La realizzazione dello scolmatore del Bisagno, il consolidamento del versante nell’area di Via Terpi, la riqualificazione della cava inattiva al Monte Gazzo di Sestri Ponente e la messa in sicurezza della stazione ferroviaria di Casella sono le principali opere in corso di realizzazione per combattere il dissesto idrogeologico in provincia di Genova, presentate questa mattina durante il convegno organizzato dalla Filca Cisl Liguria al Palazzo della Borsa di via XX Settembre. Grazie a questi interventi saranno importanti le ricadute occupazionali: è previsto vengano impiegati oltre mille lavoratori, con una massa salariale di duecentotrenta milioni di euro e più di ottocentomila ore lavorate: i numeri riguardano l’intera regione e comprendono anche, nel savonese, l’approfondimento sul torrente Maremola, il Rio Molinero e le frane a Bardino, oltre al torrente Segno a Vado Ligure; nell’imperiese l’analisi sulla foce del torrente Argentina e, nello spezzino, il monitoraggio della Via dell’Amore.
Al convegno, intitolato “Contrasto al dissesto idrogeologico in Liguria, una strategia di prevenzione”, hanno preso parte il segretario generale della Cisl Liguria Luca Maestripieri, il segretario generale della Filca Cisl Liguria Andrea Tafaria, l’assessore regionale alla Protezione Civile Giacomo Giampedrone, il delegato del Rettore dell’Unige per le valutazioni geologiche e di mitigazione del rischio idrogeologico Francesco Faccini, il presidente di ANCE Liguria Emanuele Ferraloro, il presidente di Fondazione CIMA Luca Ferraris, il direttore scientifico di ARPAL Elisabetta Trovatore e il segretario generale nazionale della Filca Cisl Enzo Pelle. Obiettivo comune: creare un momento importante di confronto e di scambio di proposte, senza dimenticare le conseguenti ricadute occupazionali nel settore edile, tenendo gli occhi ben puntati sul tema della sicurezza dei lavoratori.
“Investire nel contrasto al dissesto idrogeologico non è solo una scelta etica perchè riguarda la sicurezza delle persone ma e’ anche un imperativo economico perché i disastri hanno un costo non solo diretto per le aziende e per le persone che vengono immediatamente coinvolte ma per l’intera collettività per tempi medio lunghi. L’incuria applicata al territorio ha un prezzo che poi pagano molti settori dalla produzione al turismo. Il contrasto al dissesto richiede un impegno collettivo e una visione a lungo termine e il settore edile, con le sue risorse umane e le sue maestranze, con tutto quello che può fare, è la risposta alle criticità e ai pericoli”, spiega nella sua introduzione Luca Maestripieri.
“Soprattutto dopo i fatti di Firenze, dobbiamo invertire il trend - ha spiegato in merito al tema della sicurezza sul lavoro Enzo Pelle -. Dobbiamo prima pensare alla sicurezza e poi costruire e non continuare a costruire e pensare successivamente alla sicurezza, o abusare degli strumenti politici per deroghe, condoni ed adeguamenti. Il tema della sicurezza sul lavoro dovrebbe unire e non dividere.
Occorre operare scelte coraggiose e dirompenti, a costo di apparire visionari. La Smart City è la soluzione ideale. In un’Italia soggetta a devastazione climatica occorre immaginare soluzioni innovative per abitazioni ed infrastrutture, la smart city è lo strumento privilegiato per una pianificazione a lungo termine, volta ad anticipare i tempi e le nuove esigenze, nel tentativo di migliorare la qualità della vita dei cittadini e ridurre quanto più possibile il rischio di eventi tragici. Tecnologia, progettazione e prevenzione, immaginiamo soluzioni realizzabili a problemi reali, mediante un approccio integrato. L’edilizia deve muovere nell’ottica di una progettazione sempre più resiliente, in grado di fronteggiare i sempre più frequenti eventi estremi”.
Andrea Tafaria pone l’attenzione sul settore edile dopo lo stop del Superbonus: “Le opere che presentiamo questa mattina possono dare un nuovo impulso al settore: abbiamo la possibilità di riqualificare i lavoratori che finiscono la loro attività per impiegarli negli interventi finanziati dal PNRR e in quelli messi in campo per combattere il dissesto idrogeologico. Inoltre, abbiamo la possibilità di inserire diversi giovani nel mondo del lavoro: abbiamo firmato un accordo con Ance Genova che prevede la presenza di centoquindici ragazzi delle Scuole Edili che svolgeranno duecentocinquanta ore di formazione e altrettante in cantiere: l’obiettivo è garantire l’assunzione di circa il sessanta per cento nelle aziende che hanno firmato l’accordo. Oggi l’edilizia non è più un lavoro di fatica e basta: ci sono tanti macchinari da utilizzare e i giovani saranno il futuro dell’edilizia ligure”.
L’assessore Giacomo Giampedrone sottolinea l’importanza di una strategia condivisa per far fronte alle tante emergenze che attanagliano il territorio regionale: “La Liguria è stata protagonista di una piccola rivoluzione nella Protezione Civile dopo la mareggiata del 2018 che ha coinvolto la regione, nostro malgrado e per fortuna senza vittime. Oggi il sistema è cambiato e le risorse vengono gestite anche per aumentare la capacità di resistenza del territorio: un piccolo risultato in attesa di un nuovo stato di emergenza per le ultime mareggiate che spero ci venga riconosciuto, con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che è nelle nostre possibilità per rendere la Liguria più sicura di come l’abbiamo trovata”. Tra le opere indicate quella più importante per la città di Genova riguarda lo scolmatore del Bisagno: “È un cantiere difficile, ci sono state vicissitudini non legate ai lavori che hanno rallentato ma il punto di arrivo resta la fine del 2025. Contiamo che l’arrivo della talpa e il cambiare metodo di scavo ci consentirà di recuperare il tempo perso per la realizzazione di una delle opere più attese e significative. Nel caso in cui il termine non fosse rispettato potremo applicare delle penali. Tutti i termini intermedi non esistono perché l’appalto prevedeva un unica scadenza con consegna del cantiere al termine dei lavori”.
“Non possiamo fare scolmatori dappertutto” è il commento di Luca Ferraris -. “Abbiamo un territorio molto a rischio perché abbiamo un sacco di rii tombati non verificati, frutto di un'urbanizzazione fatta nel dopoguerra non solo perché avevamo bisogno di territorio ma anche perché avevamo poche conoscenze. Oggi dobbiamo cambiare strategia: dobbiamo immaginare uno sviluppo del territorio che tenga conto dei rischi. I torrenti e i fiumi non sono più qualcosa che dobbiamo coprire e arginare sempre di più, ma qualcosa che dobbiamo scoprire. E dobbiamo trovare un modo per convivere con loro. Il nostro clima andrà verso due poli: momenti in cui ci saranno forti precipitazioni e temporali che mettono in crisi il nostro territorio e lunghi momenti in cui l'acqua non ci sarà. Torrenti e fiumi sono una risorsa importante: se troviamo il modo per convivere con loro, per fare spazi verdi che l'uomo utilizza quando non abbiamo acqua e che poi lascia al fiume quando piove forte, forse troveremo un modo per metterci in sicurezza rispetto ad oggi”. Per esempio, a Savona il rio Molinero inonda frequentemente una parte di città e poco distante si trova uno stadio: “Un'idea potrebbe essere usare lo stadio anche per laminare e mettere in sicurezza quel territorio quando piove tanto”.
Per Elisabetta Trovatore la soluzione “è la conoscenza del territorio e il monitoraggio. Conoscenza non solo del passato, ma anche del presente e del futuro. Dobbiamo imparare a vivere con un certo tipo di fenomeni, ma anche realizzare opere strutturali, tema del convegno di oggi, che mettano in sicurezza il territorio, senza sfruttarlo e rispettando le situazioni naturali di partenza”.