È in corso un nuovo presidio, organizzato dal Comitato Liberi Cittadini di Certosa e sostenuto dal Comitato Spontaneo Trasta/Fegino e altre realtà cittadine, fuori da Palazzo Tursi, proprio mentre è in corso la seduta settimanale del Consiglio Comunale.
I temi su cui Enrico D’Agostino, anima del movimento, continua a battere sono ormai noti, ma ribaditi ancora una volta a gran voce “finché non ci daranno credito e non ci daranno risposte”.
La mobilitazione nasce infatti dall’esasperazione dei residenti per la gestione dei cantieri ferroviari e metropolitani, per l’impatto negativo sulla salute pubblica e sulle attività commerciali del quartiere.
“Siamo qui per gli anziani della zona, che saranno costretti per la terza estate consecutiva a chiudersi in casa, con il caldo, senza che nessuno abbia pensato a realizzare dei progetto per loro - commenta D’Agostino, a cui è stato intimato di non indossare magliette con slogan particolarmente accesi per poter entrare in Sala Rossa - nonostante la promessa dell’amministrazione comunale di aprire un tavolo per trovare delle soluzioni che ancora non è stata mantenuta. Siamo qui per il panificio di via Mansueto, destinato alla chiusura perché non è più né visibile né raggiungibile avendo chiuso la strada e avendo posizionato davanti i cantieri. Nessuno sta pensando a dare loro un ristoro o qualcosa per poter arrivare a fine anno quantomeno. E poi siamo qui per gli ultimi fatti che riguardano il ritrovamento di amianto durante gli scavi a Certosa: a volte viene smentito, a volte confermato, ma alla fine risultiamo noi i bugiardi e siamo qua per dimostrare con lo siamo”.
Un altro motivo di protesta è relativo al continuo prolungamento dei cantieri nella delegazione. Maria Anna Alesi, residente in vico Chiuso della Pietra, spiega: “Abito accanto al muraglione della ferrovia, dove è stato realizzato il murale di Amore e Psiche. Ho le piastrelle e i muri danneggiati dalle vibrazioni, sappiamo che ci dovranno dare dei ristori ma non sappiamo tra quanto e di quali importi, quindi non possiamo neanche muoverci per trovare un’altra abitazione. Dopo tante proteste ci hanno dato un infopoint, ma non serve a niente, perché neanche gli incaricati sanno darci risposte. Siamo prigionieri, siamo ostaggi delle nostre case: senza contare che dovremo andarcene lasciando i ricordi di una vita e senza averlo scelto”.
“Abito in via Jori, e siamo arrabbiatissimi perché continuano a trivellare da tre anni, ci sono le ruspe sotto casa con rumori insopportabili” le fa eco un altro residente della zona. “Non riusciamo a tenere le finestre aperte, e pensando al passaggio dei treni merci temiamo che sarà ancora peggio. Sono qui perché voglio capire perché ci fanno vivere in queste condizioni disperate: dovrebbero prendersi cura dell’ambiente e delle persone, ma nonostante sia stato proposto un percorso alternativo alla ferrovia non è stato preso in considerazione. Perché?”