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Botteghe storiche e locali di tradizione | 07 ottobre 2024, 08:00

Botteghe storiche e locali di tradizione - Tripperia Casana, quella tradizione ultracentenaria amata anche da Giuseppe Verdi

Fondata nel 1890 da Annetta Cavagnaro, questa bottega è oggi portata avanti da Gabriella Colombo e suo marito, che ogni giorno continuano a preparare la trippa come si faceva due secoli fa. Tra pentoloni di rame e banconi di marmo, la storia si intreccia con la cucina popolare, e i clienti, diventati quasi di famiglia, trovano in questo luogo non solo un piatto caldo, ma anche un angolo di autentica convivialità

Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Siamo partiti con il punto di vista dell’assessora comunale al Commercio, Paola Bordilli, e del segretario generale della Camera di Commercio di Genova, Maurizio Caviglia.Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi! 

Una via che si inerpica, ripida, verso Piccapietra, racconta nei suoi portici oggi tamponati e nelle sue decorazioni, di un’antica strada caratterizzata da una vitalità unica.

Vico Casana ancora oggi è uno scrigno ricco di tesori che, di primo impatto, sembrano voler passare inosservati.

Tra i tanti che qui si incontrano, c’è un luogo in particolare che fa riaffiorare alla mente le tradizioni di una volta e quel modo di vivere fatto di rapporti tra le persone.

È la Tripperia Casana, oggi luogo unico unico nel suo genere.

La storia di questo luogo inizia con Annetta Cavagnaro nel 1890 ed è proprio dalla fine dell’Ottocento che qui, tra le mattonelle bianche, i banconi in marmo e il ronfò su cui sono appoggiati i pentoloni di rame, si cuoce la trippa.

Una bottega ultracentenaria oggi portata avanti da Gabriella Colombo e da suo marito: “Questo negozio ha duecentotredici anni e io sono qui da quarantuno” racconta Gabriella mentre osserva il via vai di clienti nella sua tripperia.

Parlare di tripperie a Genova è raccontare qualcosa che i genovesi hanno nell’animo e che oggi sa incuriosire i turisti che si affollano a scoprire la città.

La tripperia era un negozio popolare - racconta ancora Colombo - in tutta Genova ce n’erano duecento. Oggi, oltre a questa, ne rimane una a Voltri e una a Chiavari”.

Tra i pentoloni di rame si continua a lavorare come si faceva duecento anni fa e a insegnare a Gabriella è stato Agostino Cavagnaro, erede della fondatrice, Annetta: “Agostino non si era mai sposato e non aveva avuto eredi. Io sono la nipote di sua cognata, in un certo qual modo c’è un piccolissimo legame familiare anche se non sono un’erede diretta. È stato lui a insegnarmi a lavorare, ho passato un anno accanto ad Agostino anche perché, all’inizio, la clientela non mi voleva. Pian piano, presentandomi lui come sua nipote, l agente ha iniziato a fidarsi. Dal 1984, poi, sono subentrata anche se ho iniziato nel 1983”.

Oggi, la storia si ripete e se i clienti non vedono Gabriella in negozio, quasi storcono il naso a entrare.

Portare avanti l’attività non è stato facile anche perché “a neanche vent’anni, quando arrivavo in negozio la mattina prestissimo e sentivo l’odore della trippa messa a cuocere, facevo fatica”.

Poi, col tempo, tutto è diventato naturale: “Ho studiato architettura - continua Colombo - avrei potuto fare dell’altro ma vedevo mio zio diventare anziano; lui ci teneva che la tripperia andasse avanti con qualcuno di famiglia così mi sono decisa e ho detto si. Inizialmente pensavo di rimanere temporaneamente, fino a che non avessi trovato una sistemazione giusta, poi mi sono affezionata al lavoro, al negozio, alla clientela e non me ne sono più andata”.

Qui i clienti abituali sono diventati parte della famiglia e si passa anche solo per un saluto e per scambiare qualche parola. Così si porta e si riceve gioia, allegria ma anche conforto.

Si comincia molto presto a lavorare in bottega e le operazioni per la preparazione della trippa iniziano tra le quattro e mezza e le cinque: “Dopo aver pulito la trippa, si mette a bollire in questi pentoloni che tengono settecento litri d’acqua. Quando è pronta, ancora calda, viene portata sul retro e spazzolata pezzo per pezzo fino a che non si raffredda, viene poi messa nei bidoni perché il processo sia completo e infine si porta al banco per la vendita e per la cottura”.

Piatto della cucina popolare, per via dei bassi costi, oggi la trippa, tra cui la famosa ‘sbira’, è sempre più difficile da reperire anche per la mancanza di personale specializzato in questo particolare taglio.

Ma in questo locale, tra i più famosi della città, conosciuto anche al di fuori dei confini regionali, tanti sono i personaggi illustri che sono passati: “Paolo Villaggio veniva qui sempre; Antonio Albanese adora la nostra trippa accomodata ma forse il più incredibile è Giuseppe Verdi”.

Il grande compositore aveva l’abitudine di fare una tappa in tripperia uscendo dal teatro: “Finiva dal Carlo Felice e veniva qui. C’era sempre un piatto caldo. Il ronfò, che andava a legna, rimaneva sempre accesso, ventiquattro ore su ventiquattro, perché ci voleva quasi una giornata prima che l’acqua bollisse.

A sera tardi qui trovavano sempre una tazza di brodo, della trippa calda che veniva accompagnata e così si mangiavano la ‘sbira’, cioè la trippa accomodata messa nel brodo e sistemata su due crostoni di pane che facevano da fondo. Se poi le cose andavano bene, si poteva avere anche del parmigiano, ma era un lusso”.

Oggi qui si possono ammirare gli arredi originali, fare un tuffo nel passato in un locale che, strenuamente ha resistito ma che “deve continuare a rimanere così. Mi piacciono le cose antiche”.

 

Isabella Rizzitano

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