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Un Occhio sul Mondo | 21 settembre 2024, 09:00

“Se si tratta di Israele parlare di terrorismo è tabu'”

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

“Se si tratta di Israele parlare di terrorismo è tabu'”

Indubbiamente, se ci limitiamo a considerare in maniera asettica solo gli aspetti tecnici, l'operazione “cerca persone e walkie talkie”, che è stata lanciata contro il Libano nei giorni scorsi, non può che essere considerata un capolavoro operativo, destinato ad essere riportato nei libri di storia. Lo sarà soprattutto per la genialità della sua concezione, per l'accuratezza della sua pianificazione e per la letalità della sua esecuzione.

Ma la parte tecnica è solo una componente accessoria di un evento di questa portata, perché ciò che veramente conta sono tutti gli altri aspetti che lo caratterizzano, tra cui la natura degli obiettivi, gli effetti conseguiti e le successive conseguenze.

A premessa di qualsiasi ulteriore commento, è necessaria una rapida disamina dei fatti che, nonostante Israele come suo solito non abbia né smentito né confermato, ormai il mondo intero attribuisce a Tel Aviv, a cominciare dagli Americani, che han subito precisato di essere stati informati “a cose fatte”.

L'operazione è stata avviata nella sua esecuzione lo scorso martedì 17 settembre, allorché intorno alle 15.30, in tutto il Libano, hanno cominciato ad esplodere migliaia di “cercapersone”, prevalentemente in dotazione agli affiliati di Hezbollah. Già solo da questa informazione, si possono desumere due importanti elementi di valutazione, ai fini di delineare nel suo complesso l'operazione israeliana.

L'attacco non ha riguardato solo le tradizionali aree di schieramento dei nuclei combattenti dell'Organizzazione sciita nel sud del Paese, zone che, essendo al confine con Israele, possono considerarsi di combattimento, ma è stato rivolto indiscriminatamente all'intero territorio libanese. Inoltre, le esplosioni non hanno coinvolto solo il personale dell'ala militare di Hezbollah, ma hanno colpito anche suoi membri civili, che nulla hanno a vedere con la parte combattente. Infatti, il Partito di Dio (Hezbollah), per quanto sia noto al mondo prevalentemente per la sua ala militare, in realtà ha anche una componente politica, che fa parte del governo libanese e una grossa componente umanitaria, che gestisce ospedali, scuole, strutture sociali e di assistenza alla popolazione, in tutto il territorio nazionale. Ma i cercapersone esplosivi hanno probabilmente colpito anche persone non appartenenti in alcun modo ad Hezbollah, come è capitato all'Ambasciatore iraniano a Beirut.

Comunque, non c'è alcun dubbio che l'intento israeliano non era di certo dimostrativo, ma era quello di far male quanto più possibile al possessore dell'apparato, visto che l'esplosione è stata preceduta da un avviso acustico di qualche secondo, al fine di far prendere in mano il cerca persone e, possibilmente, farlo avvicinare al volto, in modo da aumentare i danni causati dalla piccola carica. E bisogna ammettere che i risultati ci sono stati. Il bilancio dell'attacco di martedi è stato di 12 persone uccise e più di 2000 ferite, di cui almeno circa 500 in modo grave, con l'esigenza di sottoporle ad interventi chirurgici, soprattutto di amputazione di arti (mani e braccia) e agli occhi. Secondo il Ministero della salute libanese, le strutture sanitarie sono andate pressoché immediatamente in crisi, a causa della delicatezza delle operazioni e della carenza di personale medico specializzato.

L'attacco di martedì ha sorpreso completamente Hezbollah che, tuttavia, non ha tardato a realizzare cosa fosse accaduto, rendendosi conto che l'impiego dei cercapersone poteva essere solo la punta dell'iceberg di una poco ortodossa, ma pericolosissima procedura operativa, che avrebbe potuto riguardare anche altri apparati elettronici. E la stessa psicosi ha assalito tutta la popolazione libanese, che è caduta preda di una drammatica spirale di terrore, sentendosi ormai insicura in ogni posto, in qualsiasi attività e in compagnia di chiunque, non solo i combattenti del Gruppo sciita. Le esplosioni simultanee e indiscriminate hanno diffuso il panico tra i Libanesi, che non ormai si fidavano più di nulla che fosse elettronico. E tutto ciò ha portato alla paralisi l'intero Paese.

Questa paura ha trovato fondamento mercoledì 18 settembre, allorché è arrivata la seconda fase dell'attacco, con l'esplosione contemporanea di migliaia di walkie talkie in dotazione alle fila di Hezbollah, che hanno causato una ventina di morti e centinaia di feriti, portando il computo delle perdite libanesi a 37 deceduti e circa 3000 feriti e minando definitivamente la sicurezza della popolazione, in ogni attimo della sua quotidianità.

Al momento, non è noto di quanti siano effettivamente gli uomini effettivi ad Hezbollah realmente colpiti e quanti, invece, sono i cosiddetti “effetti collaterali” di questa operazione israeliana, cioè i morti e feriti tra la gente normale, compresi i bambini (certi 2 morti probabili 4) che non c'entra nulla con il Partito di Dio. Quello che è certo è che Tel Aviv, ha condotto il suo attacco in pieno giorno e senza alcuna discriminazione territoriale, per cui nei momenti e nei luoghi pulsanti della vita quotidiana della popolazione libanese, dimostrando, purtroppo ancora una volta, di non riservare alcuna attenzione verso l'integrità dei civili e di dedicare agli obiettivi militari una priorità assoluta.

Non ne parliamo poi di quel menefreghismo israeliano per un minimo senso di responsabilità, vanamente auspicato da parte della Comunità Internazionale, a partire da ONU, Unione Europea e dagli stessi Stati Uniti, verso una situazione medio orientale che ha ormai toccato elevatissimi livelli di tensione e di crisi e che si sta avviando su un pericolosissimo piano inclinato, che la potrebbe portare ad una deflagrazione generale, molto rischiosa anche per molte altre aree sensibili del mondo.

Ma nonostante tutto questo, la duplice azione di Tel Aviv è stata unanimemente considerata con la solita grande cautela da parte delle Cancellerie occidentali, che sembrano essere sempre ingessate, al limite della benevolenza, verso atti che debordano ampiamente, chiaramente e ormai quasi regolarmente dai limiti della ortodossia delle operazioni militari, che sono legittimamente definite e delimitate da copiosi e dettagliati Trattati Internazionali, nonché da un'etica universale verso i Diritti umani, che le dovrebbe sempre caratterizzare.

Invece, se si prova ad approfondire quanto previsto dalla normativa che regolamenta la convivenza tra le Nazioni, compresa la sua forma estrema della guerra, l'argomento sembra diventare spinoso.

Infatti, con il termine terrorismo il Diritto Internazionale indica sostanzialmente quelle azioni che vengono condotte con premeditazione e violenza, allo scopo di diffondere uno stato di terrore nella popolazione e di causare danni indiscriminati alle collettività.

A parte l'Italia, che non prevede una definizione di terrorismo nella sua Costituzione, anche alcune tra le più importanti Nazioni nel mondo hanno ritenuto necessario delineare quali sono i criteri con cui si può attribuire la matrice terroristica ad un atto condotto con la violenza. Gli Stati Uniti prevedono che per terrorismo si intende “l'uso illecito della forza e della violenza contro persone o beni, al fine di intimidire o influenzare i governi o la popolazione civile”, mentre la Gran Bretagna "un'azione o la minaccia di un'azione, che comprende gravi forme di violenza contro persone e beni, mette in pericolo la vita dell'individuo e rappresenta una grave minaccia per l'incolumità e la sicurezza della comunità o una parte di essa”.

Sono definizioni che esprimono chiaramente ed inequivocabilmente il concetto di terrorismo e che possono guidare chiunque si volesse cimentare nel valutare in maniera organica ed approfondita l'attacco di Israele del 17 e 18 settembre.

Proviamoci velocemente con una breve e unica considerazione.

Secondo i benpensanti, l'attacco sarebbe stato condotto contro Hezbollah, una Organizzazione considerata da molti (ma non da tutti) terroristica, ma questa certezza è facilmente confutabile.

Soltanto menti altamente raffinate e profondamente preparate potevano essere in grado di pianificare, organizzare e condurre un'azione che è partita da una possibile azienda fantasma in Ungheria nelle mani israeliane, che ha reso possibile la manomissione di migliaia di apparati elettronici, che sono stati poi distribuiti a membri di Hezbollah (e non solo) e che infine sono stati fatti detonare da distanza, durante il giorno e in tutto il territorio nazionale libanese.

Ebbene, possibile che menti del genere non abbiano previsto che le esplosioni avrebbero coinvolto anche persone che non c'entravano nulla con Hezbollah, che avrebbero portato il caos ed il terrore tra la popolazione e che avrebbero paralizzato completamente tutte le funzioni vitali di una Nazione, comprese quelle destinate alla sicurezza e alla salute della gente? Oggettivamente, non è possibile che gli Israeliani non abbiano previsto tutti questi effetti, per cui quanto successo rientra nella premeditazione.

Potremmo continuare ad analizzare quanto accaduto in Libano, alla luce delle citate definizione di terrorismo, ma tutto sembra essere talmente chiaro che chiunque tra noi, uomini e donne della strada, lo può fare.

Sembra invece che, la Comunità internazionale di parte occidentale, nonostante le schiere di analisti, esperti e politici di altissimo rango, non riesca a fare questi semplici ragionamenti. Ma una domanda è d'obbligo. Non riesce o non vuole, perché di mezzo c'è Israele? Qualora la risposta fosse la seconda sarebbe molto grave, soprattutto perché rimarrebbe occlusa quella via della pace che impone di mettere tutti i popoli sullo stesso piano.

Marcello Bellacicco

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