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Attualità | 10 dicembre 2024, 08:00

I fatti di Calenzano riaccendono la paura a Multedo: i depositi chimici a cinque metri dalle case e nessuna soluzione all'orizzonte

Il ricordo di Massimo Alloisio, operaio che scampò alla tragedia del 1987: "Sono salvo per un ritardo di qualche minuto, ogni anno ricordiamo le vittime. L'azienda volle da subito delocalizzarsi, ma le istituzioni non hanno trovato un altro posto"

I fatti di Calenzano riaccendono la paura a Multedo: i depositi chimici a cinque metri dalle case e nessuna soluzione all'orizzonte

Dopo l'incidente di ieri nel deposito Eni di Calenzano nel Fiorentino, mentre le ricostruzioni sull'accaduto sono ancora in corso, a Genova si riaccende l'attenzione su un tema diverso ma per certi versi simile, legato agli impianti classificati come ad alto rischio di incidente rilevante.

Mentre scorrono le immagini dei soccorsi intorno allo stabilimento di stoccaggio fiorentino, a Genova la memoria va alla situazione di Multedo, rimasta immobile in attesa di decisioni da parte del Consiglio di Stato, che aveva rinviato nel novembre scorso la decisione sul ricorso nato dallo stop del Tar allo spostamento a Ponte Somalia dei depositi chimici. 

Nella Liguria del dopo-Toti, che attende da mesi uno stop definitivo, dopo un dissenso diventato unanime, all'arrivo di una nave rigassificatrice al largo delle coste del Savonese per la quale le valutazioni di rischio e impatto ambientale sono ancora in corso, il caso di Calenzano ha riacceso la memoria su due casi specifici: l'esplosione della super petroliera giapponese al porto petroli di Multedo del 1981 e la tragedia del 1987 alla Carmagnani di Multedo, ma anche su tutti gli impianti presenti sul territorio, indicati come a rischio di incidente rilevante, secondo le determinazioni previste nel 2015 dalla direttiva Seveso, recepita nel nostro ordinamento, norma nata per la prevenzione e il controllo degli stabilimenti che trattano materiali e sostanze classificate come pericolose.

Storie diverse ma simili: sono passati trentasette anni dalla tragedia di Multedo, ma i depositi sono ancora lì, destinati allo stoccaggio di prodotti chimici e petrolchimici non processati, nel cuore di via dei Reggio, tra le case e il casello dell'autostrada.

Erano da poco passate le otto del mattino in quel 15 maggio 1987 quando nell'incendio di due cisterne persero la vita quattro operai, Mario Nicorelli, Santino Barberis, Domenico Ponte e Attilio Macciò

Mentre nel Fiorentino l'emergenza è ancora in corso, "in queste ore ho rivissuto quei momenti, pur essendo passati oltre trent'anni - ricorda Massimo Alloisio, settant'anni, operaio genovese che si salvò miracolosamente dall'incendio per una manciata di istanti - è stato un gioco del destino. Avevo ritardato di qualche minuto, mi avevano collocato a fare un altro lavoro in un'altra area non lontano dal punto dell'esplosione, se fossi arrivato quattro minuti prima sarei stato vicino ai colleghi che persero la vita".

"Ogni anno ricordiamo le vittime - sottolinea -  per quasi un anno rimasi sotto choc, dopo l'incidente. Non riuscivo a prender sonno la notte. Poi vennero i periodi della cassa integrazione, l'incertezza. Già prima dell'incidente si era parlato di uno spostamento, se ci avessero dato la possibilità l'azienda avrebbe delocalizzato da subito, con impianti nuovi e tecnologie nuove. Non l'azienda ma le istituzioni non hanno trovato le soluzioni percorribili".

E infatti tutto è ancora lì, fermo e in attesa della decisione su un ricorso che potrebbe necessitare di mesi ulteriori per gli approfondimenti necessari ad una pronuncia definitiva sullo spostamento a Ponte Somalia.

Valentina Carosini

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