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Attualità | 16 novembre 2024, 08:00

Lo Sport che amiamo - Andrea Bonomo: "Combattere significa anzitutto imparare rispetto ed educazione"

Il maestro genovese che insegna a tanti bambini e ragazzi: "Queste discipline aiutano a imparare che gli sforzi, prima o poi, vengono ripagati e che i momenti più difficili sono quelli che ti portano ai risultati”

Lo Sport che amiamo - Andrea Bonomo: "Combattere significa anzitutto imparare rispetto ed educazione"

Prosegue questo sabato, e andrà avanti per tutti i sabati successivi, ‘Lo Sport che amiamo’, una rubrica dedicata a personaggi e storie di sport della nostra città e della nostra regione. Ci piace raccontare quel che c’è oltre il risultato sportivo: il sudore, la fatica, il sacrificio, il duro allenamento, l’impegno, le rinunce, lo spirito del gruppo. Tanti valori che vogliamo portare avanti e mettere in luce con quello che sappiamo fare meglio: comunicandoli. Comunicarli significa amplificarli, ed ecco perché lo sport può diventare, sempre di più, ‘Lo Sport che amiamo’. Ci accompagna in questo percorso un giovane di belle speranze: Federico Traverso, laureato in Scienze della Comunicazione. L'ospite di oggi è Andrea Bonomo, maestro della palestra Fight Back di via Chiaravagna a Sestri Ponente.

Andrea Bonomo, lei è maestro alla palestra Fight Back in cui insegna sport da combattimento. Come nasce questo progetto?
“La palestra nasce nel settembre 2018, l’ho costituita dopo che ho attraversato varie esperienze. Il periodo del Covid ha messo un po’ tutto in stand-by, ma per fortuna siamo ripartiti e le cose stanno andando bene”.

Il gruppo degli agonisti include anche i più piccoli: Angelo di 11 anni, Matija di 10 e Livia di 12, che fanno gare a livello agonistico.
“Esatto, sono dei ‘piccoli guerrieri’. Si allenano tre volte a settimana e da almeno due o tre anni si cimentano in competizioni e gare. I loro combattimenti sono di kickboxing, perché per i ragazzini più piccoli in Italia la MMA non è consentita. O meglio, è consentita ma con regole molto diverse che ne snaturano l’essenza. Quindi preferisco fargli fare gare di kickboxing e, separatamente, gare di grappling, ossia la parte che concerne la lotta e le prese, così da fargli avere uno spettro completo delle discipline che potranno affrontare quando cresceranno”. 

Come si trova con loro? Si è posto degli obiettivi?
“Ci sono obiettivi sia a breve che a lungo termine. Ovviamente dipende tutto da loro, perché crescendo si possono avere anche obiettivi diversi. Iniziano ad approcciarsi all’età dell’adolescenza, e conosciamo bene i cambiamenti che possono affrontare. L’obiettivo principale è continuare a divertirsi, allenarsi, migliorare. Di solito le loro gare vanno bene e spesso si trovano a misurarsi con ragazzi molto più grandi di loro. Questo mi fa ben sperare per il futuro: chissà, magari riusciremo a fare anche qualche competizione all’estero ed espandere i nostri orizzonti”. 

Le gare si svolgono spesso a Milano, una questione di opportunità e spazi diversi?
“Assolutamente, per una questione di spazi e di conformazione delle città e della regione non combattiamo spesso qui a Genova. La zona di Milano e in generale la Lombardia offre molto di più rispetto alla Liguria, purtroppo. Nella nostra regione abbiamo combattuto qualche volta, ma in modo molto più frequente combattiamo nelle zone di Milano o Bergamo”.

Nella sua palestra cosa chiede ai suoi allievi?
"Chiedo semplicemente loro di divertirsi e di fare ciò che fanno con passione. Chiedo di mantenere il rispetto verso chiunque frequenti la palestra. Poi, i risultati e i miglioramenti a livello tecnico e sportivo arrivano di conseguenza”.

Intervistando un altro maestro di arti marziali, alla domanda «Che cosa insegnano gli sport da combattimento?» ci rispose dicendo che insegnano l’educazione, la disciplina e il rispetto. Lei conferma? Che cosa aggiungerebbe?
“Sì, io confermo e aggiungerei che queste discipline insegnano ad ‘apprezzare’ la sofferenza, lo sforzo. Ti aiutano a imparare che gli sforzi, prima o poi, vengono ripagati e che i momenti più difficili sono quelli che ti portano ai risultati”. 

Tornando ai suoi allievi più giovani, un maestro come approccia, anche a livello psicologico, all’insegnamento di discipline di questo tipo con ragazzini o bambini? Ci sono dei rischi riguardo alla loro capacità di sapere quando utilizzare le tecniche apprese e quando non farlo? 
“È una domanda più che legittima e che mi sono sentito fare svariate volte. Per quella che è la mia esperienza, posso dire che sia vero il contrario: i bambini o ragazzi che frequentano i nostri corsi sono portati a non usare le loro conoscenze contro gli altri. Acquisiscono molta più consapevolezza di sé e sicuramente non diventano dei violenti come la maggior parte delle persone può erroneamente immaginare. Non diventano dei bulli, anzi, conosco molti genitori che mi mandano i loro figli proprio perché hanno subito degli episodi di bullismo, cose che purtroppo oggi sono all’ordine del giorno”. 

Federico Traverso

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