Nel suo doppio ruolo di assessore alla Sanità ancora in carica e di candidato alle elezioni regionali con la lista ‘Vince Liguria’ a sostegno di Marco Bucci, Angelo Gratarola parla prima del voto come se l’incarico fosse destinato a finire ancora nelle sue mani e sembra avere le ricette per tutti i malanni di un servizio sanitario regionale non proprio in salute.
La realtà racconta di pronto soccorso al collasso, liste d’attesa infinite e attese bibliche per una visita o una dimissione, fughe verso altre regioni per curarsi e cittadini comprensibilmente esasperati da una storia che sembra infinita. Per contro, Gratarola mette in fila una serie di soluzioni che, se tramutate in realtà, potrebbero portare a passi avanti mai visti prima: nuovi ospedali, case di comunità capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini sul territorio, più personale, maggiore efficenza, fondi per far quadrare i conti.
La sanità è un argomento a dir poco vasto, ma le liste d’attesa sembrano essere il tema maggiormente discusso in campagna elettorale. Che cosa è andato storto e che cosa si può fare per migliorare la situazione?
“Non è andato storto niente, le liste d'attesa sono un problema nazionale e la Liguria non ne è indenne. Sono cresciute dal 2019 in avanti, con l'intermezzo del Covid che ne è causa, perché la medicina si è modificata nel tempo, richiede più esami e visite oltre ad attività per fare il punto della situazione. C'è un incremento delle prestazioni. Il secondo problema è che il Covid ha paralizzato gli ospedali e, di conseguenza, frenato le liste. In più c'è una quota di inappropriatezza. Tutti noi facciamo molti esami che servono a poco, non lo dico io, ma le statistiche. Circa il 30% delle prestazioni diagnostiche spesso non contengono valori. Che cosa fare? Da una parte c'è da migliorare la questione dell’inappropriatezza, rendere le prescrizioni più precise anche aiutando i prescrittori con sistemi informatici e algoritmi di intelligenza artificiale: quando un medico prescrive è coadiuvato dal sistema che lo aiuta anche con le linee guida. Chiunque prescriva non può conoscere a memoria tutte le specializzazioni. Poi c'è l'aumento dell’offerta, incrementare il numero delle prestazioni, far lavorare di più la macchina pubblica, portandola al massimo della sua efficienza pagando di più il personale e, laddove non basta, farsi aiutare dal privato accreditato che non è il demonio. Al cittadino non cambia niente. Infine c'è l'efficienza organizzativa. Alcuni ospedali hanno in cura pazienti come, per esempio, gli oncologici, che per almeno cinque anni dovrebbero essere presi in carico dall'ospedale stesso. Vorremmo che un paziente visitato oggi in ospedale abbia la visita già prenotata dall'ospedale stesso in una data precisa. Questo per non andare a ingolfare il contenitore delle visite insieme a quei pazienti che non hanno ancora una visita prenotata”
In tutto questo Alisa che fine farà?
“Alisa nasce nel 2017 ed è stata costruita in quei tempi, era propedeutica a una razionalizzazione delle Asl. I tempi sono cambiati, c'è stato il Covid, e quindi le strutture devono adeguarsi ai cambiamenti. Che Alisa abbia bisogno di cambiamenti non l'abbiamo mai negato. Noi non ragioniamo mai per chiudere, è un verbo che usa la sinistra. Noi vogliamo riorganizzarci e, se saremo dalla partita, ci penseremo. Anche in natura, le creature che sopravvivono meglio nel tempo sono quelle che si adattano ai cambiamenti. Noi tutti ci adattiamo, Alisa è una creatura e dovrà mutare”
Ultimamente ci stiamo occupando di tempi d’attesa nei pronto soccorso, si parla di attese fino a 9 ore per una visita in triage o una dimissione. Come si può rimediare?
“Il problema c'è da trent'anni, c'è sempre stato ed è stato anche peggio. Ricordo che il numero di passaggi al pronto soccorso è diminuito di 60.000 unità di anno in anno, però indubbiamente ancora troppe persone affollano in pronto soccorso con patologie che non c’entrano. Non faccio una critica al cittadino che va dove trova una risposta, ma qual è la soluzione? La costruzione delle case di comunità, i luoghi dove si trovano medici, pediatri, psicologi e tutto quello di cui il cittadino può necessitare. Nelle 32 case di comunità in tutta la Liguria, i cittadini troverebbero queste soluzioni oltre a medicazioni, iniezioni o punti di sutura. Servizi che oggi cerchiamo negli ospedali e che dobbiamo trovare sul territorio. Anche i malati cronici dovrebbero essere trattati lì”
Resta il nodo del personale, ci saranno assunzioni?
“Nel mio periodo di due anni abbiamo assunto personale senza lesinare, il vero problema c'è in alcune categorie che non si trovano sul mercato del lavoro. Ci sono medici che non esistono, i bandi vanno deserti specie in alcune aree della regione lontane da Genova. Abbiamo cercato incentivi, la Liguria è stata la prima a riconoscere 100 euro in più in busta paga per il personale di pronto soccorso e ora il Ministero ha esteso la nostra iniziativa a tutto il Paese. Per La Spezia, Imperia e Sanremo abbiamo lavorato per dare alloggi agli specializzandi e al personale in modo che chi va in quelle zone non debba spendere cifre esorbitanti”
I nuovi ospedali diventeranno realtà? Per il momento non se ne sono visti, cambierà qualcosa?
“Siamo alle battute finali del Felettino, che nasce dall’epoca Burlando quando era stato dato l'appalto e poi era andato tutto a monte. Abbiamo dovuto ripetere tutto da capo. Premesso che è tutto molto difficile per l'applicazione delle norme, il Felettino e alle battute finali prima di far partire il cantiere, poi ci sarà il Galliera per il quale è stato vinto il ricorso e quindi potrà essere costruito con il via ai lavori previsto per l'anno prossimo. Pietra Ligure ha il progetto per la nuova torre interna e infine l'ospedale di Taggia, e poi gli Erzelli. Per il finanziamento di questi ospedali, la conferenza Stato-Regioni a deliberato ieri per la Liguria, un finanziamento da parte di Inail di un miliardo e 100 milioni di euro che servono per Taggia, Pietra Ligure, Galliera ed Erzelli. L'ospedale unico di Taggia, che è partito più tardi, ha già la variante urbanistica e ora si procede con gli espropri. Non sono tempi veloci. Il candidato presidente Marco Bucci ha dichiarato, e io sono d’accordo, che in questi progetti ci vuole una sorta di commissario che, stando con il fiato sul collo, può velocizzare”
Il candidato del centrosinistra, Andrea Orlando, dice che la sanità è allo sfascio e che, nonostante ciò, Bucci ha deciso di ricandidare lo stesso assessore alla Sanità della giunta Toti. Come replica?
“La sinistra parla della sanità conoscendo poco, da quello che leggo. Sono slogan, parla di sfascio che, però, è un procurato allarme. Dà un'idea ai cittadini di una situazione che non c'è perché, se si andasse a guardare anche in una regione vicina, si troverebbe la stessa problematica. La lettura del centrosinistra mi pare un po' superficiale perché i dati mettono la Liguria tra le prime per la gestione di ictus, infarti, emergenza-urgenza del trauma. Ma in campagna elettorale, comprendo che chi non sa parla stando in superficie. Sono un assessore della giunta uscente, sono stato chiamato da Toti chi era il presidente della Regione, ma sono espressione di tutta la giunta perché la mia nomina è stata avallata da tutti. A meno che non si abbia paura che io rimanga perché posso rappresentare una spina nel fianco continua…Non mi interessa guardare a chi è più bravo denigrando l’altro, quello che conta sono i programmi, confrontiamoci su quelli. Se avete dei numeri e sapete confutare i miei, io sono qui”
Si parla sempre del debito da 230 milioni di euro. Qual è la situazione dei conti della sanità ligure?
“I 230 milioni sono numeri che alcuni buttano lì, tutti gli anni sono elevati. Il finanziamento del servizio sanitario nazionale è carente, avremmo bisogno di più, ma quando si fa una finanziaria si deve tenere conto anche di altre voci di spesa. Con i soldi che abbiamo, cerchiamo di fare del nostro meglio, siamo pagati meno rispetto a quello che spendiamo, penso avremmo bisogno di 150 milioni in più, che è quello che reclamiamo. Quest'anno ne ho portati a casa solo 107. Tutti gli anni ci sono questi debiti da colmare. Stiamo lavorando con Asl e ospedali per cercare, con le risorse che abbiamo, di chiudere il disavanzo, come abbiamo fatto l'anno scorso”