Un anno dopo, di questa storia rimangono un cappello da cowboy preso in Texas, i peluche tutti colorati, i video dei palloncini che si levano in volo sul sagrato della chiesa di Pegli. Rimangono un nome, un volto, una fotografia, una corsa speranzosa contro il tempo e, alla fine, anche contro l’ineffabile destino.
Ma soprattutto, un anno dopo, di questa storia rimane un infinito, immenso, incrollabile amore: quello che un’intera città seppe manifestare stringendosi intorno alla famiglia Mondini, mamma e papà, genitori di quella piccola Nora Mondini mancata all’età di soli cinque anni a causa del Sarcoma di Ewing, dopo aver lottato per mesi e dopo aver tentato ogni tipo di cura, compresa una spedizione negli Stati Uniti, in un centro specializzato proprio per quella malattia.
La vicenda di Nora, un anno fa, toccò le corde del cuore e tutta Genova (e non solo) si mobilitò per lei e per aiutare la famiglia, che con tante aspettative, e con l’aiuto concreto di migliaia e migliaia di persone, si era messa in marcia alla volta del Texas. Nora aveva risposto alle primissime cure, poi c’era stato bisogno di altri cicli di terapia (costosissimi), ma la situazione era andata peggiorando, sino a che, di ritorno a Genova, per la piccola non rimanevano altro che i palliativi, nell’attesa (questa volta drammatica), che arrivasse la notizia peggiore.
È trascorso un anno da quei momenti e mamma Laura e papà Marco Mondini, che nel frattempo hanno potuto provare la gioia della nascita di un altro figlio, il che ha reso meno triste questo lutto comunque enorme e profondamente ingiusto, tengono a ricordare la propria figlia e anche chi, in quei tragici momenti, fu vicino a loro: i moltissimi amici, la delegazione di Pegli in primis, le tifoserie di Genoa e Sampdoria, le varie associazioni genovesi, il mondo del volontariato, gli ambienti ecclesiastici.
Oggi, che sono trascorsi dodici mesi, sarebbe stato bello raccontarla diversamente, questa storia: perché i miracoli esistono, e sono anche di questo mondo. Peccato, invece, aver dovuto scrivere di un feretro bianco, di un’omelia pronunciata con il pianto in gola, peccato aver dovuto scrivere di tanti perché la cui risposta è rimasta non solo nella penna, ma soprattutto nella testa, piantata come un macigno.
Restano il bel sorriso di una bambina, quella partenza in aereo ricolma di buoni propositi, quell’empatia collettiva che portò la cittadinanza a fare il tifo per una bambina che, in quelle settimane, fu come la figlia di tutti noi, la persona che lottava per la vita, l’inno al coraggio, alla resistenza, al voler guarire oltre a ogni costo e oltre a ogni logica. Di Nora ci rimane questo: lo straordinario esempio, perché non è vero che gli adulti non possono imparare dai bambini.
A volte, succede esattamente il contrario, ed è proprio per questo che una storia d’amore non diventa mai vecchia, nemmeno tra due, dieci, cento o mille anni. Un abbraccio di cuore alla famiglia di Nora, agli amici, a tutti quelli che ci hanno creduto. Se c’è un esempio di cosa vuol dire gettare il cuore oltre l’ostacolo, rimane qui, e rimane per sempre. Negli occhi di una bambina che non c’è più ma che, in ogni momento, rimarrà a dirci che cosa significa voler vivere. E perché bisogna sempre aggrapparsi alla speranza.