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Municipio Valpolcevera | 06 maggio 2024, 08:00

I "testi" per la farinata? Ci pensa la famiglia Faccio, fin dal 1860. Una storia d'artigianato e di enorme passione (Foto e video)

Siamo stati al "Laboratorio del Rame" di Rivarolo: qui i gestori delle sciamadde genovesi vengono ad acquistare tegami e teglie per le loro preparazioni. Giancarlo e il figlio Alessio portano avanti la tradizione iniziata dal bisnonno: "Non si finisce mai d'imparare"

I "testi" per la farinata? Ci pensa la famiglia Faccio, fin dal 1860. Una storia d'artigianato e di enorme passione (Foto e video)

Durante questi mesi, in cui abbiamo raccontato la storia delle storiche Sciamadde genovesi, e dopo aver scoperto i nuovi locali impegnati a portare avanti la tradizione gastronomica della nostra città, spesso e volentieri ci siamo imbattuti in chi rende ogni giorno possibile la preparazione dei piatti che tanto amiamo gustare e che ci hanno resi celebri in tutto il mondo.

Si tratta di una Bottega Storica che ha sede in via Celesia a Rivarolo, e che dal 1860 si occupa della lavorazione del rame e, di conseguenza, della creazione di teglie e tegami utilizzati dai ‘farinotti’ di tutta la città: il ‘Laboratorio del Rame’. L’attività oggi è portata avanti da Giancarlo Faccio e dal figlio Alessio, che da poco si è avvicinato al mestiere di cui rappresenta, oggi, la quinta generazione. Rimasto l’unico laboratorio in tutta la Liguria impegnato nella lavorazione artigianale di questo materiale, l’attività della famiglia Faccio riesce ancora oggi a tenere testa alla produzione industriale, garantendo grande esperienza e maestria, ma anche una speciale cura dei dettagli. 

 

Come inizia la vostra storia?
“La nostra famiglia arriva dalla Valle D’Aosta: il mio bisnonno Alessio si è trasferito a Genova nel 1860 e ha aperto qui un piccolo negozio in cui realizzava la stagnatura del rame. Dopo di lui anche mio nonno si è avvicinato a questo mestiere, ma spesso i soldi non bastavano per provvedere alla famiglia… Poi è iniziata la guerra, hanno bombardato tutto qui, e con la nascita di mio padre i nonni hanno deciso di tornare in Valle D’Aosta per sette anni, ma sono poi nuovamente tornati a Genova e hanno proseguito con la lavorazione del rame. Una volta cresciuto abbastanza, anche mio papà ha iniziato a lavorare con loro. Lui però aveva una vena artistica, a differenza di chi lo ha preceduto: ha lavorato moltissimo a progetti più particolari. Ricordo che i proprietari di una goletta americana chiesero la realizzazione di alcuni elementi in rame, è stato un lavoro molto complesso… e poi ancora quadri, cappe, caminetti”. 

Quali sono gli elementi più difficili di questo lavoro? Riuscite a gestire da soli l’attività? 
“Oggi siamo rimasti in pochi a portare avanti questo mestiere. Non è facile, non si finisce mai di imparare e ci si sporca sempre moltissimo. Anche creare qualcosa partendo da zero non è semplice. Tutto quello che costruiamo viene fatto completamente a mano, partiamo da un disegno e cerchiamo di fare il meglio possibile… vedere i clienti soddisfatti è sempre una cosa molto bella. Se non desse soddisfazione, questo tipo di lavoro non si potrebbe fare. Da qualche tempo ho la fortuna di avere con me mio figlio Alessio, ha le spalle grosse e sta apprendendo i segreti del mestiere. E poi non poteva che essere il suo destino: nella nostra famiglia c’è un Alessio ogni due generazioni, e ora è il suo momento”.

 

Che cosa create nel laboratorio?
“Il nostro lavoro principale è la stagnatura del rame: con questo procedimento creiamo teglie, pentole, tegami per la ristorazione. I farinotti genovesi, i forni dove si fa il pane, sono tutti nostri clienti. Oltre alla Liguria, abbiamo clienti anche in Lombardia, in Inghilterra, a Dubai… ovunque arrivino la farinata e la focaccia al formaggio c’è bisogno di tegami di rame. Oggi l’attività si concentra quasi tutta su questo tipo di produzione e su oggetti su misura. In passato si creavano molti oggetti di uso comune: vasi, porta ombrelli, rose e fiori decorativi”.  

Il Laboratorio del Rame si trova a Rivarolo ormai da moltissimi anni, ed è stata dichiarata Bottega Storica di Genova. Come mai, una volta arrivati in città, il nonno ha scelto proprio questa zona per avviare l’attività di famiglia? “Qui mio nonno lavorava per le fabbriche della zona, che facevano dei calderoni grossi e lui si occupava della stagnatura interna quando non c’era lavoro in bottega. Poi a Rivarolo ci sono rimasti, hanno trovato casa. Qui in via Celesia non c’era una saracinesca chiusa, era una via rinomata, con pescherie, macellerie, panifici, è un peccato perché ora c’è molto più degrado rispetto a quei tempi”. 

Quanto è difficile portare avanti un’attività come questa, considerando che siete gli unici in tutta la Liguria? 
“Portiamo avanti tutto da soli, al posto di fare due ore ne lavoriamo quattro, però si porta avanti bene. Negli ultimi anni è mancato anche un collega di Bergamo, e abbiamo assorbito anche i suoi clienti sul milanese come pasticcerie e ristoranti. Ci sono poi aziende che lavorano a livello industriale, come Alessi o Agnelli, che però fanno principalemente pentole e casseruole”.

 

Una domanda anche per Alessio, la quinta generazione della famiglia Faccio. Ha deciso di seguire le orme di papà e dei nonni, pensi sia la tua strada?  
“Non ho iniziato da tanto a fare questo mestiere, ma sono la quinta generazione e ho voluto provare. Ci vogliono anni per imparare e piano piano si porta avanti la tradizione e l’attività di famiglia. L’obiettivo è quello di fare sempre meglio. Tra i miei coetanei non è un lavoro molto conosciuto, ma chi poi lo scopre si rende conto che è molto difficile e spero di farlo al meglio”. 

Mentre chiacchieriamo, tanti sono gli aneddoti che Giancarlo racconta mentre ci muoviamo tra un oggetto e l’altro. In cima a uno scaffale fa capolino un grosso coperchio, che era stato realizzato come copertura per un’acquasantiera di una chiesa. E poi ancora quadri, fiori, piccoli utensili, tutti ovviamente in rame, tutti con una lunga storia da raccontare. 

Chiara Orsetti

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