Ad Albaro, in via Byron, si consuma una battaglia silenziosa ma cruciale per il futuro di Casa Raphael, un monastero che da anni è un punto di riferimento per i poveri, i rifugiati e i religiosi con difficoltà psicologiche. Il destino di questa struttura sembra ormai segnato: le suore che vi risiedono, attive nel sostegno delle fasce più deboli, sono da quattro anni sotto minaccia di sfratto, poiché le proprietarie del complesso, le Suore Sacramentine di Monza, hanno deciso di trasformare l'edificio in una residenza per anziani, un progetto evidentemente più redditizio.
Questa decisione, che appare irrevocabile, ha sollevato proteste e raccolte di firme, ma nonostante quasi trentamila sostenitori e gli appelli rivolti alle autorità locali – tra cui il sindaco di Genova Marco Bucci e l'arcivescovo Marco Tasca – la situazione non sembra destinata a cambiare. A novembre, infatti, lo sfratto sarà esecutivo e Casa Raphael, insieme alle sue attività umanitarie, potrebbe scomparire senza un’alternativa concreta.
Il progetto della nuova residenza per anziani segnerebbe la fine di una missione di solidarietà portata avanti con dedizione da decenni. Le suore, con l’aiuto della direttrice sanitaria Grazia Maria Costa, hanno offerto rifugio e sostegno a una comunità variegata: attualmente ospitano dodici suore, tre frati e trentacinque assistiti, tra cui profughi ucraini, ragazze africane e poveri con i loro animali. Casa Raphael è anche un centro di distribuzione alimentare, grazie agli invenduti provenienti dai supermercati vicini come Conad, Coop e il Mercato Orientale. Questa catena di solidarietà, strettamente legata al tessuto urbano, difficilmente potrà essere replicata nella nuova sede proposta: il Santuario della Madonna della Guardia, isolato sulla cima del Monte Figogna.
La madre superiora, suor Maria Chiara Prestigiacomo, e Costa sottolineano come il trasferimento renderebbe impossibile continuare la loro missione: "Diventeremmo irraggiungibili per chi ha bisogno di un pasto caldo o di un tetto". La loro preoccupazione principale è che, isolandosi sul monte, non saranno più in grado di servire "gli ultimi", come hanno fatto finora.
Con la data del 2 novembre – quando il tribunale deciderà sul ricorso presentato dal loro avvocato – che si avvicina inesorabilmente, le suore si affidano alla preghiera e alla speranza, mentre continuano a cercare una soluzione: "Continueremo a bussare a varie porte, nella speranza che almeno una si apra".