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Attualità | 27 ottobre 2024, 12:00

La scienza? 'È questione di puro divertimento' per il chimico genovese Stefano Toso

Sempre affamato dalle curiosità e dall'apprendere, il giovane 29enne che ha conquistato il Premio Levi 2023 rivolto a giovani membri della Società Chimica Italiana, non si è mai fermato un attimo. Toso: "il mio obiettivo? La divulgazione. C'è urgenza di informare"

Nativo genovese con uno spirito internazionale che lo porta a girare il mondo: è questo che incarna l'animo del ligure Stefano Toso, chimico ventinovenne che non si ferma mai un momento, spinto dalla voglia di informarsi ma, soprattutto, con l'obiettivo di informare. 

Il detto che tutti conoscono "è questione di chimica" e nel quale molti ci si immedesimano, per Stefano non vale: con lui "è una questione di puro divertimento" vale molto di più.

Dopo aver ottenuto 'Premio Levi 2023' rivolto a giovani membri della 'Società Chimica Italiana', nel 2023 ha conseguito il Dottorato in collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia, l’Università Cattolica e l’Università di Notre Dame (Indiana, USA). Attualmente lavora presso il 'Dipartimento di Fisica Chimica dell’Università di Lund', in Svezia.

E pensare che, come ci ha raccontato, ai suoi genitori quand'era bambino ha detto di voler diventare o direttore d'orchestra oppure il Papa.

Stefano sei partito da Genova, passato all’università di Notre Dame in Indiana per poi approdare attualmente all’università di Lund in Svezia… 29 anni vissuti a pieno!

Io ho studiato a Genova frequentando il corso triennale e magistrale di Chimica. Come tesi per l’ultimo anno, ho realizzato un progetto in collaborazione IIT di Genova nel gruppo del Professor Manna. All’Istituto Italiano di Tecnologia mi sono ritrovato letteralmente in un parco giochi e qui ho deciso di rimanere per il dottorato in nanochimica. Il tutto realizzato attraverso una collaborazione tra tre istituti: l’Istituto italiano di tecnologia a Morego, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e  l’Università di Notre Dame in Indiana, dove ho trascorso un anno. Successivamente, sono tornato in Italia e ho concluso il dottorato all’Istituto. Adesso mi trovo da settembre in Svezia dove lavoro presso il Dipartimento di Fisica Chimica dell’Università di Lund. Ultimamente ho proposto un progetto al ‘Marie-Curie’ post-dottorato proposto dall’Unione Europea per fare ricerca d’eccellenza, che mi è stato finanziato, e di conseguenza trascorrerò un anno di ricerca a Lund e poi andrò due anni al ‘MTI’, Massachusetts Institute of Technology. Questi progetti sono molto competitivi e la probabilità è sul 10%, quindi sono davvero molto felice di questo traguardo”.

Da che cosa è nata questa passione per una disciplina, quale la cristallografia, così particolare?

La risposta accademica è che noi in IIT studiamo nanomateriali, nello specifico i nanicristalli. La cristallografia è un complesso di discipline che ti permettono di studiare la struttura dei materiali solidi. Si tratta di tecniche poco conosciute ma sono molto preziose! In questo gruppo dove mi sono trovato, ero l’unico interessato alla cristollografia e questo mi ha permesso di andare lontano. Sul piano, invece, personale, quando uno decide di fare scienza, decide per la scienza ma non quale settore nello specifico. Mi sono trovato a chiedermi cosa ci fosse di interessante da fare a Genova e ho scoperto questa branca! Sì, lo ammetto: è un pò fortuna che mi ha instradato, però è anche una questione di saper cogliere l’opportunità per poi innamorarsi. Io, comunque, ho da sempre voluto fare scienza e nanomateriali, però prima non si hanno nemmeno le conoscenze per capire nel dettaglio di cosa occuparsi. Io mi ci sono buttato e ho deciso di provare! Il resto, è venuto da sè”.

Facciamo un passo indietro: perché proprio la scienza? Cosa ti ha spinto a seguire questo percorso? 

Non mi ricordo precisamente quando ho voluto intraprendere questo percorso, però quello che posso dire è che da sempre ho avuto la volontà di approfondire questo mondo. Da piccolo ho sempre seguito Piero Angela in televisione. Poi sono sempre andato al Festival della Scienza. Quindi ho iniziato a studiare, scoprendo diversi ambiti per poi scegliere quello che più mi sentivo addosso. Ad esempio, ho un’allergia per la branca medica, quindi biologia? No! Ingegneria? Troppo applicata. Matematica? Nemmeno, troppo astratta. Quindi alla fine mi sono scoperto innamorato di chimica e fisica e ho scelto chimica, per poi diventare chimico-fisico al dottorato. Secondo me non esiste altro mestiere in ambito scientifico capace di fornire livello di libertà intellettuale, facoltà di esplorare e perfino scegliere anche su cosa e quanto lavorarci. Per me è bellissimo e sono scoperte che appartengono esclusivamente a te e al team, perché è sempre un lavoro di gruppo ma che abbiamo fatto solo noi. So che ci sono materiali o analisi che, al mondo, ho fatto solo io. Poi, magari, dopo mesi spunta un articolo che ne parla. Davvero, è un lavoro molto creativo: per me è vicino al mestiere dello scrittore. Anche noi scriviamo e ci chiediamo come scrivere e come renderci interessanti e chiari al lettore”.

Ma Stefano 'bambino', cosa avrebbe voluto fare da grande? Pensava già alla scienza?

I miei genitori dicono che da piccolissimo, rispondevo il direttore d’orchestra o il Papa! Io, sinceramente, ho sempre voluto fare lo scienziato. Ci ho investito tantissimo tempo e fatica. Per me è troppo divertente e non ho mai avuto dei dubbi a riguardo”.

Qual’è uno degli aspetti che più ti appassiona? Ovviamente, oltre alla scienza in sé…

Sicuramente tutto quello che è legato alla sfera della divulgazione che a me piace molto. Come professionista tecnico mi sento completo, però vorrei cercare di far partire una linea di divulgazione”.

E a quale pubblico, però, ti vorresti rivolgere?

Io sono una di quelle persone che segue la divulgazione diretta a sé stesso, cioè sono un professionista in continua evoluzione che apprende tutto ciò che è divulgazione. Personalmente, mi rivolgerei ad un pubblico principalmente adulto, perché non mi motiva altrettanto la divulgazione verso i bambini seppur la reputo fondamentale, ma non la sento proprio sulla mia pelle. Ora c’è una grande sfida in corso, ovvero informare l’opinione pubblica su criticità quali l’utilizzo e la produzione di energia ma anche sensibilizzare sul nucleare. C’è urgenza di questa informazione”. 

Quindi la conferenza che hai tenuto sabato 25 ottobre al Festival della Scienza è un’opportunità in linea con i tuoi interessi…

Beh, speriamo! Se qualcuno mi proponesse di scrivere una rubrica, accetterei molto volentieri!”.

Un pò duole chiedertelo, ma è doveroso: da nativo genovese, tornerai prima o poi a casa?

Questa è una domanda un pò dolorosa. Il punto, però, è che per com’è fatto il nostro mondo, è necessario spostarsi. Io quando sento la narrativa della ‘fuga dei cervelli’, non sono tanto contento perché un cervello mica puoi metterlo in gabbia e deve assolutamente andare in giro per ‘beccare’. Se c’è, ad esempio, un gruppo forte su uno specifico argomento in un posto ‘x’, è necessario andarci. Dobbiamo investire a far venire gli altri cervelli qui da noi, quindi non tanto noi che ce ne andiamo, ma rendendoci un punto di riferimento concreto per gli altri, come un vero e proprio polo attrattivo. Tutti i più grandi scienziati che hanno influenzato il mio percorso non erano italiani, ma erano persone che sono venute da noi perché stavano cercando di portare avanti idee e, ad esempio, l’IIT era il posto giusto dove farlo”. 

Federico Antonopulo

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