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Attualità | 18 agosto 2024, 08:15

Radici antiche per una ‘voce’ moderna, il genovese Christian Olcese incanta Pontremoli

Con "L’età della Resa”, giovane poeta e regista ha conquistato il prestigioso premio ‘La via dei Libri’. Dieci poesie in cui l’autore, con una profondità rara, indaga la condizione umana

Radici antiche per una ‘voce’ moderna, il genovese Christian Olcese incanta Pontremoli

Un nuovo prestigioso riconoscimento è arrivato per Christian Olcese, il regista e poeta genovese che lo scorso fine settimana si è aggiudicato il premio ‘La via dei Libri’, assegnato dalla Città di Pontremoli, per il suo volume di poesie “L’età della Resa” edito da Fermenti Editrice.

Per la ricercatezza linguistica e per i contenuti, il libro di poesie di Olcese sin dalla sua uscita, due anni fa, è stato da subito amato dalla critica. Con il premio letterario assegnato lo scorso fine settimana, arriva un ulteriore plauso all’impegno e all’intuito di un artista dei giorni nostri che come pochi altri riesce ad attingere dal passato, scavando oltre la superficie delle cose.

Dieci componimenti che si susseguono, una struttura ciclica che ripropone la ricerca costante e che si muove nel tempo, indagando il rapporto tra anima, corpo e mente, fulcro di ‘L’età della Resa’.

Sono felicissimo di aver vinto il premio, una sorta di premio satellite del Premio Bancarella che è uno dei più importanti a livello letterario che vengono assegnati in Italia - racconta il poeta e regista - A consegnarmi il premio è stata Marina Pratici, una cavaliera della nostra Repubblica, due volte candidata al Nobel e con cinque lauree honoris causa, un personaggio illustre nell’ambito letterario”.

Olcese, coi suoi ventinove anni appena compiuti, è uno degli autori più giovani a essersi aggiudicato il premio: “Il ‘bancarellino' è un premio molto grosso, sono orgoglioso”.

Una mostra ispirata alle dieci poesie e un libro che si distacca nettamente dai canoni convenzionali dell’oggi: “È un libro che parla dell'uomo e dell’accettazione. È un lungo percorso all'interno dell'essere umano, e del percorso stesso che compie. Il libro continua a piacere, soprattutto per questa ricerca linguistica che ho voluto usare, perché dà degli spunti che portano a riflessioni diverse rispetto a quelle proposte al giorno d’oggi. Mi capita che qualcuno mi fermi ogni tanto e mi dica che, leggendo il libro, è andato a cercare il significato di alcune parole sul dizionario”.

Questo per me è importante - prosegue l’autore - perché significa che sto facendo un importante lavoro di divulgazione. Siamo in una fase decadente dal punto di vista culturale e se leggendo un libro qualcuno si muove per scoprire il significato, inizia a esserci una sorta di cultura-terapia”.

Parole spesso desuete, che spingono lettori e lettrici a ricercare i vocaboli e comprenderne il significato tramite definizione per trasmettere la bellezza dell’indicare oggetti, sentimenti e luoghi con un preciso nome.

Un lessico mai banale che, in qualche modo, sembra trovare ispirazione in un cantautore del recente passato, Fabrizio De André, nel venticinquesimo anniversario della sua scomparsa: “Viviamo a Genova, siamo nel mondo di Faber e veniamo plasmati dalla sua presenza. Per me questo è stato un elemento importante che, in un periodo storico complesso, mi ha portato a voler cercare. Proprio mentre stavo realizzando il cortometraggio su Faber, Maurizio Lastrico mi ha trasmesso questa suggestione perché lui per primo ricerca le parole ed è bello pensare che l’artista sia una persona che ha una certa responsabilità verso gli altri”.

La condizione umana, nel libro, è sempre al centro della ricerca del poeta in cui si nasce “arresi perché non si sceglie di essere messi al mondo. L’uomo per tutta la vita - continua Olcese - cerca di raggiungere questa pseudo libertà, cerca di capire come mai è nato arreso e si scontra col giudizio della vita. Alla fine capisce di non poter raggiungere questa libertà e torna indietro allo stadio primordiale, quello appunto della resa”.

Un ritornare indietro fatto di accettazione, in cui, quasi in modo mistico, l’autore indaga un corpo che parla con l’anima e con lo spirito, con quest’ultimo che si tramuta in mediatore tra gli altri due.

Siamo figli della poesia - conclude Olcese - se oggi stiamo parlando è grazie a chi, prima di noi ha scritto poesie; è grazie a Bembo che ha definito la lingua”.

Isabella Rizzitano

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