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Attualità | 05 luglio 2024, 08:00

Alla scoperta dei Rolli - Una ‘torretta’ per sorvegliare la città da palazzo Gio Battista Grimaldi

L’ingresso quasi nascosto dalla chiesa di San Luca, il vano scale che rimanda all’Alessi e un’altana, poi modificata nell’Ottocento, da cui osservare la città. Dalle Volte dei Grimaldi fino ai giorni nostri, il palazzo attraversa quattro secoli e più

Alla scoperta dei Rolli - Una ‘torretta’ per sorvegliare la città da palazzo Gio Battista Grimaldi

In parte celato da quello straordinario gioiello che è la chiesa di San Luca, affacciata sull’omonima piazzetta che dà titolo anche alla strada, Palazzo Gio Battista Grimaldi di vico San Luca è un tesoro che attraversa gli ultimi quattrocento anni offrendo l’immagine di sé che riporta alla sua fondazione.

Il palazzo, sin dalla sua realizzazione, venne inserito nei bussoli dei Rolli, passando dal secondo al terzo nei diversi censimenti. 

Venne fatto riedificare attorno al 1610 dal marchese Giovanni Battista Grimaldi partendo dalla preesistenza di quattro abitazioni ‘poggiate’ su un portico, le cosiddette volte dei Grimaldi (volte Grimaldorum) la cui presenza è attestata già nel XIII secolo.

Il progetto dell’edificio dei Grimaldi, oggi attribuito ad Andrea Ceresola, detto il Vannone che già aveva lavorato in Banchi, inizialmente si ritenne potesse essere dell’Alessi.

A far nascere il dubbio fu la distribuzione dei volumi come quella del sistema atrio scala, modulato proprio secondo le soluzioni alessiane, che conferisce al palazzo lo stile nobiliare moderno: un ampio ingresso con alti soffici, concepito come area di stoccaggio e commerciale, è la base su cui poggiano due piani nobili separati da un marcapiano.

 

Peter Paul Rubens rilevò l’edificio e lo inserì nell’edizione del 1652 de ‘I palazzi moderni di Genova’. Proprio nei disegni dell’artista si individua la caratteristica del palazzo, l’altana sul tetto, una sorta di torretta terrazzata che consentiva di osservare la città e di poterla, in un certo qual modo, sorvegliare, modificata poi nel corso del XIX secolo.

Agli anni trenta del Settecento risalgono gli affreschi tardobarocchi che la famiglia Grimaldi commissionò a Lorenzo De Ferrari, ultimo esponente della famiglia di artisti che ha lasciato una importante traccia nella storia della città.

Luca Grimaldi, doge dal 1728 al 1730, diede incarico al pittore di realizzare decorazioni a fresco di cui oggi si possono ammirare le opere dedicate a Diana e alla Giustizia.

Negli ambienti dedicati alla Dea della Caccia, si nota al centro il mito di Aurora e Cefalo mentre, alle pareti, la dea risveglia le ancelle e sprona alla caccia al cinghiale. 

La sala intitolata alla Giustizia, invece, è un omaggio nonché una celebrazione del committente. La Giustizia, al centro, è circondata dalle allegorie e dagli effetti della buona giustizia e della cattiva giustizia, mentre regge le insegne del potere.

Dopo il doge della Repubblica Pier Francesco Grimaldi, in carica dal 1773 al 1775, il palazzo ha subito diversi cambi di proprietà.

Tra gli acquirenti ci fu anche il marchese Niccolò Brignole che lo acquistò nel 1865; fu lui a commissionare importanti lavori di decorazione e abbellimento dello scalone, dei due piani nobili e del Belvedere superiore.

Appena sotto la grane ‘terrazza’ panoramica trova spazio anche la redazione de La Voce di Genova. Una piccola ma luminosissima stanza, da cui ammirare la cupola della chiesa sottostante.

Ma a far la voce grossa in questo affascinante palazzo dove spiccano le iniziative culturali e le mostre portate avanti da Rebigo e da Arteprima Factory, è il profumo che invade il vano scale e che arriva dal Ristoro dei Grimaldi, una sciamadda che, al suo interno, conserva una antica colonna, parte probabilmente di quegli spazi che servivano ai Grimaldi per stoccare la merce.

Isabella Rizzitano

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