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Attualità | 25 novembre 2024, 08:00

25 Novembre, Jo Squillo e la lotta contro la violenza di genere: "Alle donne dico 'non siete sole'"

Dagli esordi punk al progetto Wall of Dolls, l’artista e attivista trasforma il dolore in speranza per costruire una cultura di rispetto e rinascita

25 Novembre, Jo Squillo e la lotta contro la violenza di genere: "Alle donne dico 'non siete sole'"

Il 25 novembre è la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, una data simbolo che vuole essere l’eco di un monito universale a cui si uniscono tante voci.

Tra quelle che da decenni lottano per rompere il silenzio e costruire una società più giusta, c’è anche quello di Jo Squillo.

Artista e attivista, Jo Squillo ha fondato ‘Wall of Dolls’, un progetto che unisce arte, sensibilizzazione e azione sociale; una necessità per la stessa fondatrice che sin dagli esordi della sua carriera, appena quindicenne, ha sempre affrontato il tema della violenza ribaltando il punto di vista ma, soprattutto, parlandone.

Il mio impegno - racconta - nasce da quando sono ragazzina. Avevo quindici anni quando ho formato il primo gruppo rock punk al femminile, ‘Kandeggina gang’, e la prima canzone che ho scritto è stata ‘Violentami sul metrò’ per invertire i ruoli. Quel canto era un urlo fatto contro la violenza sulle donne”.

Il riferimento è agli anni in cui a Milano si contavano diversi episodi di violenza e non era raro che i passanti, come nulla fosse, passassero oltre senza intervenire, sostenendo anzi che la vittima se la fosse cercata perché aveva la minigonna.

Da quel momento, Jo non ha mai smesso di essere un megafono: “L’urlo di rabbia si è trasformato in qualcosa di provocatorio che ha scosso le coscienze. Tutto questo si è poi trasformato in un impegno a favore delle donne, perché potessero affermarsi come persone”.

Così, dal punk rock a ‘Terra magica’, in cui l’artista è andata sull’Etna per far capire che ‘la terra ci parla’, si arriva al 1991 quando, in coppia con Sabrina Salerno, canta il potere al femminile direttamente dal palco del Festival di Sanremo con ‘Siamo donne’: “Lì, ho raccontato che ‘oltre alle gambe c’è di più’, forse una delle canzoni simbolo della femminilità”.

Poi, dieci anni fa, l’idea di fondare  l'associazione Wall of Dolls, con lo scopo di parlare della violenza di genere in un periodo in cui l’argomento veniva affrontato solo alle pagine di cronaca nera: “Non si parlava della violenza sulle donne, non sparava nemmeno dell’urgenza di un cambiamento culturale che per noi è diventato una missione. Raccontare questa piaga nascosta era necessario per aiutare le donne a non provare vergogna delle violenze subite. Abbiamo realizzato otto documentari in cui abbiamo indagato le diverse strutture della violenza: femminicidi, matrimoni forzati, disturbi alimentari, bullismo. Siamo andati in carcere a parlare con chi ne era coinvolto”.

Con l'installazione ' Wall of Dolls', invece,  “abbiamo cercato di catturare l’attenzione e dare un messaggio a tutte le generazioni. Siamo orgogliosi che a Milano sia uno dei luoghi più visitati e viene vista da persone che arrivano da tutto il mondo. Questo è un punto di riflessione, l’arte ci aiuta in questo e il nostro lavoro si sta rivolgendo anche a ragazzi e ragazze via via sempre più giovani”.

Tra gli obiettivi dell’associazione, infatti, c’è un importante impegno nelle scuole per discutere della violenza sulle donne. “Fino a poco tempo fa - prosegue Jo Squillo - il nostro impegno non era con gli alunni delle scuole medie. Oggi sono loro che vengono da noi dicendoci che sentono questa cosa in maniera fortissima e hanno l’urgenza di parlarne. Ogni volta che facciamo un incontro notiamo sempre qualcuno che si mette a piangere, vuol dire che a casa ha qualcuno vittima di violenza o conosce amiche, sorelle, persone vicine che si trovano coinvolte in questa terribile situazione”.

Serve dunque demolire la cultura del patriarcato, ancora troppo diffusa, come dimostrano i numeri: “Il 39,3% degli uomini nega l’esistenza della violenza sessuale e sostiene che una donna, se vuole, è in grado di sottrarsi; il 16% dei giovani ritiene accettabile che un uomo controlli abitualmente cellulare e social della propria compagna, e forse questo dato è pure sottostimato. C’è poi un 19,7% che pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire”.

Dati preoccupanti che indicano sempre di più l’urgenza di affrontare l’argomento. Solo chiamando le cose per nome, infatti, si può iniziare a far conoscere, a far esistere il problema, tracciando una strada comune per contrastarlo fino ad arrivare alla sua eradicazione.

Allora, il messaggio diventa ancora più chiaro: “'Silence is violence', il silenzio è violenza. Questa è la prima cosa. Ma per tutte le donne, in particolare le più giovani, è bene ricordare che non sono sole, sono capite, sono amate e che la violenza non è colpa loro”.

Nelle donne che ne escono, c’è “l’orgoglio di rinascere, lo raccontano bene le  protagoniste del documentario dedicato  alle sopravvissute. Oggi attorno alle donne c’è una rete straordinaria di amore, di empatia, di affetto, questo è quello che vogliamo costruire insieme ai centri antiviolenza e insieme a chi ha a cuore la questione. Noi siamo una piccola realtà che si basa sull’auto finanziamento ma vogliamo portare avanti un lavoro culturale forte che vuole rivolgersi anche a quei ragazzi e ragazze che hanno perso la mamma con iniziative che possano dare loro sollievo e li possano aiutare a costruire un futuro. Per troppe volte sono stati invisibili alla società ma anche loro sono vittime di violenza”.

Accanto a Jo Squillo sono impegnate anche Barbara Bavastro e Francesca Carollo, pilastri di questa importante avventura che è proprio Wall of Dolls che è già proiettata ad azioni future: “Parlarne non basta solo oggi, il 25 novembre. Dobbiamo farlo ogni giorno, in ogni contesto, perché solo cambiando la cultura patriarcale potremo davvero eliminare la violenza di genere”. 

La sua missione, iniziata con un grido di rabbia adolescenziale, è diventata il lavoro di una vita: dare voce a chi non ce l’ha, costruire spazi di riflessione, e trasformare il dolore in speranza.

Il messaggio di Jo Squillo è chiaro: vivere per le altre donne significa vivere per sempre.

Isabella Rizzitano

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