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Attualità | 25 novembre 2024, 08:00

25 Novembre, la violenza non è amore: l’urlo delle donne di Genova

Oltre mille richieste di aiuto nel 2024: l’appello a costruire una società libera dalla violenza

25 Novembre, la violenza non è amore: l’urlo delle donne di Genova

Oltre mille donne, in questo 2024, si sono rivolte ai centri antiviolenza di Genova.

Un numero enorme, che nasconde altrettante storie di persone che si sono trovate intrappolate nella spirale della violenza, non solo quella fisica, ma anche in quella psicologica, economica, e in diverse altre forme.

Donne che hanno deciso di dire basta a una vita di soprusi, insicurezze e paure. Che sia per amor proprio, per amore dei figli, o per l’aiuto di persone a loro vicine, queste oltre mille donne sono la dimostrazione del coraggio di chiedere aiuto.

I dati messi insieme dal centro antiviolenza Mascherona, dal centro Per Non Subire Violenza e dal centro Pandora non lasciano spazio a male interpretazioni: la violenza di genere è in crescita rispetto al 2023. L’età media di chi chiede aiuto è di quarantacinque anni ma sono in aumento le richieste da parte di giovani donne sotto i quarant’anni, preoccupate da atteggiamenti di fidanzati, compagni e mariti che si interrogano sulla propria relazione.

La violenza psicologica è la forma più diffusa, seguita dalla violenza fisica, dalle minacce e dalla violenza economica ma nuove frontiere di abuso arrivano anche on line e le chat, così come i social network, divietano strumento di controllo e vessazione.

La tragedia di Giulia Cecchettin, uccisa poco più di un anno fa dall’ex fidanzato Filippo Turetta ha scosso profondamente gli animi. Le centinaia di manifestazioni in tutta Italia hanno acceso un faro alla necessità di riconoscere tempestivamente segnali di possesso, gelosia e manipolazione nelle relazioni e questo sta spingendo tantissime adolescenti a chiedersi che tipo di rapporto stanno intrattenendo con i giovani fidanzatini.

La morte di Aurora, appena tredicenne, uccisa a Piacenza dal fidanzato poco più che bambino anche lui, è l’ennesimo esempio di una cultura che non funziona e di una società che ha bisogno di mezzi per riconoscere e fermare comportamenti tossici.

Queste tragedie hanno cambiato il modo di percepire la violenza di genere. In particolare, la vicenda Cecchettin ha aperto uno squarcio mostrando come comportamenti tossici che sfociano sempre troppo spesso in violenze e femminicidi non dipendano dal grado di istruzione o dal contesto sociale. Si tratta di un problema trasversale che richiede un cambiamento culturale profondo.

Un cambiamento che è in atto, come dimostra l’aumento del numero di donne, anche giovanissime, c he si rivolgono ai centri antiviolenza, sostenute da familiari, amici e amiche.

Chiara Panero, coordinatrice della Casa rifugio del centro per non subire violenza, ha recentemente ricordato l’importanza di parlare del tema: “Stiamo arrivando vicino alle donne ma dobbiamo fare in modo che questi eventi di sensibilizzazione e di informazione si moltiplichino perché i centri antiviolenza vengano ricordati e focalizzati come punto di accoglienza funzionali per uscire della violenza. Nei nostri dati vediamo una costanza di giovani donne che si sono rivolte al centro antiviolenza.  È importante che si rivolgano ai centri prima del primo episodio di violenza fisica”.
I campanelli d’allarme, come ricorda Panero, sono molteplici: dal divieto di uscire al controllo del cellulare indicano la necessità di rivolgersi a un centro per evitare tragiche escalation.
Per sostenere le donne in fuga dalla violenza, i centri antiviolenza collaborano con aziende del territorio come la COOP Liguria, offrendo opportunità lavorative e supporto per l’indipendenza economica. “Lavoriamo per il reinserimento lavorativo e abbiamo attivato uno sportello per l’orientamento al lavoro,” ribadisce Panero.
Ma la paura del pregiudizio continua a frenare molte vittime, che temono di non essere credute senza prove fisiche evidenti. “Formiamo anche le forze dell’ordine,” chiarisce ancora la coordinatrice della casa rifugio, “perché è cruciale che riconoscano non solo le violenze fisiche, ma anche quelle psicologiche ed economiche”.

La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è un momento di riflessione, per fermarsi a guardare la realtà dei fatti e ragionare insieme sul futuro perché le donne, tutte, ma anche gli uomini, tutti, possano parlare di rispetto e libertà per far si che mamme, zie, figlie, nipoti, amiche, sorelle, che ogni donna non abbia più paura di vivere.

Isabella Rizzitano

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