Doveva essere un luogo destinato alle aule studio. Poi, doveva ospitare il mercato dei prodotti agricoli a chilometro zero. Poi, doveva diventare sede del centro per i disturbi alimentari. E poi mille altre ipotesi ancora.
Per il futuro dell’ex stazione ferroviaria di Pra’, negli scorsi anni, sono state fatte molteplici discussioni, si sono proposte varie idee, senza che nessuna andasse a buon fine. Poi, l’edificio che un tempo ospitava lo scalo della delegazione, prima che la ferrovia venisse spostata verso il mare, è diventato un ‘opificio digitale’: termine complicato, dietro al quale sta sì una proposta innovativa, ma che ancora va spiegata meglio alla cittadinanza, anche per provare a contrastare le critiche di ‘progetti calati dall’altro’ e ‘senza la condivisione con il territorio’.
Ecco allora che Guido Barbazza, presidente del Municipio VII Ponente, accetta di raccontare che cosa c’è dietro a quel ‘parolone’. “L’opificio digitale, noto anche come Casa delle Tecnologie Emergenti - afferma - è nato nel periodo della primavera del 2022. Vi erano fondi specifici per le nuove tecnologie a disposizione delle civiche amministrazioni, abbiamo discusso questa opportunità con il vicesindaco e assessore ai Lavori Pubblici e al Bilancio, Pietro Piciocchi, e abbiamo capito che l’ex stazione di Pra’ poteva essere un contenitore adeguato. Per lo più, il tutto in tempi abbastanza rapidi. Ecco perché siamo andati avanti”.
Barbazza ricorda: “L’ex stazione era stata ristrutturata al suo esterno, ma niente era stato fatto al suo interno. Così giaceva inutilizzata dal 2004. Dentro, l’edificio era completamente inservibile. Chi si lamenta del percorso non condiviso, forse non ricorda questa storia. Hanno avuto tutto il tempo per provare a fare qualcosa, ma non l’hanno fatto”.
Ecco allora che i fondi per la ristrutturazione “erano preziosi. Sono stati rifatti tutti gli impianti, la struttura è stata dotata di ascensore ed è nata questa vocazione digitale”. Il Comune mantiene la gestione per due anni, poi la struttura dovrà andare avanti con le proprie gambe.
Ma che cosa ospita l’opificio digitale? “È un contenitore di startup. Adesso, sono presenti alcune startup che si occupano della produzione dei contenuti digitali e multimediali per tutta la rete dei Musei di Genova. Poi, ci sono sale per gli eventi e una camera immersiva, che coinvolge in prima persona spettatori o utenti in esperienze visive, interattive e d’impatto. Mi piace sottolineare il fatto che questa è una struttura viva, tutti i giorni”.
Poi, viene aperta in occasione degli eventi, “come quello dello scorso luglio, che è stato intitolato ‘Il futuro e l’innovazione incontrano la città di Genova’. È stato un bellissimo momento di confronto, oltre che di partecipazione della cittadinanza, e anche un’occasione di indotto per il territorio”. Per il futuro, si pensa ad aumentare il numero delle startup, “perché ovunque gli incubatori sono esperienze di successo. Portano idee, attrattività, energia, spinta creativa, lavoro e ricadute positive sul territorio”. Barbazza ne è convinto: “I risultati si vedranno, noi siamo fiduciosi”. Intanto, più questa struttura, ancora percepita come ‘aliena’, sarà in grado di incontrare il territorio, più sarà compresa e accolta positivamente. Al netto dei mugugni durissimi a morire. Ma questa è decisamente un’altra storia, che nulla ha a che fare con la tecnologia.