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Politica | 19 novembre 2024, 08:00

C’è una sinistra che sa ancora vincere, e non è in Liguria: la lezione postuma di Emilia-Romagna e Umbria

A scrutini terminati è chiaro che solo il ‘campo largo’ ligure è stato capace di gettare al vento l’occasione di strappare la regione al centrodestra

Stefania Proietti festeggia la vittoria in Umbria

Stefania Proietti festeggia la vittoria in Umbria

Ma allora la sinistra può ancora vincere? Con l’analisi della sconfitta in salsa ligure gli esponenti locali del ‘campo largo’ hanno provato a convincerci che no, non era proprio possibile avere la meglio contro un centrodestra ormai radicato in tutto il Paese.
Poi arriva il voto in Emilia-Romagna e in Umbria, arriva la doppietta del centrosinistra rispettivamente con Michele De Pascale (la cui vittoria era ampiamente pronosticata già dalla vigilia) e Stefania Proietti (meno favorita in partenza) e allora tutto è da rivedere, ricalcolare, valutare sotto un’altra lente di ingrandimento.
Perché il ‘campo largo’ ligure ha provato a dire che questa destra proprio non si batte e, invece, altrove ce l’hanno fatta. Anche ribaltando sonoramente i pronostici, come accaduto in terra umbra.
Ma, soprattutto, perché nelle altre due regioni al voto in autunno il ‘campo largo’ è stato qualcosa di concreto, tangibile, unito, costruito. Non preso a martellate, come in Liguria.

Riavvolgendo il film dell’errore del centrosinistra nostrano ci si trova a ripercorrere le tappe clou di una sconfitta partita da lontano, da quando il 7 maggio veniva arrestato per corruzione Giovanni Toti e qualcuno pensava di avere già la vittoria in tasca. Poi il lungo travaglio per arrivare alla scelta del candidato presidente, l’annuncio incomprensibilmente ritardato quando tutti già sapevano che sarebbe stato Andrea Orlando e, infine, i due autogol fatali: la cacciata di Italia Viva e il licenziamento di Beppe Grillo da parte di Giuseppe Conte a poche ore dal voto. La frittata è servita. 
Per contro il centrodestra, come è nel suo dna, ha fatto quadrato, non ha mostrato segni di cedimento, ha puntato tutto su un uomo del fare come Marco Bucci, non si è scomposto e, nel momento forse più complesso della sua storia recente, si è ripreso la Regione.

Ma siamo certi che i voti di Italia Viva fossero così inutili? Quando è arrivata la rottura con i renziani il mantra era uno solo: “Perdiamo più consenso alleandoci con loro che escludendoli dalla coalizione”. Risultato: i fedelissimi di Italia Viva boicottano il centrosinistra e, per contro, vanno a votare per Bucci. Quindi, calcolatrice alla mano, quella piccola percentuale che il partito di Matteo Renzi è in grado di smuovere in Liguria non solo è mancata al ‘campo largo’, ma è andata a rimpolpare la coalizione di Marco Bucci. E in una tornata decisa da qualche migliaio di voti, tutto fa.

Non è un caso che in Emilia-Romagna e in Umbria, invece, il ‘campo largo’ abbia funzionato a pieno regime, senza rotture e senza esclusioni, senza lotte intestine (almeno apparenti) e senza che i leader nazionali facessero del loro peggio per creare attriti. 
Il ‘campo largo’, può funzionare, bisogna solo essere capaci di farlo funzionare.

Pietro Zampedroni


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