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Cronaca | 27 agosto 2024, 08:00

Cronache nere diventate storie - Nada Cella, da ventotto anni un delitto senza colpevole

Non sono bastati inchieste, accertamenti e nuovi dettagli, testimoni, telefonate anonime ma anche criminologi e super consulenti a individuare un responsabile per i fatti efferati di via Marsala a Chiavari nel 1996

Cronache nere diventate storie - Nada Cella, da ventotto anni un delitto senza colpevole

Prosegue questo martedì, e ci terrà compagnia per tutti i martedì successivi, ‘Cronache nere diventate storia’, un ciclo di articoli dedicati a misteri, casi irrisolti, casi riaperti dopo anni, episodi e vicende che hanno interessato la nostra regione e che sono diventati, nel tempo, memoria collettiva, passando dalle pagine dei giornali alle trasmissioni televisive, sino ai libri e ai podcast. Ad aprire le finestre sul passato è Valentina Carosini, la nostra giornalista da anni impegnata tra cronaca nera e palazzo di giustizia per agenzie e testate nazionali. 

L'ultima porta si è chiusa nel marzo scorso con una sentenza di non luogo a procedere, che proscioglie i principali protagonisti di una storia che dura da ventotto anni, un delitto rimasto irrisolto, un mistero che affonda le radici nella provincia rivierasca del levante genovese, un mondo a parte dove tutti si conoscono, o quasi.

Il non luogo a procedere, ultimo atto che chiude alla possibilità di un secondo processo, è quello pronunciato dal gup di Genova che ha di fatto prosciolto Annalucia Cecere, ex insegnante cuneese, Marco Soracco, commercialista di Chiavari, e l'anziana madre Marisa Bacchioni dalle accuse rispettivamente di omicidio per Cecere e favoreggiamento per gli altri due indagati, nell'ambito delle indagini sul cold case del delitto Nada Cella.

Non sono bastati ventotto anni di inchieste, di accertamenti e nuovi dettagli, testimoni, telefonate anonime ma anche criminologi e super consulenti a individuare un responsabile e a spiegare un omicidio, quello di una ragazza di venticinque anni, trovata agonizzante in un lago di sangue sul pavimento dello studio da commercialista in cui lavorava da cinque anni come segretaria, compiuto la mattina del 6 maggio 1996 in un condominio di via Marsala a Chiavari.

A trovare il corpo è il suo titolare, Marco Soracco, che abita al piano di sopra con la madre e quella mattina scende in studio trovando la sua segretaria riversa a terra con ferite gravissime che si riveleranno fatali poco dopo l'arrivo in ospedale. Arma del delitto mai individuata, una ragazza che quella mattina sola in studio forse si è trovata all'improvviso faccia a faccia con il suo assassino che le ha fracassato la testa con un oggetto contundente.

Una morte alla quale non si riuscirà a dare una spiegazione in quasi trent'anni tra indagini aperte e poi chiuse, che riguardano in primis Soracco stesso, da subito sospettato e poi scagionato.

Fino al 2021 quando l'arrivo di tre avvisi di garanzia  riapre una nuova inchiesta guidata dalla procura di Genova. Il primo, per omicidio volontario, era stato notificato ad una ex insegnante, Annalucia Cecere, oggi 53enne. Gli altri due invece ancora nei confronti dello stesso Soracco e dell'anziana madre, per false dichiarazioni rese ai pm.

L'indagine aveva preso le mosse dal lavoro della criminologa Antonella Pesce Delfino, che, riprese in mano le carte del caso, aveva individuato una pista fino ad allora rimasta intentata con al centro l'ex docente, che si sarebbe invaghita del commercialista e avrebbe ucciso la ragazza, mossa forse dalla gelosia.

Un rapporto quello con Soracco che il commercialista stesso ha più volte smentito in questi anni raccontando di una conoscenza solo superficiale con Cecere, che al tempo venne attenzionata, sentita ma la cui posizione venne archiviata velocemente fino al 2021 e alla nuova indagine.

Nell'ultima inchiesta fanno in tempo ad entrare anche alcuni stralci di una telefonata anonima che arriva nella casa del commercialista e alla quale risponde la madre. Una chiamata che risale a un paio di mesi dopo il delitto di Nada Cella nel 1996 nella quale fu una voce femminile, apparentemente avanti con gli anni, racconta alla sua interlocutorice, un po' in dialetto e un po' in italiano: "Venivo giù in macchina. L'ho vista che era sporca, ha infilato tutto nel motorino e io l'ho salutata e non mi ha guardato".

Un riferimento nel quale gli inquirenti avrebbero identificato Cecere, che sarebbe stata vista dalla presunta testimone uscire nelle ore dopo il delitto, sporca di sangue, dal condominio di via Marsala. 

Il non luogo a procedere ha prosciolto la ex insegnante, ma la domanda resta: a chi apparteneva la voce anonima di quella telefonata?

Un'identificazione forse oggi fuori tempo massimo ma che forse avrebbe potuto fornire elementi indispensabili per portare gli inquirenti a trovare l'autore di un delitto rimasto senza colpevole.

Valentina Carosini

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