Attualità - 25 luglio 2024, 08:00

Lo stadio negato alla musica: l’ultimo concerto al “Ferraris” risale a vent’anni fa. Genova, che fatica con i grandi eventi

Perché qui non si riesce a organizzare qualche appuntamento di richiamo? È da tempo il rompicapo dei promoter, mentre il nuovo Palasport è poco capiente e l’impianto di Marassi sempre più in declino

Di grandi concerti Genova, in passato, è stata città protagonista.

Dall’invenzione del pop, con l’arrivo dei fenomeni di massa come i Beatles, giunti al palazzetto della Foce perché, secondo Paul McCartney, la città assomigliava tanto a Liverpool, passando per i grandi appuntamenti con i nomi della musica italiana come Vasco Rossi che, piaccia o no, in qualche modo ha segnato l’ultimo grande evento di massa in città, Genova oggi si trova fuori dalle ‘rotte musicali’ che fanno segnare decine di migliaia di spettatori nei palasport e numeri ancora più grandi negli stadi.

Eppure, a ben vedere, un Palasport, specialmente di recente risistemazione, e uno stadio, non mancano nemmeno nella Superba.

Allora perché qui non arrivano i grandi cantanti e quando i grandi eventi ci sono, sembrano comunque non essere all’altezza?

Le risposte a queste annose domande che intasano la testa dei promoter, dei tecnici e degli appassionati di musica sembrano molteplici e ogni volta sembra spuntare una soluzione che, per un verso o per l’altro, si rivela vana.

A poco sembrano valere gli sforzi di aumentare le capienze, vedi l’impegno portato avanti per l’Arena del Mare che da quest’anno può ospitare seimila persone perché il problema è complesso e richiede soluzioni sinergiche capaci di tenere conto delle esigenze di chi con gli eventi si garantisce il futuro (e di conseguenza lo garantisce a dipendenti e collaboratori), della città che deve preservare la qualità della vita di chi dall’evento non vuole essere coinvolto, e dell’amministrazione che si deve mostrare ricettiva nelle richieste e disposta a un dialogo costruttivo.

Il primo e più semplice punto potrebbe riguardare la gestione delle tempistiche legate agli eventi. Negli ultimi anni si è assistito a un incremento dell’offerta durante il periodo estivo, certamente più affascinante e meno ‘rischioso’ in fatto di eventi all’aperto.

Questo però, inevitabilmente, ‘taglia le gambe’ a molti che, ora per questioni economiche, ora per quelle di tempo, sono costretti a compiere scelte che, con tempistiche diverse, non sarebbero state prese in considerazione aumentando il pubblico a ogni evento.

Una regia condivisa, che coinvolga le associazioni che organizzano concerti e non solo, potrebbe in un certo qual modo iniziare a dare una direzione condivisa alla proposta di intrattenimento della città. 

Ma a questo deve essere affiancata la possibilità di spazi, strutture adeguate, capaci di accogliere migliaia di spettatori, rendendo la città attrattiva.

Ovviamente, questo deve aprire a ragionamenti in termini di trasporto pubblico e privato, di servizi all’altezza e tutto ciò che ne consegue.

Spazi come quello del palasport, per esempio, permetterebbero di spalmare gli eventi anche nei periodi invernali accogliendo show con palchi importanti.

Certo, i teatri fanno già un gran lavoro ma lo spettacolo che permettono di mettere in scena non sempre è ciò che l’artista di turno sta portando in giro.

La conseguenza? Genova cancellata dai tour.

Il ragionamento dunque dovrebbe svincolarsi da alcune dinamiche e gli spazi per l’intrattenimento dovrebbero essere tali 365 giorni l’anno.

Tornando all’esempio del palasport, per andare nel concreto, la riduzione della capienza sugli spalti ha creato un precedente che non ha fatto piacere a molti. Una scelta (da 15mila a massimo 5mila posti) che vede così sparire la possibilità di impiegare la struttura per spettacoli (vedasi la programmazione del Palaolimpico a Torino per avere un’idea), e con essa anche la possibilità di generare indotto dai grandi eventi.

I recenti concerti evento a Milano, leggasi tra le righe la doppia data di Taylor Swift che ha portato centotrentamila persone in due giorni a San Siro, sono la riprova che l’indotto generato da questi eventi è un volano da non sottovalutare: alberghi, strutture ricettive, ristoranti e non solo, hanno accolto persone da tutto il mondo accorse per vedere la cantante lasciando in città quasi cento ottanta milioni di euro (stima ufficio studi della Confcommercio di Milano, Lodi, Monza e Brianza).

Qui sembra tutto un mordi e fuggi, in pieno stile croceristico.

Cambiare le carte in tavola, dunque, permetterebbe un ragionamento più ampio che non può mancare di coinvolgere lo stadio.

Sì, il Ferraris, ai tempi, è stato teatro di concerti come il già citato show di Vasco Rossi ma oggi non è più tra i luoghi papabili per accogliere la musica dal vivo.

Se da una parte si pensa che non sia adatto per via della posizione, con il disturbo dei residenti (cosa certo da non sottovalutare) dall’altro c’è chi ritiene che rovinare il manto erboso con la presenza di migliaia di persone possa compromettere le prestazioni delle squadre della città.

La vera motivazione però sta nella struttura dello stadio, ridisegnata prima dei mondiali del 1990, e oggi oggetti di numerosi ragionamenti sulla sua adeguatezza.

Il Ferraris oggi è uno stadio che non permette il passaggio dei camion per l’allestimento degli spettacoli e questo non consente, di conseguenza, di poterlo scegliere come location.

 

LO STADIO LUIGI FERRARIS

Lo stadio intitolato al capitano del Genoa Luigi Ferraris morto durante la Prima Guerra Mondiale, oggi è ‘casa’ di Genoa e Samp.

All’indomani della sua risistemazione, tra l’87 e l’89, l’impianto aveva mantenuto la sua caratteristica struttura all’inglese facendo dello stadio in attività più antico d’Italia una struttura unica.

Sulla carta, oltre a garantire un luogo eccellente per il calcio e il rugby, il Ferraris potrebbe diventare location ideale per i concerti se non fosse per un piccolo dettaglio: i camion che oggi trasportano i palchi e il necessario per l’allestimento non passano per gli accessi della struttura, modellati su misure vecchie di oltre trent’anni e mai veramente aggiornati.

Garantire dunque una nuova vita al Ferraris, oltre alle migliorie dal punto di vista tecnico e sportivo, permetterebbe una nuova soluzione nell’offerta dei luoghi adatti ai concerti.

Un futuro più che mai nebuloso.

A tre settimane dalla prima partita, il Genoa-Reggiana di coppa Italia in calendario per il 9 agosto, la situazione appare critica, come forse mai prima d’ora era stato.

Le società rossoblu e blucerchiata da mesi sono in ritardo con i pagamenti per un ammontare che, come riportato dall’edizione del Secolo XIX del 22 luglio, ammonterebbe a oltre un milione di euro. Dall’ultima partita di campionato, lo stadio versa in situazioni critiche tanto che nemmeno il personale pare essere presente. Il risultato è l’assenza di interventi di manutenzione ordinaria, sporcizia diffusa e campo in ritardo rispetto al suo consueto assestamento.

E pensare che pochi mesi fa sembrava fatta per il nuovo stadio salvo poi la brusca frenata per la firma dell’accordo con il Comune.

 

 

IL PALAZZETTO DELLO SPORT E LO STADIUM DELLA FIUMARA

Presentato alla stampa lo scorso 8 luglio, in nuovo Palazzetto dello Sport, nel progetto dell’archistar Renzo Piano, ha mantenuto la pianta circolare che lo ha contraddistinto sin dalla sua nascita, nel 1962, e preservato la copertura in vetroresina, vincolata dalla Soprintendenza.

Inserito nel più ampio contesto del Waterfront di Levante, il Palasport nel suo attuale ridisegno potrà ospitare cinquemila persone ma solo per alcuni eventi e con deroga speciale che, qualora non ci fosse, fermerebbe gli spettatori a 3.999. Numeri di molto inferiori rispetto alla capienza di quindicimila persone del progetto di Leo Finzi.

Durante la presentazione, il sindaco di Genova Marco Bucci aveva ribadito come la struttura fosse un ‘hub multinazionale che può adattarsi alle esigenze mutevoli della nostra comunità’. Ancora: “La versatilità degli spazi interni consente di ospitare diverse discipline sportive, migliorando l'accessibilità e l'utilizzo del nostro impianto. Abbiamo voluto garantire un'esperienza superiore agli spettatori e agli atleti. Dalla qualità delle sedute alla tecnologia acustica avanzata, ogni dettaglio è stato curato per creare un ambiente accogliente e stimolante per tutti coloro che varcheranno le soglie di questo Palasport rinnovato”.

Insomma, sulla carta non sembra un luogo papabile per eventi di grandi dimensioni.

Nato come ‘Nuovo Palasport’, l’RDS Stadium ha visto il recupero dello scheletro esterno del vecchio capannone, quel telaio rosso che caratterizza l’aspetto della struttura. Utilizzato per Convention, eventi sportivi e concerti, in passato ha ospitato Ligabue, Ex Otago, Bob Dylan e musical come Notre Dame de Paris. Cinquemila posti a sedere per eventi sportivi e spettacoli che possono arrivare a settemila trecento settantasei, oggi non sembra appetibile per gli eventi.

 

COSA FARE?

In un periodo storico in cui accanto alla parola ‘resilienza’ compare sempre più spesso ‘sinergia’, la svolta a una situazione di impasse sembra essere proprio quest’ultima.

Tornare a pensare a ragionamenti condivisi, all’ascolto e alla condivisione di intenti ricordando che ciascuno può avere uno spazio e portare la propria visione dello spettacolo potrebbe costituire l’inizio di un nuovo percorso per Genova, rimettendola all’interno dei circuiti dei grandi concerti.

Se non si vuole lavorare per creare almeno un luogo che permetta di accogliere i grandi spettacoli, bisogna allora avere il coraggio della scelta e dire apertamente che la città non potrà accogliere eventi del genere, lasciando che siano Torino e Milano (città che hanno spazi e lavorano in questa direzione da diversi anni) a ‘cannibalizzare’ il pubblico, acchiappandosi l’indotto generato dai concerti.

Attenzione però a pensare che grandi numeri siano sinonimo di qualità. 

Se da un lato i grandi show hanno una costruzione che coinvolge decine, se non centinaia di professionisti e garantisce oggi più che mai una performance di altissimo livello e di impatto scenico, i concerti che si possono realizzare in spazi più piccoli, altrettanto, sono capaci di un’emozione, una tecnica e una spettacolarità altrettanto piacevoli.

Uno non esclude l’altro e il gusto personale deve essere sempre la discriminante con cui l’utente finale sceglie cosa andare a vedere.

Ma in questo momento, la scelta, come si vede, viene fatta da altri.