In Liguria possono volerci tre giorni per passare da una barella di pronto soccorso ad un letto in reparto dopo la presa in carico, eppure al centro delle riflessioni e dei progetti politici nel cuore della campagna elettorale per le prossime elezioni regionali ci sono liste d'attesa e fughe di pazienti oltre regione.
Un problema certamente, ma che rappresenta la punta di un iceberg molto più vasto che resta sotto il pelo dell'acqua. Lo stato dei pronto soccorso liguri e le difficoltà che ogni giorno affrontano, lavorando in trincea per accogliere e garantire prestazioni nonostante difficoltà che partono da lontano. Nel collo di bottiglia dell'organizzazione dell'emergenza-urgenza confluiscono carenza di organici, organizzazione della medicina territoriale, fattori che rendono non solo sempre meno appetibile ma anche rischioso il lavoro nel settore pubblico, comprese le aggressioni costanti subite dal personale ospedaliero.
In tutta la Liguria mancano mille nfermieri negli organici delle aziende ospedaliere, secondo quanto denunciano da tempo sindacati come la Fp Cgil, carenza che sarà difficile colmare anche con i prossimi concorsi in partenza a metà ottobre che non raggiungono le mille richieste di partecipazione. Un mestiere essenziale, pagato poco, e che prevede per il rischio anche un'indennità supplementare con aggiornamenti che sarebbero anche corposi, ma in Liguria sono rimasti fermi al palo perché nonostante la presenza dei fondi manca una giunta che possa dare il via agli stanziamenti con una delibera e si rinvia al dopo-elezioni.
In queste ore ne ha parlato l'ex ministro e candidato alla presidenza di Regione Liguria, Andrea Orlando che ha sottolineato come "senza riavvicinare il livello degli organici a quelli previsti dai piani sanitari non saremo mai in grado di affrontare il tema delle liste d'attesa".
Ma allora quanto pesa il tema della mancanza di organico e come si declina in un territorio come la Liguria, frastagliato in realtà diverse? Per quanto riguarda i medici si calcola una carenza "del 20-25% in media, con picchi oltre il 50% nelle province dove spesso si fa ricorso al personale di cooperativa per coprire e garantire la gestione", spiega Paolo Cremonesi, primario del pronto soccorso dell'ospedale Galliera di Genova e anche presidente ligure del Simeu, Società scientifica di pronto soccorso. "Per quanto riguarda il Galliera - prosegue - come tutti gli ospedali cittadini la situazione pur nel lavoro intenso è diversa, ma in generale problemi di mancanza di personale si verificano in quasi tutti i pronto soccorso, problema che si somma all'enorme richiesta di prestazioni sanitarie che arrivano direttamente agli ospedali". Il problema non riguarda tanto la gestione delle patologie più gravi, il fronte ad esempio delle tempistiche di presa in carico dei codici rossi e arancioni, quanto i codici verdi e di minore complessità. Un superafflusso con picchi anche di 200 pazienti, un esempio su tutti l'ospedale San Paolo di Savona che li ha superati nel periodo estivo, riuscendo a gestire con sforzi immani.
Ma il problema si presenta anche perché "manca una risposta adeguata sui territori", sottolinea Cremonesi. E il riferimento va ai territori immensi, quartieri cittadini ma anche province ed entroterra scoperti sul fronte dei punti di primo soccorso, che si uniscono a un'età media tra le più alte d'Italia della popolazione con vasta presenza di anziani polipatologici e persino gli accordi tra Regione ed Rsa in cui la supervisione del medico va dal lunedì al venerdì e in caso di problemi ci si rivolge spesso agli ospedali. Questo è il sistema che crea poi i picchi di super afflusso nei reparti di emergenza urgenza provocando code, lunghi tempi di attesa, problemi nella gestione e fuga del personale verso il privato.
La richiesta arriva da tutto il comparto, rivolta alla politica: partire dalle risorse, umane ed economiche, per fornire servizi intermedi sui territori per le patologie intermedie che arrivino a sgravare gli ospedali che si occupano di emergenze più gravi, in modo che le promesse non restino lettera morta elettorale.