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Attualità | 09 aprile 2024, 20:40

Il Comune "dimentica" i nazifascisti, l'Anpi insorge: "Nebbia per nascondere le responsabilità"

Oggi in Consiglio Comunale sono spuntate bandiere e vessilli tricolori. "Il ricordo del fascismo è troppo accarezzato da tanti politici della scena attuale"

Il Comune "dimentica" i nazifascisti, l'Anpi insorge: "Nebbia per nascondere le responsabilità"

Protesta in Consiglio Comunale ma anche reazioni a raffica, dall'Anpi ai partiti del centrosinistra di Genova: ad incendiare il dibattito, ancora una volta alla vigilia del 25 aprile, la 'scomparsa' del termine 'nazifascista' nella spiegazione della strage della Benedicta, un omesso nella comunicazione da parte del Comune di Genova che ha fatto seguito alle commemorazioni per l’ottantesimo anniversario dell'eccidio che tra il 6 e l'11 aprile del 1944 insanguinò l'appennino ligure costato la vita a 154 vittime partigiane alle Capanne di Marcarolo. Di più se si contano, oltre i caduti nei rastrellamenti e nelle fucilazioni sommarie da parte delle forze naziste e fasciste, anche oltre 300 dispersi metà dei quali venne deportata nei campi di concentramento dai quali non fece più ritorno.

Una 'semplificazione' o forse una 'dimenticanza' che non è passata inosservata. In un comunicato del 7 aprile scorso il Comune di Genova infatti aveva ricordato la cerimonia di commemorazione alla quale ha preso parte in veste ufficiale il Presidente del Consiglio comunale genovese Carmelo Cassibba alle Capanne di Marcarolo, insieme al vicepresidente del consiglio regionale Armando Sanna, al sindaco di Marzabotto Valentina Cuppi, la consigliera alle Pari Opportunità della Città metropolitana Laura Repetto, l’ex segretario della CGIL Sergio Cofferati, Giacomo Ronzitti (presidente ILSREC) e il deputato ligure del Pd Luca Pastorino.

Ma dalla comunicazione della commemorazione sono sparite spiegazioni dell'eccidio e gli autori. Si citano 'i martiri della Benedicta', 'il ruolo fondamentale che ha la memoria', ma anche il 'dovere onorare coloro che hanno combattuto per noi e imparare dalle lezioni del passato per costruire un futuro migliore', senza mai pronunciare il termine 'uccisione', e nemmeno citare la mano di chi portò a termine la strage, vale a dire le forze nazifasciste finite omesse o date per scontate all'interno di una comunicazione istituzionale e ufficiale.

La prima reazione è stata quella dell'Anpi, il comitato provinciale genovese, intervenuto non solo per correggere l'omissis, ma anche ricordando il ruolo di Genova, città Medaglia d'oro al Valor militare, per la Resistenza.

"Alla Benedicta - si legge nella nota diffusa in giornata - 154 persone non 'persero la vita': furono uccise. Non morirono di polmonite, non finirono sotto a un camion i giovani renitenti alla leva rastrellati dai nazifascisti mentre cercavano di unirsi alle formazioni partigiane, ma vennero fucilati e massacrati intorno all’Abbazia, che fu fatta saltare in aria; non fu un caso, fu una voluta strage la fucilazione di 75 partigiani da parte dei Granatieri repubblichini comandati da un ufficiale tedesco".

"Ma per il Comune di Genova, città vogliamo ricordarlo ogni volta Medaglia d’oro al Valor Militare per la liberazione di Genova compiuta dalle forze del Cln e dai genovesi stessi - prosegue l'Anpi - l’eccidio della Benedicta, di cui domenica 7 aprile si è celebrato l’80°anniversario, non ha responsabili. Ci si guarda bene dal nominare il fascismo, alleato del nazismo e protagonista sui territori dei rastrellamenti, delle delazioni, della morte di migliaia di persone che avevano scelto l’antifascismo". 

Non solo. In Consiglio Comunale nel pomeriggio a protestare sono stati anche 6 consiglieri d'opposizione che hanno indossato lo stendardo tricolore con il simbolo dell'Anpi sui banchi della Sala Rossa.

"Il vero rischio - conclude l'Anpi - è quello, citato dallo storico Antonio Gibelli, di far alzare la nebbia che tutto confonde, per nascondere le responsabilità di un fascismo il cui ricordo è troppo accarezzato da tanti politici della scena attuale: anche a Genova. Anpi non ci sta, le sue donne e i suoi uomini continueranno a diradarla quella nebbia, con il vento della storia e della memoria che non si nasconde. Quelle sono le radici della nostra Repubblica, quelle sono le basi fondanti della Costituzione nata dalla Resistenza e nessuno potrà mai distorcerle o reciderle".

Valentina Carosini

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