Da oltre trecento anni, sono muti testimoni della storia della città, sottomessi alla Repubblica e incatenati sulla facciata del Palazzo Ducale.
Sono gli otto grandi nemici di Genova, rappresentati nelle statue realizzate da Giacomo Maria da Bissone a concludere le decorazioni del palazzo del potere, lungo il prospetto ridisegnato dall’architetto Cantoni.
Una celebrazione del valore dei nemici che si tramuta in una ancor più ampia celebrazione di Genova.
Ma chi sono questi otto grandi nemici della città.
Osservando la facciata, da sinistra, il primo che si incontra è il pirata Musetto che attorno all’anno Mille era il terrore del Mediterraneo. Dopo aver raso al suolo Luni, Musetto venne sconfitto da Genovesi e Pisani insieme; una sconfitta che lo fece tornare alla carica questa volta prendendo di mira la Sardegna. Le flotte si scontrarono e i genovesi, dopo averlo sconfitto grazie agli alleati pisani, ne riportarono in patria la testa issata su di un palo.
Il secondo nemico di Genova è Giacomo da Marsano, duca di Sessa. Per scoprire la sua storia si deve tornare alla battaglia di Ponza del 1435. Al comando dell’esercito genovese c’è l’ammiraglio Biagio Assereto che, alla fine dei combattimenti, ha catturato cinquemila prigionieri. Tra loro ci sono il Re Alfonso d’Aragona, i fratelli Enrico e Giovanni, e altri nobili ispanici tra cui Giacomo. I reali, tuttavia, non misero mai piede a Genova e vennero rilasciati prima. Giacomo, insieme a pochi altri, invece affrontò la prigionia, divenendo per la città il simbolo della vittoria sugli aragonesi.
Il terzo personaggio scolpito nel 1777 è il pirata Dragut, forse tra i nomi più noti della storia genovese. Dragut imperversava nei mari e fu Giannettino Doria, nipote di Andrea, a catturarlo dopo averlo spinto in una baia della Corsica. Fu proprio Andrea a incatenarlo a un remo prima di venderlo come schiavo al Barbarossa, di cui poi divenne il successore. Dragut si vendicò diventando l’incubo dei mari per due decenni. Nel corso del suo periodi di prigionia, in parte passato nella Torre Grimaldina, si dice che il corsaro venisse trattato con rispetto, facendo girare la testa a non poche nobildonne.
Una piccola curiosità: si dice che Andrea Doria avesse chiamato il suo gatto Dragut. Forse i due si stimavano più di quanto non voglia ricordare la storia.
Il quarto personaggio raffigurato è l’ammiraglio veneziano Niccolò Pisani. Durante la battaglia del 1354 avvenuta vicino all’isola di Sapienza, nel mar Adriatico, Pisani venne sonoramente sconfitto da Pagano Doria che si presentò alla terza guerra contro i veneziani con un numero di uomini e mezzi decisamente inferiore.
Un’abile strategia fece cadere i veneziani e Pisani venne portato a Genova dove visse un anno come prigioniero. Alla firma della pace tra le due repubbliche, Pisani fece ritorno a casa.
Il quinto nemico di Genova rappresentato è Abu-Yahya Muhammad, re saraceno che nel 1208 governava Maiorca. Per una serie di questioni commerciali, disturbati proprio dalla presenza del re, gli spagnoli intervennero e nel 1230 tornarono in possesso dell’isola con il timore però che i genovesi potessero intervenire proprio in favore del re saraceno.
Chiesero dunque al Papa di garantire la neutralità dei genovesi che riuscirono a trarre beneficio da questo accordo, facendo diventare il re saraceno uno degli otto nemici di Genova.
Passando alla sesta scultura, si incontra di nuovo un Aragona, questa volta il principe Enrico, fratello del Re Alfonso. Enrico, come era accaduto per il fratello, non arrivò mai a Genova, fermandosi a Savona ma un personaggio di questa caratura non poteva essere ‘lasciato libero’ e, in qualche modo, Genova se ne appropriò glorificando ancor di più (seppur con un trucchetto) la sua storia.
Alberto Morosini è il settimo protagonista della facciata del Palazzo Ducale. Ammiraglio veneziano, Morosini si trovò a comandare la flotta pisana durante gli scontri alla Meloria. Ma nulla potè contro l’abilità di Oberto Spinola e Benedetto Zaccaria che vinsero nella battaglia del 1284 e portarono Morosini, assieme ad altri diecimila pisani, a trascorrere diversi anni nello spazio a ridosso delle mura, denominato appunto Campo Pisano.
Così, leggenda vuole, Marco Polo è arrivato all’ombra della Lanterna.
L’ultimo personaggio di questa particolare galleria è Giacomo I re di Cipro, catturato dai genovesi e segregato assieme alla moglie per dieci anni nelle segrete della Lanterna.
Alla morte di Pietro I, i genovesi vennero chiamati in causa dagli aragonesi che volevano vendicare la morte del sovrano. I nobili del luogo scelsero Giacomo I, figlio del fratello del defunto re, come nuovo sovrano; mentre una parte di ciprioti si schierò in favore di Pietro II, anch’egli nipote del defunto re.
Ottenuta Famagosta, i genovesi tornarono a casa e abbandonarono l’isola che avevano occupato, portandosi dietro anche Giacomo come garanzia. A regnare rimase Pietro II e alla sua morte, il regno venne affidato a Giacomo. Solo allora i genovesi, dopo aver ottenuto diversi privilegi e la sovranità su Famagosta, dietro un lauto riscatto, rilasciarono il re di Cipro.