Domenica mattina.
Il sole splende, in cielo nessuna traccia di nuvola. Tutto è pervaso dall’aura che i raggi della tarda primavera regalano a ciò che illuminano.
L’aria della festa, del pranzo al sacco che presto sarà consumato sui prati del Righi, all’ombra di un qualche albero, si trattiene a stento. ‘Su al Righi ci sarà tantissima gente’ è il pensiero più frequente, ma quello sbuffare tipicamente genovese mal cela un sorriso speranzoso: la domenica è il picnic sui prati, salutando ora qui e ora la.
Allora la funicolare si riempie, le auto si incolonnano lungo il ripido pendio, e nel giro di qualche ora il verde inizia a tinteggiarsi di coperte distese su cui si dispone ogni ben di Dio.
Una vocina, quasi impercettibile, di chi potrebbe avere circa sei o sette anni, chiede: “Perché il Righi si chiama così?”.
Se la domanda fosse posta oggi, forse in tanti non saprebbero rispondere con la stessa sicumera che a inizio Novecento si manifestava a una domanda del genere.
Si perché bisogna tornare indietro di oltre cento anni per scoprire l’origine del nome che oggi ha il colle da cui si può ammirare tutta Genova e non solo.
Nel 1890 lo svizzero Franz Josef Bucher, assieme al figlio Theodor, imprenditore alberghiero da tempo in Liguria, propose al comune la realizzazione di una funicolare per unire il centro città al Castellaccio, la collina da cui poi parte il monte Peralto.
Un’idea che il Comune approvò con entusiasmo vista anche l’abitudine dei Bucher a costruire impianti simili in patria. La più simile era quella del monte Rigi che, in tedesco, si pronuncia ‘Righi’.
Un nome che piacque a tal punto che non solo così venne ribattezzata la funicolare ma Righi venne chiamata anche tutta la zona panoramica.