Prosegue oggi, e andrà avanti per tutti i venerdì successivi, ‘Alla scoperta dei Rolli’, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato a una delle caratteristiche principali della nostra città, che è valsa anni fa il riconoscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Si tratta del sistema dei Palazzi dei Rolli: edifici che sono vere e proprie perle del centro storico e non solo. Vi accompagneremo dentro con i nostri racconti, ve li faremo scoprire con le fotografie, vi illustreremo aneddoti e curiosità. Sempre per amore di Genova e delle nostre eccellenze. Buon viaggio insieme a noi!
Via Garibaldi è certamente la strada che maggiormente catalizza l’attenzione sui Rolli. Costruita appositamente per diventare una sorta di giardino architettonico capace di accogliere corti da tutta Europa, questa strada mantiene intatto il suo fascino, oggi come oltre quattrocento anni fa.
Ma a ben vedere nel panorama genovese, un’altra strada raduna attorno a sé numerosi palazzi appartenenti al prezioso sistema: è via Lomellini.
Proprio qui affaccia palazzo Cosmo Centurione, conosciuto anche con il nome di Palazzo Durazzo Pallavicini.
Edificato per la famiglia di Giorgio Centurione alla fine del Cinquecento (nel 1599 si ha notizia della sua iscrizione nel terzo bussolo) successivamente diviene proprietà di Ansaldo Imperiale Lercari. È con l’arrivo dei Pallavicini, nel Settecento, che il palazzo viene profondamente rinnovato. La famiglia, dalle vaste proprietà economiche grazie ai rapporti finanziari con la Spagna e con il Ducato di Milano, sceglie di affidare all’architetto Giacomo Viano una prima fase di lavori. Viano, già artefice dei rifacimenti nei vicini palazzi Bianco e Rosso, rinnova i canoni costruttivi cinquecenteschi rinnovando l’atrio e lo scalone monumentale e ridisegnano le facciate che affacciano su via Lomellini con canoni settecenteschi in cui lesene e timpani sono arricchiti da motivi a stucco.
Il rinnovamento previsto dall’architetto abbraccia anche gli interni, ridistribuendo le zone di rappresentanza decorate, a partire dal 1729 da Domenico Parodi, figlio di Filippo, che già aveva lavorato in diversi palazzi dell’aristocrazia genovese.
Assieme a Parodi, in queste stanze è attivo anche Giacomo Antonio Boni, pittore bolognese anch’egli attivo a Genova nella prima metà del Settecento.
L’impegno del Parodi è soprattutto nella galleria, uno spazio di piccole dimensioni che, grazie al gioco di specchi e consolle, raccorda gli spazi regalando un’unitarietà agli ambienti.
Nel 1756 viene decisa una nuova fase di lavori al corpo di fabbrica con l’ampliamento del palazzo a cui viene aggiunto un piccolo giardino pensile al primo piano, posizionato sopra alle stalle e alle scuderie, una trovata necessaria per dare luce e aria alla cosiddetta ‘fabbrica aggiunta’ ricavata demolendo alcune preesistenze su vico degli Adorno.
È con quest’ultima modifica che il palazzo viene ad assumere le attuali proporzioni occupando di fatto un intero isolato ricoprendo l’intera profondità tra Vico del Campo e via Lomellini.