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Un Occhio sul Mondo | 22 giugno 2024, 09:00

La politica extralusso non fa bene alla pace

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

La politica extralusso non fa bene alla pace

Il Bürgenstock è un complesso alberghiero ultra-extra-lusso, posizionato in uno dei posti più incantevoli della Svizzera, sopra la città di Lucerna, in prossimità del Lago dei 4 Cantoni. Un Resort privilegiato di proprietà qatariota, con 68 Suite, 12 ristoranti, un Centro Congressi, piscine, SPA e campo da golf, destinato ad una ristretta elite di ospiti che se lo possono permettere, come attori di fama, grandi Manager, miliardari e quel Gruppo di potere finanziario, che risponde al nome di Bildemberg, che spesso vi organizza i suoi mitici meeting.

Anche i politici non disdegnano affatto la frequenza di questo posto. Adenauer, primo Presidente tedesco post-2^ Guerra mondiale, fu uno dei primi, visto che, mentre i Tedeschi soffrivano le pene dell'inferno delle distruzioni e della ricostruzione, lui amava ritemprare le sue forze in questo luogo di lusso.

E come si sa, la storia spesso si ripete, visto che pochi giorni fa, mentre la gente continua a morire (e non solo sul fronte russo-ucraino), questa specie di paradiso con vista sul lago è stato il lussuoso palcoscenico dell'ennesimo “teatrino” della politica internazionale, ospitando la “Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina”, promossa dalla Svizzera.

Al meeting, tenutosi il 16 e 17 giugno scorsi, erano stati invitati 160 Paesi (l'ONU ha 193 Membri) i quali, in teoria, avrebbero dovuto partecipare a livello di Capi di Governo o, quantomeno, di Ministri, in modo da poter mettere in campo il più elevato grado decisionale. Ma l'incontro nasceva già con un “tallone d'Achille” congenito e rischioso, in quanto la Svizzera, pur con presunto rammarico, non ha ritenuto di poter invitare la Russia, pena la perdita dell'adesione del Presidente ucraino Zelensky.

Infatti, nonostante gli avvertimenti ufficiali del “Geneva Centre for Security Policy”, Organo governativo svizzero, che ha dichiarato “E' importante che il Vertice non sia visto come un'alleanza contro la Russia” in quanto “La Svizzera potrebbe essere accusata di aver avviato un processo di parte”, per non indispettire Kiev, Berna non ha invitato Putin. Questa posizione molto dubbia per una conferenza di pace, non solo ha determinato la secca reazione di Mosca, che l'ha pragmaticamente definita “una perdita di tempo”, ma ha anche preliminarmente sancito il suo “mezzo fallimento a priori”, visto che è stata la causa che ha tenuto lontano dal Burgenstock 60 Nazioni delle 160 invitate e ha indotto altre a non partecipare “al più alto livello” o ad aderire solo come “osservatori” o a non sottoscrivere il documento finale del Vertice.

Tra gli assenti di peso la Cina in primis, che ha dichiarato di non essere interessata ad un'iniziativa di pace dove non sono presenti tutti i contendenti. Brasile e Sud Africa invece hanno partecipato solo con Funzionari (Ambasciatori).

Quindi, alla fine, sono state 57 le Nazioni che hanno aderito ai più alti livelli, tra cui il Principato di Monaco e l'Italia, con la Presidente del Consiglio Meloni che ha partecipato solo ai lavori del 16 giugno mattina, mentre altri importanti leader, tra cui la Vice Presidente USA Kamala Harris, il Presidente francese Macron, il Cancelliere tedesco Scholz e il Primo Ministro giapponese Kishida hanno praticamente “timbrato il cartellino”, con una presenza di poche ore il sabato pomeriggio.

D'altra parte, arrivavano tutti dal G7 organizzato dall'Italia in Puglia, finito la mattina del 15 giugno, dal quale Zelensky è andato via con un cospicuo pacchetto di aiuti da 50 miliardi di dollari (per avere un'idea, la manovra finanziaria italiana 2024 è di 28 miliardi).

L'Italia, per voce della Premier, ha ribadito e fermamente confermato la sua posizione già espressa al G7, di totale ed incondizionato sostegno all'Ucraina “per tutto il tempo necessario”, perché "L'Italia ha sempre fatto la sua parte e non intende tirarsi indietro. Dobbiamo unire tutti gli sforzi per aiutare l'Ucraina a guardare al futuro. Vogliamo fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per trasformare un futuro di pace e libertà per l'Ucraina in una realtà".

Tuttavia, guardando in faccia proprio alla realtà, quali sono stati i risultati conseguiti in questo vertice azzoppato sin dall'inizio? Praticamente solo dichiarazioni di principio su tre aspetti che, cinicamente, possono essere considerati marginali, rispetto all'obbiettivo che veramente servirebbe e che, almeno inizialmente, si può individuare in un cessate il fuoco, step da sempre indispensabile per il conseguimento di una condizione di pace.

Le conclusioni le ha tirate la Presidente della Confederazione svizzera Viola Amherd, che non ci ha tenuto ad evidenziare che il Vertice si è concluso con un “comunicato congiunto” e non con una “dichiarazione finale”. Un aspetto che non è solo una sottigliezza formale, visto che la seconda ha un maggior peso politico, ma è il segnale che anche chi ha sottoscritto non si è voluto vincolare più di tanto.

Per quanto riguarda i contenuti, è stata sottolineata l'esigenza che tutto ciò che riguarda il nucleare, con particolare riferimento alle Centrali energetiche, deve essere oggetto di particolare attenzione e sicurezza, in maniera compatibile con l'ambiente. Poi è stato fatto un monito contro gli attacchi al naviglio mercantile nel Mar Nero e alle infrastrutture portuali, indispensabili per la sopravvivenza delle popolazioni. Infine, è stato chiesto l'avvio di uno scambio di prigionieri tra le parti ed il rientro dei bambini deportati in Russia.

In sostanza, a voler essere caustici, si potrebbe dire che è stato organizzato un costosissimo Vertice (pagato solo dalla Svizzera?!) con 160 Nazioni invitate, ma solo 100 partecipanti, di cui solo 87 han firmato un “comunicato congiunto”, per dire che in una guerra bisogna fare attenzione alle centrali nucleari in un'ottica green, le popolazioni continueranno a morire ma con la pancia piena e che i prigionieri devono essere scambiati, magari cosi ritornano a combattere. In merito all'argomento più delicato dei circa 20.000 bambini, rapiti dalla Russia secondo Kiev, trasferiti in Russia per motivi umanitari secondo Mosca, è giustissimo continuare ad occuparsene, in modo da incentivare ulteriormente il progetto per il loro rientro, elaborato dal Qatar in accordo con le due parti e che è già in fase di implementazione (questo pochi Media lo han detto).

Nonostante tutto, non sono mancate le dichiarazioni di soddisfazione. La citata Viola Amherd si è autoincensata affermando che “il fatto che la stragrande maggioranza degli Stati qui riuniti abbia approvato la dichiarazione finale dimostra ciò che la diplomazia può ottenere con un lavoro paziente” e ancora “Abbiamo ottenuto ciò che era possibile fare date le circostanze”. Non è mancata la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha elogiato la Svizzera, affermando che riuscire a riunire 100 Paesi e organizzazioni al più alto livello “è la testimonianza dell’abilità della diplomazia svizzera”.

Infine il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il Vertice del Bürgenstock è un “primo passo” verso “il successo più grande per noi che è la fine della guerra”. Già, la fine di una guerra che, nel frattempo, non solo continua, ma si sta inasprendo ancora di più, visto che l'Ucraina ha iniziato a colpire la Russia con armamenti occidentali, provocando anche vittime civili.

Inoltre, è un primo passo che, per il momento, non ne prevede uno successivo, per cui non si può di certo parlare dell'avvio di un percorso di pace serio e concreto e solo l'ipocrisia politica della Ursula von der Leyen può portarla a dire che “la pace è più vicina

Volendo fare un'ulteriore analisi di quanto espresso dall'incontro del Bürgenstock, si deve evidenziare che, oltre alle assenze eccellenti, tra i Paesi partecipanti, che non hanno firmato il documento finale, figurano Arabia Saudita, India, Sudafrica, Thailandia, Indonesia, Messico ed Emirati Arabi Uniti e pure il Brasile, che ha aderito come “osservatore”. Tutte Nazioni che, a parte il Messico, fanno già parte o hanno chiesto di aderire al BRICS, quel raggruppamento delle economie mondiali emergenti che, sempre più frequentemente, tende ad assumere posizioni autonome o addirittura contrapposte alla Comunità Occidentale.

L'assenza più eclatante rimane quella della Cina, nonostante le pressioni di Zelensky per riuscire a coinvolgerla, nel vano tentativo di incrinare quel fronte cino-russo che appare sempre più solido. Pechino non ha rinnegato il suo principio di fondo per l'avvio di qualsiasi tentativo di processo di pace, che si basa sull'assioma che Russia ed Ucraina debbano trovare un punto di partenza intermedio, tra le attuali rispettive posizioni. Un compromesso iniziale che, al momento, appare difficile da raggiungere perché l'intransigenza domina entrambe le Parti ma che, in termini di estrema concretezza, costituisce probabilmente l'unica “prima pietra” adatta a costruire qualcosa di positivo.

E quel che è peggio, la Comunità Internazionale, che dovrebbe essere fisiologicamente orientata alla mediazione, sinora, non ha dimostrato la minima volontà in tal senso e, anzi, ancora nell'ultimo G7, nel comunicato finale, ha avuto parole di condanna anche verso la Cina stessa, accusata di aiutare la Russia ad eludere le sanzioni occidentali, anche fornendo componenti e tecnologie per amarsi.

Sicuramente meno eclatante, ma poco meno significativa è stata anche l'assenza del Premier turco Erdogan, che ha inviato a Bürgenstock solo rappresentanti diplomatici. Non bisogna assolutamente scordare che, sino a questo momento, lui è stato l'unico che è riuscito a far trovare un accordo tra Putin e Zelensky per la “questione del grano”, sin dai primi mesi di guerra. La sua posizione ondeggia tra le Parti, in un quadro di equilibristico opportunismo, fornendo droni a Kiev, ma confermando il dialogo con Mosca, supportato dalla sua decisione di non applicare le sanzioni occidentali, in contrapposizione ai colleghi della NATO. La diserzione di Erdogan dal Vertice svizzero è emblematica dell'importanza che il Leader turco gli ha attribuito.

Infine, una valutazione sugli altri due colossi mondiali India e Brasile, che c'erano, ma non c'erano. Il Premier indiano Modi sembra voler continuare nella sua politica di smarcamento dall'influenza americana e di incremento dei rapporti commerciali con la Russia, soprattutto in campo energetico (petrolio). Il brasiliano Lula non ha di certo bisogno di dimostrare ulteriormente i suoi antichi pruriti verso gli Stati Uniti, ma sta andando alla ricerca per il suo Brasile di una forte identità in ambito internazionale, come grande Nazione di riferimento, perlomeno per il Sud America. E questo, al contrario dell'antica “orbita americana”, il BRICS glielo può riconoscere, per cui è disponibile ad allinearsi sulle posizioni dei RICS (Russia, India, Cina e Sud Africa), anche sulla questione Ucraina.

In definitiva, tenuto conto degli elevati costi che sicuramente ha avuto, si può affermare che questo vertice di pace di metà giugno abbia giovato solo all'hardware del meeting, vale a dire al Bürgenstock Resort e, soprattutto, ai suoi proprietari del Qatar. Di certo, la pace non ne ha tratto alcun giovamento.

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