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Attualità | 14 agosto 2024, 08:00

Ponte Morandi, sei anni dopo - "Così mi fermai a un passo dal viadotto spezzato"

Il ricordo di Silvia: "Stavo per sorpassare altre due auto nella galleria di Coronata e poi mi sono detta: ma nella vita non si può sempre correre"

Ponte Morandi, sei anni dopo - "Così mi fermai a un passo dal viadotto spezzato"

Dieci minuti, casello a casello. "È comoda Multedo, c'è l'ingresso dell'autostrada, in un attimo sei in centro". Due ragazze se lo raccontano convinte in una sera d'agosto mentre rientrano dopo una cena, quella prima di salutarsi e partire per le ferie e poi ritrovarsi a settembre quando tutto riparte.

Una delle due ha un'attività ricettiva, fa la spola dallo spezzino a Genova anche se a Multedo è nata e cresciuta. Per questo, nonostante il giorno di vigilia del Ferragosto, e anche perché quella mattina piove a dirotto, esce di casa e non prende la vespa. Sale in macchina e un po' di fretta infila il casello di Pegli, svolta a destra e entra in A10. La sua amica, che è una maniaca ossessiva della lentezza stradale, ogni volta che sono insieme attacca la solfa: "Vai piano. Più piano del piano". 

Diluvia quel 14 agosto e c'è da andare in centro perché una famiglia di turisti sta arrivando nel b&b che Silvia gestisce, nel centro storico. Si prepara l'accoglienza, si aspetta l'arrivo e poi si torna a casa. E invece no. Passa il casello di Aeroporto, e sta quasi per sorpassare una o due auto, poi ci ripensa e rallenta, perché "non si può sempre correre", si dice tra sé e sé.

Il traffico fa lo stesso, si accumula dentro la galleria di Coronata, sempre più spesso, fino a fermarsi. La macchina di Silvia è la terz'ultima prima della fine della galleria che si tuffa sul ponte Morandi. Non c'è neanche il tempo di chiedersi che razza di traffico ci possa essere quella mattina, che mettendo a fuoco incredula Silvia vede un gruppo di gente a piedi che corre dentro la galleria, tra le auto che inchiodano. Sono le 11,40 circa del 14 agosto 2018 e Genova non è già più la stessa. 

Dalla galleria dell'autostrada sotto la collina di Coronata sulla A10, direzione Genova Ovest, la ragazza prende il telefono, chiama casa e poi l'amica. "È crollato il ponte Morandi". Dall'altra parte della cornetta l'interlocutrice sta zitta, ma pensa in sequenza di aver capito male, e poi ad un allarme per un distacco di materiale da sotto le arcate del viadotto, come tanti ce n'erano stati negli anni fino a quel momento, denunciati di volta in volta dai comitati della zona.

"No - dice Silvia - è crollato tutto, è crollato il ponte. È crollato". La voce è sicura, totalmente sicura, così dice la gente che è corsa dentro la galleria terrorizzata, mentre intorno si scatena un panico comprensibile e tangibile, lasciando le auto fuori, sulla parte di viadotto che dal lato Cornigliano si sporge come un trampolino verso la valle del Polcevera, interrotto da una voragine dove prima c'era la carreggiata. Passano i minuti. Sotto la telefonata si sentono polizia stradale e soccorritori che passano di auto in auto a controllare, cercando di mantenere la calma, invitando a rientrare nei veicoli chi è in sosta in galleria.

"Dicono di aver visto cedere un tirante e cadere una parte di corsia. Ora ci fanno fare inversione", spiega ancora Silvia al telefono, mentre la testa ritorna a tutte le volte in cui, in coda fermi sul ponte, tutti abbiamo sentito sobbalzare la carreggiata sotto il peso dei tir che si immettevano sul viadotto, il pensiero torna a tutte le 'voci' e a tutti i 'dettagli strutturali' che qualunque automobilista genovese si è ripetuto tra sé e sé fino a farli diventate un coro rassicurante, 'è fatto apposta, se fa così significa che resiste a urti e scosse'.

Non era fatto apposta, anzi dal lato di ponente miracolosamente rimasto in piedi la struttura, lo diranno dopo le perizie, era ridotta peggio che dal lato di levante effettivamente crollato.
Un filo di pensieri e parole che dura pochi istanti che sembrano una vita.

Intanto a bordo della sua macchina Silvia carica una mamma con due bambini, mentre il marito della donna va a spostare il suo veicolo. Sono di Arenzano, si ritroveranno al casello. I soccorritori fanno invertire la direzione alle macchine in galleria e creano un varco per far defluire gli automobilisti verso ponente, mentre dall'altra parte del tunnel il silenzio è sovrastato dalle sirene di ambulanze, pompieri, forze dell'ordine, da decine, che accorrono sul posto. Silvia risale sulla sua macchina verde bottiglia, che è ferma ed è sempre la terz'ultima prima della fine della galleria e ripensa a quando la pioggia o chi per lei le ha frenato la fretta e le ha impedito di superare le auto più lente sulla destra, rallentando di una manciata di secondi la sua uscita sul viadotto. "Perché non si può sempre correre". Riparte verso ponente e guida fino a Cogoleto dove la aspetta la sua amica che ha ancora il telefono in mano.

Valentina Carosini

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