“È emozionante vedere lo stupore sui volti quando le persone si rendono conto che ancora oggi alcune parole in latino si scrivono esattamente nello stesso modo anche in italiano”.
Potrebbe bastare solo il grande entusiasmo che traspare, nemmeno troppo velatamente, dalle parole di Stella Tramontana, professoressa, scrittrice e divulgatrice, per lasciarsi coinvolgere nell’iniziativa ‘Latino in tasca’, la serie di appuntamenti per scoprire quanto il latino, ancora oggi, sia in grado di influenzare il modo di parlare e di scrivere, ma anche un’occasione per riflettere su sentimenti, filosofia, arte e tanto altro.
“Tutti possono assistere alle mie lezioni - racconta Tramontana - anche senza aver fatto necessariamente studi classici. Questo perché chi partecipa è italofono, ha quindi studiato la lingua italiana e, in qualche modo, conosce una parte della storia del latino”.
Il punto forte del successo di questi incontri è proprio questo: far scoprire alle persone che anche chi non ha mai studiato latino o greco, ancora utilizza tantissime parole che hanno un’etimologia antica.
“Avere il latino in tasca vuol dire proprio questo, qualcosa che quasi ti dimentichi di avere, ma che sta sempre li”.
La professoressa continua: “Questo è un argomento che definire moderno implicherebbe la presenza di un latino antico; è, invece, un argomento eterno di cui quasi inavvertitamente conosciamo qualcosa. Queste lezioni non parlano di lingua in senso stretto, non ci sarà grammatica ma si affronteranno tantissimi argomenti come arte, cultura, letteratura, emozioni, tutto è collegata dalla lingua”.
Tramontana, giovane docente di greco e latino, ha fatto della sua passione un lavoro, strizzando l’occhio alla divulgazione in un modo semplice e chiaro, vero punto di forza del suo successo: “Quando abbiamo presentato il primo progetto, in pochi ci credevano - racconta -. Poi tutte le date sono andate sold out”.
Sempre più persone si sono ritrovate ad ascoltarla, scoprendo come il latino sia una lingua più che mai ‘viva’: “Durante le mie lezioni ho conosciuto tante persone. Quando vedevo visi particolarmente giovani o particolarmente adulti, mi sono permessa di chiedere l’età. Da questo ‘censimento’ abbiamo scoperto che il più piccolo aveva quattordici anni, un giovane di terza media che stava valutando di iscriversi al Liceo Classico, come poi ha fatto, mentre il più grande ne aveva ottantacinque. In mezzo, professori, medici e persone come i miei genitori che non hanno avuto la possibilità di studiare ma a forza di sentire le mie lezioni, ora tirano fuori perle di latino e greco. Nel corso degli anni ho conosciuto tante persone e molte, penso, sono state spinte a studiare greco e latino dalle mie parole. Non solo ragazzi, ma anche persone adulte che hanno scelto di dedicarsi allo studio nel tempo libero. Questa per me è la cosa più bella, far capire che queste lingue sono vivissime”.
Libri, storie, racconti sono un modo per aprire ancora di più la mente, come sostiene Tramontana: “nella storia delle parole e, di conseguenza, nella storia di questi due popoli, capire come hanno ragionato Greci e Romani è affascinante. L’impero romano, il più grande che abbiamo avuto, è quello che ci ha locati più di tutti. Capire come hanno ragionato loro ci aiuta a capire quante cose grandi potremmo fare noi. É veramente una cosa emozionante”.
Stella Tramontana è anche autrice di un romanzo dal titolo “Odissea. L’uomo ritrovato”, edito da Scatole Parlanti, Alter Ego Edizioni. Una sorta di racconto ‘a quattro mani’ con Omero: “Ho fatto il liceo Classico, inizialmente non ero molto brava nella grammatica; però, leggendo l’Iliade e l’Odissea, mi sono così innamorata del racconto che ho deciso di studiare di più la grammatica per capire come poter tradurre questi testi in maniera autonoma. Mi sono iscritta poi a Lettere Classiche e per altri cinque anni ho studiato greco e latino. Avvertivo di me un po’ quel sentimento di divulgazione, mi rendevo conto che più le leggevo, più le studiavo, più mi veniva voglia di raccontarlo a qualcuno. Leggendo, mi rendevo conto di quanto queste storie fossero umane, leggevo e mi rispecchiavo nei personaggi: non solo in Ulisse, il protagonista, ma anche in Penelope, nei Proci, perché se è vero che siamo pieni di virtù, è altrettanto vero che siamo pieni di difetti; ancora Telemaco, giovane e adolescente non sa che fare della sua vita e parte senza sapere a che cosa andrà incontro. La trovavo una storia meravigliosa ma difficile perché scritta in poesia, con tanti aggettivi, tanti epiteti. Ma Omero ha lasciato tanti aspetti in filigrana, quasi fossero spunti. Così, ho pensato di affiancarmi cogliendo quegli spunti che Omero sembrava lanciarmi. Il libro è composto di 24 capitoli, tanti quanti i libri in cui è suddivisa l’opera. Ho inserito la narrazione in quei buchi che ha lasciato aperti. È un libro dove ci sono tanti momenti di movimento in cui la scena procede chiaramente, però ci sono anche tanti momenti di calma, di stasi, di pensiero e riflessione, che sono momenti che in Omero non ci sono. C’è la caratterizzazione del personaggio, cosa pensano, cosa provano, il ruolo delle donne. Tantissime scene della natura, di contemplazione che in Omero mancano un po’ per tutti questi ovvi motivi che non poteva immaginare che ancora noi oggi avremmo amato la sua opera. Quindi ho voluto indagare in questa psicologia dei personaggi che mi fa dire, tra l’altro, chissà che cosa ha pensato Omero. Nessuno mi può dire se ho pensato giusto o sbagliato, ho preso la sua storia, non ho inventato nulla, ho fatto delle aggiunte che esistono solo nella mia testa ma chi può dire che non sono andate veramente così le cose. Chi può dire che Penelope, quando è arrivato Odisseo, non ha provato quei sentimenti, Ognuno di noi immagina le sue sensazioni. Ho voluto giocare sui sentimenti perché, per quanto Omero non li abbia descritti, sono sempre quelli, oggi come duemila ottocento anni fa. Per progredire, l’uomo o fa la guerra o fa l’amore. Quello che viene in mezzo è identico. Ho voluto insistere e far vedere che leggere queste opere ci fa dire che sono eterne. Usando parole di matrice greca, costruiamo poi parole italiane che i greci non pronunciavano. Questo ci fa capire che cosa immensa ci abbiano lasciato. Noi creiamo parole italiane su origini greche che loro non hanno mai pronunciato ma noi si, così continuano a vivere dentro di noi, attraverso la nostra voce”.
Prima dell’appuntamento nella suggestiva galleria degli Specchi di Palazzo Reale con la lezione del prossimo 21 giugno, Stella Tramontana sarà protagonista oggi al Museo Archeologico Nazionale di Chiavari in via Costaguta 4. Per informazioni e prenotazioni 010 8683173 e 348 2624922 oppure mail info@teatropubblicoligure.it.