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Venerdindie | 01 marzo 2024, 15:30

VenerdIndie - Tra jazz, elettronica e afro, la scommessa dei Bantu Kemistry: “La nostra musica come una grande jam session” (Video)

Tutto è partito quasi per caso e ha dato vita a un intreccio di suoni e stili unico nel suo genere, vero tratto distintivo del trio

VenerdIndie - Tra jazz, elettronica e afro, la scommessa dei Bantu Kemistry: “La nostra musica come una grande jam session” (Video)

Tanti sono i riferimenti che si colgono ascoltando i Bantu Kemistry esibirsi dal vivo.

C’è il jazz con l’improvvisazione; c’è l’afro con le sue sonorità; c’è l’elettronica che compone scenari in cui le note si muovono. Una sperimentazione continua in un evolversi che si snoda nel divenire creato dal dialogo degli strumenti.

Uno stile unico nato dall’incontro tra Jo Choneca, Giovanni Battista Boccardo e Giancarlo Canazza e che è partito subito come un’esperienza ‘one shot’ che, fortunatamente, non si esaurita e ha portato alla nascita del trio.

“Il progetto è nato dalla voglia di suonare - racconta Jo - e mi sento un po’ il protagonista perché, in qualche, modo, ho riunito i ragazzi. Stavo producendo roba afro poi li ho coinvolti”. 

I Bantu Kemistry hanno una data di nascita, il 18 novembre, il giorno dopo il compleanno di Jo: “Avvo proposto a Gian e Gio di suonare al MaddaLive per il mio compleanno. Ci siamo ritrovati e abbiamo deciso di formare una band”.

Le produzioni dei Bantu sono partite dunque dalle prime esperienze live: “Cerchiamo di fare quelle che piace a Jo - scherza Giancarlo - Una delle idee che ci ha riunito è quella di provare a vedere cosa succede unendo una produzione elettronica, che facciamo seduti attorno a un tavolo con le cuffie, a un qualcosa che suoniamo. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che vogliamo muovere le mani sui nostri strumenti così abbiamo messo insieme le cose e abbiamo creato un set che è elettronico con cavi, drum machine, pedali, ma un set che è suonato tanto che si vedono e si sentono strumenti elettrici e acustici. A livello di musica, dunque, c’è tutto questo a cui si aggiungono alcuni interventi di voce. È una fusione, un incontro di tante cose diverse”.

Il lavoro sui pezzi è uno sperimentare, aggiungere, lavorare e integrare, come spiega Giovanni: “Probabilmente, lavorare sui nostri pezzi è una delle cose che ci piace di più fare, contando che il progetto già di per sé è nato praticamente lavorando a pezzi dal vivo. Abbiamo un approccio molto derivato dall’improvvisazione, dal suonare insieme. Praticamente tutto è nato da improvvisazioni che, lentamente ma neanche troppo, sono diventate brani più o meno definiti. Poi sono arrivati i titoli, le strutture che, a volte non ci sono ancora del tutto. È un lavoro molto creativo e in divenire questo aspetto della produzione. Stiamo lavorando a qualche produzione più definita con l’idea di uscire su varie piattaforme. Per adesso tanta della nostra parte è live”.

Le influenze, manco a dirlo, sono numerosissime: “Ascolto molto Fela Kuti - prosegue Jo - mettere insieme diversi stili mi porta anche alle mie radici. Di mio, produco cose molto ‘roots’ e torno spesso in Africa anche per ricercare la mia identità. La cosa bella è che nel progetto Bantu si sente questa vibe, il groove che si uniscono alla musica classica, al jazz, all’elettronica e crea una super fusione in cui ci divertiamo tantissimo”.

Prossimo appuntamento live confermato quello del 22 marzo al Circolo Trinità di Bolzaneto che vedrà i Bantu impegnati in una serata la cui apertura è affidata al gruppo Yalda ma tante sono le date in calendario che attendono solo di essere comunicate.

L’invito, vista la straordinaria esperienza del trio, è quello di partecipare alle jam session: “Appassionati di musica, anche se non suonate, venite alle jam perché è li che succedono cose, che si incontrano musicisti, che nascono gruppi. È un momento anche per conoscere che cosa sta succedendo in città”.

“Genova è una città difficile - concludono - ma la cosa che ci stupisce è che la gente si diverte davvero, è incuriosita. È una città dove non è facile fare musica, dove ci sono pochi locali in cui suonare, ma noi non molliamo”.

Chiara Orsetti e Isabella Rizzitano

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