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Cultura | 09 agosto 2024, 08:15

Alla scoperta dei Rolli - Da palazzo dell’ambasciatore spagnolo a scrigno della pittura seicentesca: Palazzo Agostino Ayrolo

Oggi noto con il nome di Ayrolo Negrone, il magnifico edificio è frutto di un accorpamento e di numerose modifiche che, dalla sua fondazione fino all’Ottocento, hanno reso l’aspetto attuale. Cuore degli spazi è la galleria che conserva una preziosa decorazione a fresco il cui protagonista è Enea

Di Carlo Dell'Orto - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=43627538

Di Carlo Dell'Orto - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=43627538

Prosegue oggi, e andrà avanti per tutti i venerdì successivi, ‘Alla scoperta dei Rolli’, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato a una delle caratteristiche principali della nostra città, che è valsa anni fa il riconoscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Si tratta del sistema dei Palazzi dei Rolli: edifici che sono vere e proprie perle del centro storico e non solo. Vi accompagneremo dentro con i nostri racconti, ve li faremo scoprire con le fotografie, vi illustreremo aneddoti e curiosità. Sempre per amore di Genova e delle nostre eccellenze. Buon viaggio insieme a noi!

Imponente e magnifico, ampio a tal punto da essere uno dei più estesi, palazzo Agostino Ayrolo, oggi noto come palazzo Negrone Ayrolo, è frutto di una serie di modifiche e accorpamenti durati per oltre trecento anni.

Una preesistenza cinquecentesca, acquistata dall’ambasciatore della corona spagnola a Genova Francesco De Ugarte, venne modificata già nel terzo decennio del Seicento ma fu quando Agostino Ayrolo, figlio del primo proprietario Gio Tommaso e acquirente del corpo di fabbrica confinante, entrò in possesso del palazzo del padre che l’edificio iniziò a prefigurarsi come uno degli edifici più ammirati e magnificenti, anche per le decorazioni.

A metà Seicento fu proprio Agostino, in occasione del suo matrimonio, a commissionare a Giovanni Battista Carlone la decorazione della volta della Galleria. Il tema è quello delle storie di Enea e, a far compagnia al soggetto, sono i colori vibranti che giocano con la luce naturale che filtra dalle finestre.

Le balaustre che incorniciano le scene creano quella soluzione di continuità che fa dell’illusione la sua più alta forma.

La prospettiva sfonda gli spazi fisici e ‘disintegra’ l’architettura: Carlone piega le scene: Giunone spinge Marte ed Eolo a ostacolare Enea, dalla parte opposta, Venere lo presenta a Giove.

Un ricco corollario di figure allegoriche, di virtù, personaggi che completano l’affresco diventano celebrazione del protagonista.

Ma quella del Carlone non è l’unica rappresentazione che si incontra.

Quando alla famiglia Ayrolo subentra la famiglia Negrone, ancora oggi proprietaria dell’immobile, la galleria viene ulteriormente impreziosita con un ciclo di affreschi affidato al pittore fiammingo Cornelius De Wael che rappresenta la battaglia di Lepanto del 1571. A quella battaglia contro i Turchi avevano partecipato proprio anche gli esponenti del casato.

L’opera è importante perché si tratta di una delle pochissime testimonianze dell’attività a fresco del pittore fiammingo.

La galleria, vero cuore di tutti gli ambienti, ospita anche opere di Bartolomeo Guidobono, pittore savonese, che in questo spazio tramite la sua opera realizza delle ‘cerniere’ per unire la volta alle pareti.

Ma le opere d’arte che questo palazzo raccoglie sono molteplici e vedono numerosi esponenti avvicendarsi per aggiungere ciascuno un tocco in più di meraviglia.

Architettonicamente, il prospetto su piazza Fontane Marose, come lo si può ammirare ancora oggi, è frutto di un ridisegno settecentesco di Antonio Barabino, padre di Carlo. Sarà però il figlio, geniale innovatore di tutta la città, a realizzare un secondo portale d’accesso necessario con l’apertura di via Carlo Felice, l’attuale via XXV Aprile.

Isabella Rizzitano

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