Videogallery - 27 giugno 2024, 08:15

Testimonial del dialetto - I Demueluìn esportano la musica genovese e l’allegria in tutta la Liguria (Video)

L’idea è nata nella semplicità e spontaneità, durante una cena nella palestra di Isoverde, nell’entroterra di Genova: “Era il 2016, lì abbiamo deciso di suonare insieme e coinvolgere le persone con canzoni in genovese”

Dopo l'intervista a Gilberto Volpara (si può leggere qui), al professore Franco Bampi (si può leggere qui), ad Anto Enrico Canale (si può leggere qui), a ‘Cito’ Opisso (si può leggere qui), a Francesco Pittaluga, (si può leggere qui), ai Buio Pesto: Massimo Morini e Nino Cancilla (si può leggere qui), al rapper genovese Mike fC (si può leggere qui), a Rita Bruzzone (si può leggere qui), ad Andrea Di Marco (si può leggere qui), a Giampiero Cella (si può legge qui), a Paolo Regati (si può leggere qui) e a Marco Carbone, in arte “U Carbun” (si può leggere qui), allo storico e archeologo Ennio Cirnigliaro (si può leggere qui), al direttore di bande musicali Cesare Garibaldi (si può leggere qui), al giovane rapper Giovanni Cambiaso, in arte Garsonetto (si può leggere qui), Carlo Sparviero, titolare dell’Ottica Sparviero (si può leggere qui), al cantautore Beppe Gambetta (si può leggere qui), all’autore e rielaboratore di classici Bruno Gattorno (si può leggere qui), a Vladi Zullo, leader de I Trilli (si può leggere qui), alla compagnia di teatro dialetto “Quelli de na votta” (si può leggere qui), al cantautore Davide Cabona (si può leggere qui), oggi abbiamo incontrato il duo de “I Demueluin”.

I Demueluìn sono un duetto di folklore ligure nato nel 2016 d formato da Giacomo Burdo e Fabio Boesino, entrambi chitarristi e cantanti.

Come nasce l’idea di formare questo duo musicale dialettale?
“È nato nella semplicità. In modo spontaneo. Eravamo nella palestra di Isoverde, nell’entroterra di Genova”.

Voi siete di lì?
“Di Campomorone. Eravamo lì (in palestra). Eravamo un po’ timidi inizialmente. Alla cena della palestra gli ho detto di portare la chitarra che magari ne cantavamo due. Lui con la chitarra suona di tutto. All’epoca avevo un gruppo musicale, una band con cui facevamo musica italiana e inglese. Da lì ha iniziato con la chitarra a suonare con grande enfasi e allora ci siamo detti: perché non fare qualche canzone anche in dialetto per coinvolgere le persone? Da lì, con l’aiuto di qualche bicchiere di vino, è uscito qualcosa di magico, uno spirito comunicativo che arriva diretto alle persone”.

Da quanti anni state girando la Liguria?
“Nel 2016 abbiamo fatto il nostro primo live, una cosa un po’ improvvisata a Sampierdarena. È lui che ci ha creduto, è un chitarrista bravo che potrebbe suonare qualsiasi genere e si è ‘abbassato’ a suonare il folk genovese. Io invece facevo il ‘belinone’. Pensavo facessimo delle brutte figure, lui invece ci ha creduto. Ci ha visto qualcosa di forte. È una cosa bella questa. Abbiamo iniziato così in piazza Settembrini a Sampierdarena. Ora non ricordo se era giugno o luglio 2016. Comunque era il 2016. Poi abbiamo iniziato a girare per le sagre, per tutta la Liguria. Siamo partiti dal Ponente. Per il mio lavoro andavo in giro e, ogni tanti, tiravamo fuori dal nostro portafoglio un biglietto dei Demueluin e da lì è partito il giro di tutta la Liguria. La cosa più bella è trovare i giovani. A noi piace tutto, quando facciamo le canzoni in genovese (dallo stornello alla canzone più malinconica) ci piace toccare tutte le varietà. Allo stesso tempo ci piace fare nuove canzoni”.

Quindi il vostro repertorio prevede anche brani inediti? Li scrivete voi?
“Sì, la prima volta abbiamo iniziato con il grande Mike from Campo. È un nostro compaesano e un grande amico”.

Lui vi ha dato la spinta per partire?
“Sì, e siamo partiti con un ‘tou lì’. Nel 2017 è nata così ‘Tou lì’. Insieme è uscita questa canzone che è stata definita un inno all’amicizia”.

Qual è il vostro rapporto con il dialetto? Lo parlavate già da piccoli oppure lo avete riscoperto da più grandi?
“Lo sentivamo parlare però non lo parlavamo. Lentamente con la musica lo abbiamo riscoperto. Questa è la cosa bella: con la musica e con l’arte ci siamo avvicinati alla lingua. Perché con la musica è più semplice impararli, un po’ come con l’inglese che lo impari cantando le canzoni. Secondo noi la cosa importante è parlarlo. Perché lo comprendiamo quasi tutti ascoltandolo però la cosa bella è parlarlo. All’inizio si dicono strafalcioni, come diciamo ancora adesso, però la cosa bella è provarci. Anche tra di noi parliamo in genovese e anche con le ragazze è un approccio più spontaneo. È un modo di comunicare utile in molte situazioni, insomma arriva in modo diretto”.