneo, come il prorettore, i membri del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei Revisori. Nel complesso, l’impatto economico passerebbe dagli attuali 159.954 euro a 406.672 euro annui, comportando un incremento superiore ai 246 mila euro.
Il caso dell’Università di Genova, però, non è isolato. Al momento, sono circa trenta le richieste di aumento in attesa di approvazione dal Ministero dell’Università. Le istanze trovano fondamento in una norma introdotta dal governo Draghi nel 2022, che ha ridefinito i criteri per i compensi delle figure di vertice negli enti pubblici, incluse le università. Tra le richieste più significative spicca quella di Stefano Bronzini, rettore dell’Università di Bari, che a maggio 2024 ha avanzato una proposta per un aumento del 128%, portando la sua retribuzione da 71 mila a 160 mila euro annui.
“Non entriamo nel merito del valore della figura del Rettore, ma questa vicenda solleva interrogativi gravi - aggiunge Pastorino - sembra quasi che alcuni funzionari mettano in atto iniziative non per il bene collettivo, ma perché esistono ritorni economici personali, che in questo caso ammonterebbero a 116mila euro. Vorremmo capire se, oltre ai risparmi energetici sbandierati, siano stati fatti interventi per migliorare la vivibilità delle aule, gli standard di benessere lavorativo e l’edilizia universitaria. Questa discussione appare ancora più stonata se consideriamo il quadro nazionale: da un lato si penalizzano gli atenei, soprattutto quelli più piccoli, con continui tagli alla ricerca e alle risorse; dall’altro, si trovano premi e incentivi economici che sfuggono a qualsiasi logica di razionalità e di equità. Ridurre i costi energetici dovrebbe essere un’azione orientata esclusivamente al bene collettivo e pubblico, con l’obiettivo di garantire servizi migliori alle studentesse, agli studenti e al personale universitario. Non può e non deve diventare il pretesto per giustificare aumenti stipendiali. Questi continui tagli generano disuguaglianze e creano un contesto imbarazzante per chi studia e lavora nelle nostre università, mentre si trovano risorse per premiare chi dirige le istituzioni accademiche. Si tratta di un sistema che va rivisto, con priorità che mettano davvero al centro la comunità universitaria”.
Al momento, tuttavia, la proposta dell’Università di Genova è ferma, così come le altre ventinove richieste, in attesa delle valutazioni ministeriali necessarie per verificarne la sostenibilità economica.
L’ateneo genovese in serata ha spiegato la propria posizione con una nota stampa che, citando le norme, illustra le dinamiche relative alla revisione dei compensi.
“La revisione dei compensi per i vari impartì della Pubblica Amministrazione è normata a livello nazionale dal DPCM 23.08.2022, n. 143, che dà corso alle disposizioni previste dall'art. 1, comma 596 della L. 160/2019 in tema di compensi spettanti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo degli enti pubblici - si legge nella nota dell’Università di Genova - il Ministero dell'Università e della Ricerca, con circolare del 31.07.2023, ha fornito specifiche indicazioni rivolte alle istituzioni universitarie statali. In pratica, il DPCM 23.08.2022 n. 143 stabilisce criteri di classificazione degli enti pubblici a seconda di indicatori di bilancio e di complessità organizzativa e gestionale e sulla base di tale classificazione sono stabiliti i compensi base e massimi da attribuire a coloro che rivestono cariche di responsabilità”.
“L'Università di Genova, con deliberazione dei competenti organi nel dicembre 2023, applicando la metodologia prevista e su proposta del rettore stesso, ha scelto di optare per l'applicazione del solo compenso base, ammontante per il rettore a euro 110.000 lordo dipendente - prosegue ancora la nota di Unige - ad oggi tale adeguamento non ha avuto effetti in quanto in attesa dell'approvazione del MUR, così come previsto dalla norma. L'indennità del rettore, pertanto, alla data odierna è pari a euro 33.464,96 lordo dipendente, ben più bassa di quella stabilita con deliberazione degli organi competenti nell'ottobre del 1997, in quanto oggetto di successive rideterminazioni al ribasso per effetto di normative nazionali intercorse negli anni tra il 2005 e il 2010”.
Resta però da capire la correlazione tra la richiesta di aumento della retribuzione del rettore (che sarebbe di fatto quadruplicata) e il risparmio energetico che ha consentito una diminuzione delle bollette. E, soprattutto, sarà importante capire quanto l’eventuale aumento impatterà sui conti di un’Università che, come ha sottolineato Pastorino, necessita di un generale miglioramento degli standard.