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Sport | 01 maggio 2024, 09:00

Trent'anni fa la morte in diretta di Ayrton Senna: quel lutto globale che fermò lo sport

Il ricordo di Stefano Zaino, genovese e storico inviato di 'Repubblica' per la Formula 1: "Lui fu davvero il primo pilota internazionale. Poi è aumentato il supporto mediatico, l'esposizione televisiva. Lì eravamo agli inizi"

Trent'anni fa la morte in diretta di Ayrton Senna: quel lutto globale che fermò lo sport

Non c'erano gli smartphone e per le notizie si aspettava, quando andava bene, il primo telegiornale disponibile o di leggere il televideo. I weekend si chiamavano ancora 'fine settimana' e il tuo eroe, sportivo o musicale che fosse, lo seguivi alla tv o sui giornali.

Era il 1994. Trent'anni, un giorno, e sembra un secolo fa.
Tarda primavera, alla tele le cronache di guerra e l'epopea politica agli albori della Seconda Repubblica: Silvio Berlusconi che aveva appena vinto le elezioni, in Sudafrica Nelson Mandela diventava presidente, nello stereo e alla radio per la musica è l'anno del grunge (ma non abbastanza da convincere Kurt Cobain a posare quel fucile). C'è lo sport, c'è il calcio, la Formula1 e gli eroi sono ancora tutti giovani e belli.
Le famiglie, davanti al Grundig, seguono La Domenica sportiva, seguono il Gran Premio e i risultati gara per gara di Gerhard Berger, Damon Hill, Jean Alési, Eddie Irvine. E soprattutto Ayrton Senna.

Una domenica come le altre in Italia, ma di primo maggio nel 1994: qualcuno sui prati, qualcuno ad aspettare il Concertone a Roma magari dopo una sveglia all'alba macinando chilometri. Niente streaming, niente visione portatile, c'è la tivù, per lo più grossa e ingombrante. C'è chi va allo stadio per le ultime partite di campionato, chi segue con la radiolina. Gli appassionati di automobilismo davanti allo schermo di casa guardano i giri di pista del Gran Premio di San Marino sul circuito di Imola, in una risoluzione che oggi sembrerebbe un disegno. Un weekend, lo stesso che in Italia si continuava a chiamare 'fine settimana', che avrebbe cambiato per sempre la storia dell'automobilismo mondiale, e non solo quella.

Ayrton Senna ha 34 anni ed è un eroe nazionale nel suo Brasile e nel cuore di tutti quelli che fa sognare a bordo della sua monoposto. Sportivo, celebrato, bello, riservato ma protagonista anche delle cronache mondane che ne raccontano flirt e amori. È appena passato alla Williams dalla McLaren, in una costante sfida tecnica e mentale che caratterizza la sua carriera: "nato per correre". 

"Quella di Senna - spiega Stefano Zaino, giornalista di Repubblica, una lunga carriera dedicata allo sport e alla Formula 1 - fu un'epoca di passaggio. Lui fu davvero il primo pilota internazionale. Poi è aumentato il supporto mediatico, l'esposizione televisiva. Lì eravamo agli inizi. Dai racconti che mi hanno fatto molti colleghi brasiliani anzitutto Senna era un eroe nazionale".

30 anni esatti fa oggi, il 1 maggio del 1994 per 'Magic' sarà l'ultimo Gran Premio. I segnali c'erano stati il primo giorno di prove libere, di venerdì, quando toccò a Rubens Barrichello giocarsela con la fortuna, finendo protagonista di un tremendo incidente che lo lasciò ferito in modo grave ma vivo. Un sabato funestato invece dalla prima tragedia: Roland Ratzenberger lanciato a più di 300 km all'ora si schianta contro il muro esterno della curva intitolata a Villeneuve, morendo poco dopo l'arrivo in ospedale. Da lì in avanti qualcuno comincia a chiedersi se non sia il caso di fermare Gran Premio su una pista che almeno teoricamente dopo un incidente mortale dovrebbe essere sotto sequestro. Non succede, la gara va avanti.

Alle 14,17 la gara era già stata fermata per un altro incidente (con feriti alcuni meccanici e spettatori), quando Senna esce di pista nella curva del Tamburello: lo sterzo si rompe, la sua auto ad altissima velocità non risponde più ai comandi e si schianta contro il muro a bordo pista. La sequenza di immagini, per quanto sgranate rispetto agli standard odierni, restituisce la dimensione della tragedia.

Soccorso con traumi gravissimi il pilota viene portato all'ospedale di Bologna in elicottero dove solo nel tardo pomeriggio l'inviato di Rai Due darà in diretta la notizia della sua morte, intervistando la dottoressa Maria Teresa Fiandri, primaria del reparto di rianimazione, che conferma in mondovisione la morte di Senna. "Signora", dice l'inviato, che poi si corregge con "dottoressa", ma è il 1994 e quel dibattito è ancora lontano.

Vicino è invece tutto il resto, una notizia globale che entra nelle case in velocità e fa il giro da Bologna all'Italia, dall'Italia al resto del mondo. La prima occasione, come solo gli anni a seguire insegneranno dalla morte di Lady Diana all'11 settembre, in cui quasi tutti quelli che c'erano hanno un ricordo preciso, "dov'ero/dov'eri quando è successo". 

"Oltre al lutto nazionale in Brasile quella fu una tragedia che durò per mesi e mesi e sconvolse il paese. All'epoca non seguivo ancora la Formula 1 - ricorda ancora Zaino - era l'ultima giornata di campionato e io seguivo la Sampdoria che giocò contro la Lazio. Tutto il mondo dello sport rimase scosso dalla morte di Senna". 

"Quando arrivai a fare il mio primo Gran Premio era il 1997 - prosegue - Chi l'ha conosciuto ha vissuto nel ricordo di Senna, tra molti giornalisti brasiliani uno in particolare mi raccontò che il suo capo, appresa la notizia, immediatamente gli disse che non sarebbe tornato dall'Italia fino al termine dell'inchiesta giudiziaria, che poi durò anni e anni e quell'ordine di servizio fu chiaramente disatteso. Ma rende l'idea del momento: in Brasile la percezione fu di un mondo che si ferma per la morte di Senna, per la dimensione del personaggio".

"C'è un suo giro sul bagnato passato alla storia in cui sorpassa praticamente 18 macchine - conclude Zaino - All'epoca si pensava fosse il pilota più forte di tutti i tempi e anche i piloti che si sono succeduti e che hanno vinto tanto, magari anche più di lui ma gareggiando per più tempo, avevano sempre il suo riferimento. Una vita spezzata, la sua, dal punto di vista umano e sportivo". 

Valentina Carosini

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