Le dimissioni di Elena Putti, ormai ex responsabile della della segreteria provinciale del Partito Democratico di Genova, non sono certo un passaggio indolore in una coalizione di centrosinistra che dovrebbe iniziare a prendere forma in vista delle amministrative di Genova. E forse non poteva essere altrimenti, considerato il tono delle sue parole d’addio che, con poche ma precise stoccate, lasciano intravedere una tensione palpabile all’interno del partito.
“Ho rassegnato le mie dimissioni ma, solo per chiarezza, non per aderire a proposte alternative o tantomeno antagoniste alla sinistra”, mette subito in chiaro Putti. Un’uscita che non è una fuga verso altri lidi politici, dunque, ma una presa di distanza netta da una gestione che lei definisce “ormai lontana dal proprio modo di intendere l’impegno politico”. Eppure, tra le righe, le accuse sono pesanti e precise: mancanza di valorizzazione delle competenze, derive settarie mascherate da “purismo”, un vuoto nella reale applicazione della parità di genere.
Putti non fa giri di parole. “Ero già in disaccordo con diverse scelte di gestione della campagna per le regionali, ma non era il momento di creare ulteriori fratture che potevano essere strumentalizzate. Di fronte al modo in cui ci stiamo preparando alle comunali, vedo il reiterarsi degli stessi atteggiamenti di ‘purismo’ che sta diventando settarismo e che è la ricetta peggiore se si vuole ambire a vincere”. Un colpo diretto al cuore del partito, accusato di ripetere errori su errori, incapace di imparare dal passato e di fare fronte comune per sfidare gli avversari politici.
L’ormai ex responsabile non si ferma qui. Nel mirino finiscono anche la gestione interna del Pd e la presunta apertura alle voci critiche: “Mi sentivo troppo legata nell’esprimere le mie opinioni apertamente, soprattutto in un partito nel quale ormai le voci critiche vengono vissute come ‘dissidenti’ e messe ai margini”. Uno scenario che suona come una condanna senza appello di un’organizzazione che, nella sua visione, è divenuta incapace di ascoltare, di includere e di innovare.
E poi c'è la questione della parità di genere, che Putti smonta con un elenco puntuale: “Candidati alle elezioni locali, coordinatori di municipio, segretario e presidente provinciale, segretario e presidente regionale, capogruppo provinciale e regionale (e potrei continuare) sono tutti uomini”. “A nulla servono - dice - gli slogan inclusivi o l’uso di asterischi: la sostanza è un’altra”.
Nonostante le critiche, il tono finale del suo comunicato è tutt’altro che rancoroso. “Trovo che le competenze di persone interne e vicine al Pd non vengano affatto valorizzate per paura che offuschino le stesse poche persone che devono sempre ormai calcare tutti i palchi. Potrei aggiungere altro, ma preferisco andare oltre e dedicarmi quindi per ora al mio bel lavoro, all’università e alle comunità energetiche”.
Un addio, dunque, ma non un’abiura. Elena Putti non lascia la sinistra: “Restando con il cuore saldamente a sinistra, tornerò magari a impegnarmi in politica se ci sarà un progetto che mi farà di nuovo scaldare il cuore”.
Resta da capire se il Pd coglierà l’occasione per riflettere sulle sue parole o se si limiterà a registrare l’ennesima perdita, in una fase che si preannuncia cruciale per il futuro del partito e per il destino della corsa a Palazzo Tursi, in programma a primavera.
Elena Putti per la sua comunicazione ha scelto la chat ‘Vasta’ di Claudio Burlando, ottenendo solidarietà e condivisione da parte degli iscritti. Anche qui, un altro elemento di riflessione interna per un Pd che, dopo l’adunata pro-Orlando al Politeama, sembra aver perso le fila del discorso.
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Politica | 13 dicembre 2024, 14:45
La strada del Pd verso le comunali si fa tortuosa, Elena Putti lascia il partito: “Il reiterare degli stessi atteggiamenti è la ricetta peggiore se si vuole vincere”
La ormai ex responsabile della segreteria provinciale esce di scena e non fa giri di parole: “Le voci critiche vengono vissute come ‘dissidenti’ e messe ai margini”
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