Attualità - 20 novembre 2024, 08:00

La parola a Disco Club, le uscite della settimana - ‘From zero’, da qui ripartono i Linkin Park

Emily Armstrong alla voce porta la band verso un nuovo piano grazie anche a un lavoro brillante di Mike Shinoda in un disco che è immediato e diretto. Spazio poi ai Can, al ritorno dei Fleshtones e al cantautorato di Father John Misty

Prosegue questo mercoledì, e andrà avanti per tutti i mercoledì successivi, il rapporto di collaborazione tra ‘La Voce di Genova’ e Disco Club, il celeberrimo negozio di musica di via San Vincenzo, tra i più antichi in tutta Italia e tra gli ultimi rimasti in attività a livello di impresa indipendente. Ogni settimana, nel ciclo ‘La parola a Disco Club’, Gian, Dario e i numerosi altri esperti di questo impagabile ‘covo’ di appassionati ci accompagneranno tra le ultime uscite, qualche curiosità, le ristampe e le chicche da non perdere. Buona lettura e buon ascolto! 

Appoggiati o criticati per la scelta di proseguire a fare musica con lo stesso nome anche dopo la morte di Chester Bennington, storico leader e tra le voci più carismatiche del panomara, i Linkin Park tornano e lo fanno con un disco che dal titolo lascia già presagire le intenzioni.

From zero’, infatti, è l’ultimo lavoro in studio, il primo con Emily Armstrong alla voce. Una sorta di ‘punto e virgola’ per riprendere il discorso interrotto alcuni anni fa ma con un nuovo linguaggio.

L’album, disponibile in cd e in lp con diversi colori, riprende la formula dei primi dischi della band di Shinoda ma qui il lavoro brillante del musicista viene modellato ancora di più dalla voce di Armstrong. Il risultato è un disco diretto che, non senza qualche detrattore che avrebbe voluto veder finire l’esperienza della band, piace a tanti.

Sesto volume della collana dei Can che concludono il capitolo con ‘Live in Keele 1977’, disco registrato all’omonima università inglese.

L’anno dell’esplosione del punk ha fatto passare l’importante evoluzione della band un po’ in sordina. Questo disco, così come la serie delle uscite precedenti, arriva a rendere giustizia al lavoro del gruppo di Colonia.

Proprio in occasione del concerto inglese all’università di Keele, la band aveva dato il benvenuto all'ex Traffic, Roscoe Gee. Assieme a Irmin Schmidt, Jaku Liebezeit, Michael Karoli e Holger Czukay era nato un evento unico fatto di sperimentazione e suoni ‘spaziali’ con Czukay lanciato verso la manipolazione delle onde radio.

It’s Getting Late (…and more songs about werewolves)’, ed è subito Super Rock.

The Fleshtones tornano con il loro marchio di fabbrica, un suono che sa di garage e di punk. Si parla di lupi mannari ed è chiaro sin dal titolo, una prosecuzione della loro lunga tradizione di pezzi dell’orrore.

Suonano bene, come mai prima forse, e continuano a far innamorare della loro musica anche i più giovani.

Attenzione, potrebbe esserci un tour alle porte.

Mahashmashana’, difficile da scriversi e da pronunciarsi. Un ‘tranello’ di Father John Misty, pseudonimo di Josh Tillman, artista di Los Angeles che, dopo il tentativo mainstream dell’ultimo album, torna sui suoi passi ritrovando sonorità e purezza, elementi che lo hanno reso amatissimo da pubblico e critica.

Per dare il nome alla sua attesissima ultima produzione in studio, Tillman prende in prestito una parola dal sanscrito che vuol dire ‘cremazione’, la liberazione e la trasformazione spirituale. Otto brani per poco più di cinquanta minuti, composizioni orchestrate e incursioni di chitarre anni ‘70, il tutto condito da testi unici, per brani anche di sette minuti, vedasi ‘Screamland’, per un disco che ipnotizza.