Prosegue questo sabato, e andrà avanti per tutti i sabati successivi, ‘Lo Sport che amiamo’, una nuova rubrica dedicata a personaggi e storie di sport della nostra città e della nostra regione. Ci piace raccontare quel che c’è oltre il risultato sportivo: il sudore, la fatica, il sacrificio, il duro allenamento, l’impegno, le rinunce, lo spirito del gruppo. Tanti valori che vogliamo portare avanti e mettere in luce con quello che sappiamo fare meglio: comunicandoli. Comunicarli significa amplificarli, ed ecco perché lo sport può diventare, sempre di più, ‘Lo Sport che amiamo’. Ci accompagna in questo percorso un giovane di belle speranze: Federico Traverso, laureando in Scienze della Comunicazione. L'ospite di oggi è Ludovica Mantovani, anima, mente e cuore del Torneo Ravano. Buona lettura!
Si è appena conclusa la trentanovesima edizione del Torneo Ravano e la trentesima Coppa Mantovani, confermando il suo grandissimo successo. Una manifestazione che sa evolversi senza perdere lo spirito dal quale è nata.
“Assolutamente, questa manifestazione nasce per far vivere ai bambini un sogno, farli sentire protagonisti attraverso lo sport, con le sue regole e con i valori che ci ha tramandato nostro padre. Oggi l’essenza del Torneo rimane la medesima, anche se crescono gli sport e crescono i numeri. Penso che il brand UEFA Respect sul petto di tutti i bambini incarni perfettamente lo spirito della manifestazione”.
Se il Ravano è nato come un torneo di calcio, oggi è all’insegna della multisportività. Quanto è importante per i bambini interfacciarsi anche con discipline meno conosciute?
“È importantissimo, ogni bambino, come ogni sport, è unico, caratterialmente diverso, e noi laddove non abbiano già una chiara passione vogliamo far loro scoprire il compagno di vita. Abbiamo un tasso di sedentarietà spaventoso tra i sei e i dieci anni nel nostro Paese, solo il 42% delle scuole ha una palestra e a volte, purtroppo, non è neanche agibile, quindi reputiamo che il format multisport sia inclusivo al massimo. Ottimizziamo anche i 10.000 metri quadrati dell’ultimo piano del padiglione Jean Nouvel, spingendoci anche sul mare con la vela. La nostra mission recita proprio «rendere ogni bambino libero nella scelta di praticare lo sport che ama»”.
L’ultima aggiunta alle manifestazioni del Torneo è l’hockey che porta il totale degli sport a undici. Ha annunciato che dall’anno prossimo ci sarà anche l’arrampicata sportiva: nei prossimi anni quali saranno le nuove discipline?
“La scelta dell’arrampicata sportiva è nata dallo stimolo di poter creare un’attivazione allo Stadio Ferraris coinvolgendo i bambini. L’evento “Area di montagna” è stato dedicato all’arrivo del Südtirol in città, ed è stata la prima volta che, grazie al Premio Multisport, abbiamo potuto testare l’attività con i 60 alunni della scuola De Scalzi-Polacco (che aveva vinto il Premio Multisport partecipando in 9 discipline su 11). Come attività motoria è diversa dagli altri sport fino ad oggi praticati, stimola nuovi muscoli, anche perché la corda e il quadro svedese non vengono più tanto usati a scuola e nelle palestre. Richiede un equipaggiamento che include l’imbracatura, il casco, e i bambini devono usare anche la concentrazione per decidere qual è il percorso più adatto per raggiungere la meta. È stata una scelta vincente. Credo che solo il tempo ci saprà consigliare su quale altro sport integrare: tantissime federazioni ci contattano e di questo siamo molto orgogliosi, ma dobbiamo sempre valutare gli spazi a disposizione e la logistica della manifestazione che coinvolge seimila bambini. Il tema quindi è più quello di scegliere quali sport mancano per soddisfare l’idea di inclusività”.
Tanti sport e per tutti, senza differenze di genere. Da quella lettera di una bambina al Presidente Mantovani l’uguaglianza e l’inclusività sono due prerogative ormai fondamentali per il Torneo.
“Io credo che nostro padre rispondendo alla lettera della bambina si sia mostrato molto sensibile e con una visione. Il torneo di calcio femminile ha preso il via dalla terza edizione, nel 1987, con la partecipazione di tre squadre di bimbe. Oggi abbiamo 55 squadre e 555 bambine, le abbiamo chiamate «la carica delle 555», sembra uno scioglilingua ma è proprio stato così. Laddove si danno pari strumenti, come avviene al Torneo, soprattutto a Genova dove tutti gli sport vengono praticati nello stesso momento e tutte le scuole possono avere accesso a tutti gli sport (nelle prefasi non è ancora così perché dipende dalla disponibilità delle federazioni), le preferenze dei bimbi stupiscono. Le percentuali di partecipazione tra femmine e maschietti variano moltissimo rispetto ai numeri dei tesserati delle federazioni sportive, quindi per noi è fondamentale che siano proprio i bambini ad avere la voce al Torneo, consapevoli che i dati che stiamo raccogliendo stanno diventando una case history molto incisiva”.
Il Torneo Ravano e la Coppa Mantovani sono un vanto per Genova e per la Liguria, ma le prefasi coinvolgono anche il Piemonte e, da quest’anno, la Valle D’Aosta. C’è l’ambizione di espandersi ulteriormente in questo senso?
“Per potersi espandere, con l’attuale format, dobbiamo avere un piano a lungo termine di sostenibilità che dobbiamo condividere in primis con le federazioni sportive e, nel caso, stilare delle intese con gli uffici scolastici, come nel caso della Liguria. Ricordo anche che la Coppa Paolo Mantovani sotto la presidenza di mio fratello si era già svolta in alcune città come Parma e Torino legandosi ai club di calcio. Quello che posso dire oggi è che qualcosa si sta sicuramente muovendo, vengono a trovarci e incontrarci, dobbiamo aspettare ancora un po’ ma intanto ci godiamo il successo di questa edizione in una Genova Capitale Europea dello Sport. Se il focus quest’anno era sulla Liguria direi che questa è una bella storia”.
I bambini che partecipano al Torneo imparano valori fondamentali come il rispetto per gli avversari, l’aiuto al prossimo, il fair play ma senza tralasciare lo spirito della competitività. È un po’ questo il mix vincente della manifestazione?
“Sì, lo spirito della competizione a quell’età è importante, il bambino può piangere o sorridere e secondo me fa parte dello sport, però ci dobbiamo ricordare che i bambini sono a scuola, e quindi cerchiamo sempre di far sì che oltre il divertimento con i compagni di classe rientrino a casa con più nozioni e informazioni possibili. Il format degli Edulab “Impara Giocando”, che facciamo in sinergia con i nostri partner e donatori, funziona benissimo. Poi c’è anche il fattore umano, noi abbiamo volontari che sono tutti ragazzi dei licei, e credo che noi, grazie a tutta la gioventù che va dai 16-17 anni per chi ci aiuta agli 8-10 anni, ci mettiamo molta passione e dedizione. Questa è la ricetta affinché il miracolo possa avverarsi ogni anno”.
Il Torneo si fa portatore anche di temi più attuali ma comunque fondamentali, come l’energia pulita, l’importanza di una nutrizione sana o del riciclo. Si può dire che sia quindi una manifestazione che contribuisce, assieme alle altre forme di educazione, a formare i cittadini di domani?
“Io credo che lo sport di per sé formi i cittadini di domani al rispetto delle regole. La Coppa Miglior Tifo o la Coppa Fair Play sono premi storici, però non dobbiamo fermarci, vogliamo diventare sempre più green. Questa è stata un’altra scelta voluta, e quello che è incredibile è vedere i sorrisi dei bambini che hanno vinto la Coppa Riciclini o la Coppa Green Hero: sono orgogliosi, rispondevano alle domande… I bambini scalpitano per partecipare al Ravano, sia che sia la prima esperienza in terza elementare o che sia la terza partecipazione in quinta. Papà diceva sempre che l’importante era diffondere un sentimento nella gioventù della città e nelle famiglie, e credo che questo sentimento oggi lo tramandiamo con tutti i valori che dobbiamo portare all’interno delle famiglie”.