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Cronaca | 23 luglio 2024, 08:00

Cronache nere diventate storie - Il delitto del trapano ancora irrisolto dopo ventinove anni

Il 5 settembre del '95 sembra una giornata come le altre, Luigia Borrelli arriva in centro storico in mattinata, ma non verrà più trovata viva. Negli anni, tante altre morti intorno a lei

Cronache nere diventate storie - Il delitto del trapano ancora irrisolto dopo ventinove anni

Prosegue questo martedì, e ci terrà compagnia per tutti i martedì successivi, ‘Cronache nere diventate storia’, un ciclo di articoli dedicati a misteri, casi irrisolti, casi riaperti dopo anni, episodi e vicende che hanno interessato la nostra regione e che sono diventati, nel tempo, memoria collettiva, passando dalle pagine dei giornali alle trasmissioni televisive, sino ai libri e ai podcast. Ad aprire le finestre sul passato è Valentina Carosini, la nostra giornalista da anni impegnata tra cronaca nera e palazzo di giustizia per agenzie e testate nazionali. 

Quante volte c'è il rischio di perdersi tra incroci, dettagli e coincidenze in ventinove anni? Veloci, sono passati quasi tre decenni e i luoghi in cui si svolge questa storia sono forse gli unici testimoni rimasti di un delitto ancora senza colpevole. Gli incroci dei vicoli di Genova all'ombra della Cattedrale di San Lorenzo, riparati anche di giorno da sole e occhi indiscreti, dove si passa velocemente, si entra e si esce da un portone inghiottiti nel ventre scuro della città. Se succedesse oggi, le telecamere di cui sono tappezzate strade e piazze avrebbero qualcosa da raccontare di immediato, forse restituirebbero un volto o una sagoma, un dettaglio al quale risalire. 

Ma nel settembre del 1995 non c'erano occhi elettronici a sorvegliare vico Indoratori. Forse sarebbero serviti a trovare un colpevole per un fatto di sangue, e magari a fermare una scia di morti, altri quattro, tutti legati l'uno all'altro e alle radici comuni di una storia nera.

Luigia Borrelli nel '95 è una donna di quarantadue anni, infermiera in un ospedale della città. È vedova, ha due figli, un ragazzo di ventidue e una ragazza di diciannove anni e lavora con fatica per mantenere la sua famiglia e ripagare un grosso debito lasciato 'in eredità' dall'ex compagno, morto improvvisamente. Si scrive 'prestito' ma si legge 'usura', e la donna è costretta dalle circostanze a trovare una soluzione alternativa, prende in affitto un basso al numero 64 di vico Indoratori e lì, con lo pseudonimo di 'Antonella', si prostituisce.

L'attività ha un certo successo e i clienti non mancano, così come non mancano i problemi con la 'concorrenza' che non vede di buon occhio il suo insediarsi in quella zona dei vicoli, zona gestita da sfruttatori.

Il 5 settembre del '95 sembra una giornata come le altre, 'Antonella' arriva in centro storico in mattinata, qualche conoscente la incontra al bar all'angolo di piazza San Matteo, qualcuno la vede in un ristorante a pranzo. Poi, più nulla. La figlia di diciannove anni si allarma il giorno dopo, quando si accorge che la madre non è rincasata la sera prima. 

Cominciano le ricerche, viene contattata la donna che ha dato in affitto il locale di vico Indoratori a Borrelli, arrivano i carabinieri che sfondano la porta e si trovano davanti una stanza a soqquadro, segni di lotta e il corpo della quarantaduenne in un lago di sangue riverso sul pavimento del basso, ferita a morte e con un trapano conficcato nel collo. Sarà il dettaglio a dare il nome al caso, il 'delitto del Trapano'. 

Le indagini scattano da subito, da subito in salita. Un delitto 'della camera chiusa', dal basso non è stato visto entrare o uscire nessuno, o almeno nessuno ne ha dato testimonianza, celando eventualmente un'informazione preziosa.
Vengono messi sotto la lente in ordine il figlio della donna, poi rilasciato, un elettricista cinquantenne che lavorava alla ristrutturazione del pied-à-terre risultato proprietario del trapano con cui è stata ferita 'Antonella'.

L'elettricista, che ha delle ferite strane sulle braccia nei giorni seguenti il delitto di cui non sa dare una spiegazione precisa, viene indagato e sottoposto anche ad esame del dna. Il giorno prima della convocazione in Tribunale, sale sulla sopraelevata e si getta nel vuoto con una serie di biglietti in tasca in cui rivendica la sua innocenza, poi scagionato anche dai referti degli esami arrivati post mortem.

Meno di un anno dopo, è la donna che aveva affittato il basso a Borrelli ad essere trovata senza vita, morta in circostanza non chiare e dopo aver assunto una grossa dose di farmaci. 

Il mistero non accenna a voler essere dipanato, si infittisce anzi ogni volta in cui ci si avvicinava anche solo furtivamente ad una possibile svolta. Mentre le indagini proseguono e si sonda anche la pista di una spedizione punitiva, insieme a quella della malavita locale, nel 2004 a nove anni di distanza arriva una lettera anonima, recapitata al Pm titolare dell'inchiesta, nella quale l'autore rivendica il delitto.

Nel 2014 è invece il figlio di Luigia Borrelli a togliersi la vita, gettandosi dal Ponte Monumentale di Genova. Solo un anno fa, in seguito ad una testimonianza della figlia di una collega infermiera della vittima, i sospetti si spostano su un'altra pista, quella di un noto primario di un ospedale genovese, cliente abituale di 'Antonella', che nei ricordi era stato visto con strani graffi e ferite nei giorni successivi il delitto.

Deceduto da anni, il medico è stato scagionato dalle risultanze degli ultimi esami effettuati. Resta un'ultima pista, che porta ancora ad un cliente misterioso e facoltoso, mentre il movente sembra concentrarsi sul ricatto economico. Un'altra possibile svolta, in attesa di una soluzione e di un colpevole che ancora mancano, a quasi trent'anni di distanza. 

Valentina Carosini

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