C’è un’energia capace di vibrare in modo così profondo nell’animo da scompigliare i pensieri, scomponendoli e ricomponendoli in una nuova forma.
Un’energia che nasce dal bisogno di raccontare, con una sincerità spesso disarmante, la fatica e il dolore, la gioia e la speranza.
Quella stessa energia Levante ieri sera l’ha portata sul palco del teatro Politeama per la tappa genovese del suo 'Opera Futura Tour’, che la sta portando in giro per l’Italia collezionando sold out e date aggiuntive per tutto lo Stivale.
Levante, sin dai suoi esordi, sul palco non si è mai risparmiata e ieri sera ha corso su e giù, cantando in platea, saltando da un angolo all’altro del teatro, impazzita di una forza incontenibile che ha trasmesso a tutti.
‘Leggera’ apre il concerto e qualcuno sembra ritrovare un filo diretto con ‘Manuale distruzione’, disco d’esordio che quest’anno compie dieci anni: quasi a pensare che quel ‘non stai bene’ cantato a squarciagola con la voce dolente si sia trasformato in una consapevolezza diversa data da quell’ ‘anima così leggera, che non mi sembra vero di volare alto, sotto piedi ho ancora tanto cielo’.
I brani dei dischi più recenti si alternano a quelli della ‘prima Levante’ componendo un mosaico di emozioni inaspettate come la gioia incontenibile che dalla platea invade il palco; la sorpresa che si muove sul volto della cantautrice siciliana allo sventolare di centinaia di cuori di carta con su scritto ‘grazie’ mentre canta tra il pubblico, lasciandola con la voce rotta dalla commozione.
Si gioca sulle rime, sui suoni, sui significati, cardini della scrittura di Levante, che ne hanno fatto una portavoce sincera della sua generazione.
Una generazione ‘sacrificata’, svuotata che sa trovare il suo futuro grazie alla perseveranza. È la stessa Levante a ricordarlo, a metà scaletta, introducendo proprio il brano che apre ‘Manuale distruzione’: “Sono scissa, non so che sentimenti provare. ‘Manuale distruzione’ ha compiuto dieci anni. È un disco sofferto, l’ho pagato duemila cinquecento euro facendo caffè, una storia che tutti conoscete. Quando davanti ho un pubblico del genere, per me è una grande soddisfazione. ‘Manuale’ è un disco molto singolare, dentro c’era una grande solitudine. Gli ho voluto dare una vita nuova e ho inserito nel tour un brano molto triste che mi somiglia molto. Uno pensa che la gente non la puoi ammorbare sempre, invece io stasera vi ammorbo”.
La società con le sue contraddizioni è una costante (vedasi Capitale mio capitale) che Levante fotografa con cinismo; accanto a essa racconta la sua vita, le sue aspirazioni, i suoi fallimenti, che sono poi i sentimenti comuni: Alfonso e quel liberatorio ‘Che vita di merda’, continuano in ‘Tikibombom’ con il grido ‘è meglio soli che accompagnati da anime senza sogni’, che diventano Vivo con quell’ipnotico ‘Vivo come piace a me, vivo per chi resta e chi scompare’.
Due ore piene, che diventano un rito collettivo in un atto liberatorio: “Io sono Levante e voi, fortunatamente, siete Genova”.