Videogallery - 13 giugno 2024, 08:30

Testimonial del dialetto - La compagnia teatrale ‘Quelli de na votta’: “Aperti a tutte le varianti del genovese” (Video)

Ieri sera lo spettacolo inaugurale “Don Gervaso, parroco per caso” a Carasco. Da lì parte il tour per tutto il levante ligure. Il successo nelle rassegne e il calore del pubblico dimostrano l'importanza del lavoro e la passione che questi attori e attrici mettono in ogni rappresentazione

Dopo l'intervista a Gilberto Volpara (si può leggere qui), al professore Franco Bampi (si può leggere qui), ad Anto Enrico Canale (si può leggere qui), a ‘Cito’ Opisso (si può leggere qui), a Francesco Pittaluga, (si può leggere qui), ai Buio Pesto: Massimo Morini e Nino Cancilla (si può leggere qui), al rapper genovese Mike fC (si può leggere qui), a Rita Bruzzone (si può leggere qui), ad Andrea Di Marco (si può leggere qui), a Giampiero Cella (si può legge qui), a Paolo Regati (si può leggere qui) e a Marco Carbone, in arte “U Carbun” (si può leggere qui), allo storico e archeologo Ennio Cirnigliaro (si può leggere qui), al direttore di bande musicali Cesare Garibaldi (si può leggere qui), al giovane rapper Giovanni Cambiaso, in arte Garsonetto (si può leggere qui), Carlo Sparviero, titolare dell’Ottica Sparviero (si può leggere qui), al cantautore Beppe Gambetta (si può leggere qui), all’autore e rielaboratore di classici Bruno Gattorno (si può leggere qui), a Vladi Zullo, leader de I Trilli (si può leggere qui), oggi abbiamo incontrato la compagnia di teatro dialetto “Quelli de na votta”.

La compagnia “Quelli de na votta” è un’associazione culturale teatrale nata nel 2004 grazie alla passione e all'impegno di un gruppo di amici, molti dei quali con precedenti esperienze teatrali. È molto attiva nel levante ligure e ogni anni apre la propria stagione con una rappresentazione a Carasco andata in scena proprio ieri sera, mercoledì 12 giugno. L'obiettivo principale della compagnia è quello di mantenere vive le tradizioni locali, in particolare attraverso la valorizzazione del dialetto genovese.

Abbiamo incontrato la memoria storica dell’associazione e la figura più rappresentava di questa realtà: Carlo Migliazzi.

“La nostra compagnia teatrale è formata ed è composta da elementi che hanno diversi dialetti: Santo Stefano, Borzonasca, Carasco, Chiavari, Genova”.

Quindi siete aperti a tutte le ‘varianti’?
“Sì. Non voglio dire parolacce ma siamo molto aperti”.

Come nasce questa compagnia?
“Nasce con una decina di elementi circa quarant’anni fa (forse trentacinque ma esageriamo: quarant’anni fa) che si sono uniti. Ci chiamavamo ‘Misci e ma acciapei’. Poi ci sono state diverse vicissitudini per cui ci siamo prima fusi e poi divisi in due compagnie”.

Già all’inizio avevate diverse varianti di dialetto?
“Avevamo diverse varianti, Tra le fondatrici abbiamo Irene che parla il dialetto di Santo Stefano”.

Invece lei da dove viene?
“Io vengo da Borzonasca come nascita ma, forse sono l’unico che ha un po’ di cocina e di  parlata. Ho vissuto per tantissimo tempo a Genova e ci ho lavorato fino a quando sono andato in pensione”.

Ha voglia di raccontarmi quali sono gli elementi tipici della commedia genovese?
“È una commedia popolare che prende aspetti di vita, li rende scenici e li rappresenta. Quindi è una commedia tipicamente popolare. La comicità genovese è formata da pause e da riflessione, tipo in Govi dove era più il tempo in cui stava zitto che quando parlava”.

Quanti siete nella compagnia?
“È difficile da dire perché variamo, circa dodici o tredici. In questa commedia non lo so. Quanti siamo? Dieci/dodici. Diciamo che siamo circa quindici persone che ruotano, che cambiano personaggi”. 

Avete tante date in programma? Questa è la prima?
“Questa è sempre la prima”.

Quindi questa è la data inaugurale da tradizione?
“Esatto, fin dall’inizio. La Madonna delle Ciliegie (a Carasco) è sempre stata l’inizio. Io la considero la prova generale. Da qui vediamo poi come modificarla”.

Vedete se c’è qualcosa da limare?
“Sì, c’è sempre qualcosa da aggiustare”.

Avete altre date in programma?
“Ne abbiamo già cinque o sei in calendario: a luglio tre, poi ad agosto. Diciamo che in generale arriviamo alle dieci/didici commedie a stagione negli anni normali. Ci sono state annate da ‘suicidio’ con venticinque o trenta rappresentazioni, da ‘ammazzarsi’. Tieni conto che non solo non ci guadagniamo ma spendiamo pure”.

Lo fate per passione tutto questo.
“Sì, passione non riconosciuta dai pubblici poteri dei quali non faccio commenti”.

Ci sono giovani che partecipano?
“Ce ne sono”.

“Due”, aggiunge uno dei giovani della compagnia.

“No, sono più di due. Due più la Pamela siamo a tre. Inizia a esserci un po’ di movimento giovanile. Abbiamo recuperato anche un attore fresco fresco di di ottant’anni che stasera si esibisce. Un diversamente giovane”.

Come fate a gestire tutte le varianti di dialetto? Le preservate tutte?
“Sì, le preserviamo tutte. Avevamo, poverino è mancato e stasera bisognerà ricordarlo, uno dei nostri attori più tipici: Italo Vago che è morto circa un mese e mezzo fa. Lui era il depositario della purezza del dialetto genovese”.

Vago, scomparso lo scorso marzo all'età di ottant’anni, era una personalità conosciuta nel levante. Non ha mai nascosto il suo amore per la cultura genovese. Attore teatrale sia in lingua italiana che genovese, poeta e cultore dell'arte, ha sempre cercato di mantenere vive le tradizioni della sua terra.

Ancora oggi la compagnia “Quelli de na votta” continua a essere un punto di riferimento importante per la cultura teatrale locale, con un impegno costante nella promozione delle tradizioni e del dialetto genovese. Il loro successo nelle rassegne e il calore del pubblico dimostrano l'importanza del loro lavoro e la passione che mettono in ogni rappresentazione.