Un lungo applauso, poi il silenzio e gli sguardi attenti di tantissimi studenti e studentesse, ma non solo, che questa mattina hanno riempito la sala Maestrale dei Magazzini del Cotone, catturati dalla lezione del professor Roberto Vecchioni.
Il cantautore, che quest’anno ha accompagnato il genovese Alfa al Festival di Sanremo per la serata duetti, è tornato in cattedra come ‘testimonial’ del Festival Orientamenti, l’appuntamento pensato per aiutare la scelta dei percorsi formativi e professionalizzanti.
“Se si può parlare al microfono, si può parlare senza giacca” ha esordito Vecchioni iniziando il suo intervento sull’importanza della cultura e dell’arte come strumenti per affrontare le difficoltà della vita.
Riconoscendo i numerosi ostacoli che i giovani e le giovani si troveranno ad affrontare nel loro percorso, l’artista e professore si è posto prima di tutto un interrogativo: "Con cosa ci difendiamo quando le cose andranno malissimo?”.
La risposta, secondo il cantautore, risiede nella sicurezza di sé, una sicurezza che deriva dalla conoscenza del passato e dell’umanità; conoscenza che , a sua volta, si acquisisce attraverso la cultura e l’arte: "Da lì viene la corazza. Qualunque cosa capiti, so che poteva capitare. Non mi spaventa, perché conosco la storia dell'umanità".
Vecchioni ha poi continuato affermando che non è sufficiente eccellere in materie scientifiche o possedere una vasta conoscenza. ”Tutto questo è solo una vostra caratteristica e il mondo schiaccia tutto”.
Allora, come si può fare far fronte a quanto accade.
Per difendersi, bisogna essere sicuri delle proprie scelte e il professore lo ribadisce a chiare lettere, “occorre difendere l'essere umano che è in noi, l'anima", perché "senza anima l'intelligenza vale un quarto".
Tanti gli spunti di riflessione che l’artista ha lanciato nel corso della sua lezione, come, per esempio, l’importanza del diritto di voto, tema importante per i più giovani. ”L’anima non produce Pil, ma è la nostra difesa”, ha ribadito
Vecchioni ha concluso il suo intervento con un monito: "Non si va ballicchiando nella festa della vita: si va ballando", invitando i giovani ad affrontare la vita con passione e determinazione.
Con passione che diventa compassione, cioè il sentire con: “Occorre lo stare insieme, lo scambiarsi, il sentire, un sentire eterno. Non toccare, sentire. Questa avventura è meravigliosa, che bello è nascere, che bello è essere al mondo” ha continuato citando Wisława Szymborska, Premio Nobel nel 1997, finendo con il ricordare Giacomo Leopardi “poeta amato da tutti”.
“Ognuno di noi è quello che nella vita ha sempre voluto essere - ha concluso l’artista salutando i presenti - Io non credo nella sfiga, credo nella libera bontà di una persona. Ognuno fa quello che sente e vuole fare. Deve avere costanza. La vita, io ho ottantuno anni e posso dirlo, la vita è durissima. Con tutto quello che ho adesso, che è tanto, ho dovuto pagare tutto. Nel corpo, negli affetti, nell’anima. È capitato. Ma la forza è essere padroni di sé stessi”.
“Ho avuto una vita piena di cose, perché le ho volute tutte. Non mi sono mai arreso. Ho avuto anni e anni in cui nessuno capiva che cosa dicevo, cosa cantavo. Ho scritto dodici romanzi, trecento canzoni, dodici dischi d’oro, due di platino, ho fatto settantatré anni di scuola, prima a imparare poi a insegnare. Tra tutte queste cose, la cosa a cui non rinuncerei mai, la cosa più bella della mia vita è stata la scuola. Nel senso di scuola alla greca: uscire, divertirsi, ‘devertere', andare fuori dalla normalità capire come sono le teste, capire come sono i ragazzi. Ho fatto tanta scuola fuori dalla scuola. Ovunque, di tutto, una scuola libera. Raccontiamoci cosa succede, parliamo di cose colte e cose non colte. Chi se ne frega dell’avere, è l’essere che conta.
Nella vita non si perde mai, perché devi perdere. Nessun perde niente. O si vince o si impara. Non si perde, si impara”.