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Cronaca | 21 novembre 2024, 08:00

Delitto Cella, verso il processo ancora in cerca della verità sull'omicidio di via Marsala

La sentenza della Corte d'Appello ha ribaltato la decisione del marzo scorso del gup di Genova, ora il delitto della segretaria ventiquattrenne ha una pista

Delitto Cella, verso il processo ancora in cerca della verità sull'omicidio di via Marsala

Si erano incontrati tramite amici comuni, ballando: una semplice conoscenza per lui, quasi negata. Non per lei, Anna Lucia Cecere, rinviata a giudizio il prossimo 6 di febbraio in Corte d'Assise nel processo sul delitto di Nada Cella, un cold case rimasto irrisolto dal 1996. Il delitto della segretaria ventiquattrenne di via Marsala a Chiavari adesso ha una pista, che per la prima volta in trent'anni, approda a processo. 

La sentenza di ieri della Corte d'Appello ha ribaltato la decisione del marzo scorso del gup di Genova, che aveva stabilito per Cecere, per il commercialista Marco Soracco e per l'anziana madre dell'uomo il non luogo a procedere. Troppo scarni gli indizi, ritenuti insufficienti, decisione contestata dalla procura che ha fatto appello, con la difesa di parte civile della famiglia Cella che ha fornito una memoria da oltre sessanta pagine contestando punto su punto gli errori di lettura e di valutazione. C'è anche questo, oltre alla tenacia degli inquirenti che hanno riaperto un'indagine vecchia di trent'anni, dietro la decisione di mandare a processo Cecere, 58 anni, ex insegnante cuneese al tempo residente nel Tigullio, il commercialista Soracco nel cui studio di via Marsala lavorava la giovane vittima, trovata agonizzante proprio nell'ufficio, sottostante un piano rispetto all'abitazione del professionista. E poi l'anziana madre, oggi 90 enne, che lavò la scena del crimine quando ancora si pensava ad un incidente, Nada veniva portata in ospedale nel tentativo disperato di salvarle la vita, e non c'era stato il tempo di completare i rilievi nell'appartamento, che forse sarebbero stati la chiave per risolvere subito il rebus sull'autore.

Nada Cella venne uccisa la mattina del 6 maggio 1996 poco dopo le 8 in studio. Da chi? Mano ignota da trent'anni, come ignota è l'arma. La teoria più accreditata è che sia stato usato un fermacarte per infierire sulla ragazza, quindici colpi alla testa, un massacro che non le ha lasciato scampo.
Dopo ventotto anni Cecere dovrà comparire in processo, accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Nada avrebbe aperto la porta dell'ufficio a qualcuno che conosceva, questa la tesi dell'accusa, e la donna sarebbe stata una figura non nuova nello studio o intorno a Soracco.

Il commercialista, primo sospettato, venne scagionato nel '98 insieme alla madre. Niente piste credibili di indagine a parte un dettaglio, Cecere venne indagata al tempo per cinque giorni. Solo cinque nei quali era stata intercettata, aveva subito una perquisizione che ha individuato un elemento, alcuni bottoni, del tutto simili ad uno ritrovato sotto il corpo della ragazza. Poi il suo nome scompare, per ricomparire 3 anni fa, quando una criminologa ristudia le carte e accende un faro nuovo sulla vicenda, tanto da conferire nuova linfa alle indagini della Squadra mobile di Genova. Che riparte dal 1996, da quei timori di cui anche i familiari di Nada avevano traccia, preoccupazioni della ragazza non meglio specificate. 

E poi da un'intercettazione telefonica in cui si fa riferimento ad una figura femminile terza. La stessa che compare in un dialogo captato nel 2022 tra Soracco e la madre, "quanti danni ci ha fatto quella donna", dice l'anziana al figlio. La donna per l'accusa sarebbe Cecere, che si dice estranea ai fatti, che però la collocano da una vecchia testimonianza del suo legale dell'epoca in una zona intorno a quella di via Marsala nelle ore del delitto. "La donna sbagliata nel posto sbagliato", diceva il legale. Cecere per l'accusa avrebbe voluto prendere il posto di Nada, nello studio di Soracco. 
E forse invaghita dell'uomo avrebbe anche avuto progetti diversi. Una vita che è proseguita dal 1996, la donna si è trasferita nel cuneese, ha una famiglia. Ma rimangono un motorino, sottoposto a perizia alla ricerca di tracce biologiche non reperite, e un'agenda del 1996, ancora conservata. Elementi che forse potranno aiutare a comporre dettagli che a loro volta serviranno a delineare un quadro, sul quale solo il processo potrà mettere la parola fine, accertando cosa accadde quella mattina in via Marsala.

Valentina Carosini

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