“Non rinunceremo a una Liguria che si dedica a produzione, occupazione e lavoro, in favore di una Liguria dell’invidia e dell’odio sociale”: il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, lo diceva trionfante poco meno di un mese fa, in occasione della cena a Villa Lo Zerbino organizzata come finanziamento elettorale alla sua lista.
Parole suggellate da applausi scroscianti e devoti, da parte degli oltre seicento presenti, ciascuno dei quali disposto a sborsare quasi cinquecento euro a testa, per poter dire di essere presente.
Oggi, 7 maggio 2024, che cosa rimane di quel sistema? Quante persone sono ancora altrettanto devote? Da questa mattina, ovvero da quando si è diffusa la notizia degli arresti di Toti, Signorini e Spinelli, è tutto un prendere le distanze, tutto un “io non c’entro nulla”, tutto un cadere dalle nuvole, tutto un non sapevo.
Andrà avanti per settimane, questo coro di persone pronte a mettere le mani avanti (lo ha aperto il sindaco di Genova, Marco Bucci, e continua peraltro a ripeterlo). Potessero, negherebbero pure di esserci state, a quella cena.
Peccato che ci sono le fotografie (tante), i video (tanti), peccato che c’è stata la diretta televisiva dell’emittente amica (quella Primocanale diventata nel gergo malizioso dei colleghi, e non solo, TeleToti).
Peccato che Toti ha costruito gran parte del suo potere proprio sull’immagine e sulla comunicazione. Perché è un giornalista e proviene da quel mondo? Certo, ma Toti ha saputo andare oltre, informando ma soprattutto formando l’opinione pubblica, creando una gigantesca macchina del consenso, andando costantemente a spegnere ogni barlume di dissenso o di presa di posizione avversa.
Un sistema perfettamente collaudato, ma proprio lo stesso sistema che oggi, 7 maggio 2024, lo ha triturato. Perché di fronte alla crudezza delle carte processuali, di fronte alla gravità dei reati di cui è accusato, di fronte a quell’incrocio di favori, amicizie, prebende, regalie e quant’altro, neppure la macchina comunicativa di Toti ha potuto rispondere. E, oggi come oggi, riprendersi sarà durissima.
Come andrà a finire? Saranno settimane e mesi lunghissimi, e intanto c’è una regione da portare avanti, c’è un porto che deve continuare a lavorare, ci sono decine e decine di partite che non si possono fermare, a cominciare da quelle legate al Pnrr.
La vicenda esplosa questa mattina pone la Liguria al centro dell’Italia e non solo. Ma, soprattutto, scoperchia un velo su quel tanto decantato modello Liguria che, a ben vedere, così modello non era. Era forse un mistero che Spinelli potesse vantare trattamenti di favore in porto e non solo, che l’emittente amica fosse il braccio sempre pronto della propaganda totiana, che Signorini fosse considerato e trattato come una pedina di un gioco più grande?
Poi, sono arrivati i magistrati, a farcelo vedere per filo e per segno, questo pericolosissimo intreccio. Le facce torve dell’entourage di Toti oggi dicono tutto. È la giornata più buia da nove anni a questa parte, ma è anche la giornata più buia per Genova dai tempi delle Colombiane, e anche lì degli arresti illustri.
Soprattutto, è la giornata che, indipendentemente da come andrà a finire l’inchiesta (ed è giusto essere garantisti sino a prova contraria), mette ufficialmente fine a un’era: quella di un presidente che ha saputo comunicare benissimo, che ha saputo non dire quando non andava detto, non far vedere quando bisognava non far vedere, ma che poi, nelle maglie della comunicazione stessa, ha finito per rimanere intrappolato. Con le tante domande e i troppi errori.
Ciao Giovanni.
Game over.