“L’ho conosciuto… dal benzinaio”. Due tra i più importanti artisti, nei rispettivi campi, che hanno scelto Chiavari come città dove trascorrere la loro vita e il loro tempo libero, non si sono incontrati in un teatro, in un auditorium, a una mostra o presso uno studio. No. Si sono incontrati mentre facevano entrambi uno dei gesti più quotidiani che ci possano essere: fare rifornimento all’automobile.
È successo qualche tempo fa e, da allora, Enrico Rava, uno dei jazzisti più amati e popolari al mondo, e Ivo Milazzo, uno dei fumettisti più stimati e seguiti di sempre, sono entrati in contatto, si sono scambiati opinioni e riflessioni e sabato, alle ore 17, saranno insieme protagonisti di un evento organizzato dall’associazione Il Bandolo, presso l’Auditorium della Filarmonica di Chiavari, in largo Pessagno 1. L’ingresso è libero. ‘Creatività e musica’ è il titolo dell’evento. “La scaletta? Sarà tutta una sorpresa”, annuncia Rava, che ha 84 anni ed è ormai da tempo un ligure d’adozione.
Maestro Rava, davvero vi siete conosciuti dal benzinaio?
“Sì, è andata così. Abbiamo entrambi i capelli bianchi un po’ lunghi. Milazzo mi è venuto incontro, mi ha chiesto se fossi veramente io e gli ho detto di sì. Allora ho chiesto se lui fosse veramente lui… Di persona ci siamo visti così, in realtà Ivo Milazzo l’ho sempre apprezzato per il suo lavoro. Mi piacciono i suoi fumetti, l’ho sempre considerato uno dei più grandi. E poi, con Ken Parker ha fatto un capolavoro assoluto. Sono molto contento di conoscerlo e sono molto contento che, come me, abiti a Chiavari”.
Lei da quanto vive a Chiavari?
“Ci abito da almeno vent’anni e ne sono cittadino onorario dal 2014. Ho vissuto per parecchi anni alle Cinque Terre, per la precisione a Corniglia, dopo gli anni in cui sono stato a New York, e lì stavo benissimo. Poi, a Corniglia ho conosciuto un medico che stava a Chiavari e che, per coincidenza, doveva lasciare la sua casa a Sant’Andrea di Rovereto. Andai a vederla con mia moglie e rimanemmo incantatati: gli ulivi da una parte e quella magnifica vista sul golfo dall’altra. Ci stabilimmo lì, nella casa abitata dal medico. Poi, dopo altri giri, sono ‘sceso’ in centro a Chiavari e ora sono stabilmente qui”.
A casa ha un suo studio?
“Non mi serve lo studio. Mi bastano lo strumento e la tastiera. Lavoro a casa, suono quel paio d’ore al giorno, studio e compongo. Viaggio molto di meno rispetto al passato, ho 84 anni e ho deciso di rallentare un po’”.
In Liguria riesce a suonare abbastanza?
“La Liguria è ancora poco vivace, dal punto di vista dei concerti, a parte qualche bella eccezione. Io suono ancora parecchio, ma in giro per l’Italia. Prossimamente sarò a Roma a registrare il mio ultimo disco, poi farò concerti a Roma, a Milano e nel Sud Italia”.
Con quali formazioni?
“Siamo un gruppo nuovo, ci chiamiamo Fearless Five, ovvero i cinque senza paura. Ci sono, oltre a me, Matteo Paggi al trombone, Evita Polidoro alla batteria, Francesco Diodati alla chitarra e Francesco Ponticelli al basso. Poi, giro anche in duo con il pianista americano Fred Hersch e con il trio del bravissimo pianista Alessandro Lanzoni”.
Di quanto ha ridotto l’attività?
“Cerco di non fare più di quattro concerti al mese. Suonare è divertente, ci mancherebbe, ma sono i viaggi e gli spostamenti che iniziano a pesare. Fino a prima del Covid, ho sempre viaggiato moltissimo. Poi, c’è stata la pandemia, qualche piccolo problema di salute da parte mia e nel momento in cui ho ripreso con il lavoro, ho pensato che sarebbe stato necessario rallentare. Non me l’ha detto nessun medico, me lo sono proprio detto io. Certi viaggi non li voglio più fare, specie quelli intercontinentali. Suono al massimo in Europa, ma soprattutto cerco di rimanere in Italia”.
Le piace circondarsi di musicisti giovani…
“Mi piace circondarmi di musicisti che hanno un po’ il mio stesso modo di pensare. Il fatto che siano giovani è un caso. Un po’ perché della mia età non suona quasi più nessuno e un po’ perché io ho sempre cercato di evolvermi, di non stare fermo, di essere moderno. E quindi è normale che si incontrino i giovani, quando hai questo modo di suonare e di concepire la musica. Io sono sempre andato avanti. L’importante comunque non è l’età, bensì l’intesa che si crea. Con molti colleghi ci capiamo con lo sguardo, non serve neanche provare così tanto. Dal punto di vista artistico e del talento, l’Italia rimane il paese più interessante per il jazz, insieme agli Stati Uniti”.
E il pubblico? In Italia come è?
“Il pubblico è moltissimo. Sono reduce da quattro concerti al ‘Blue Note’ di Milano tutti esauriti. È bellissimo vedere quanto entusiasmo c’è intorno alla musica. Siamo ancora importanti con quello che facciamo. Poi, certo: esce un trapper con un brano ‘delinquenziale’ e si tira dietro diecimila giovani, ma pazienza”.
Che cosa le piace di Chiavari?
“Mi piace il mare, soprattutto. A me piace guardare il mare. Non sono mai stato un grande nuotatore, né uno che va in barca. Mi piace guardarlo e basta. Sono originario di Trieste, sono nato sul mare. Mi piace vedere tutto questo spazio davanti. E poi mi piace la cucina, anche se ci sono altre cucine regionali che prediligo. Amo stare in una città con una dimensione umana, è la dimensione giusta nella quale ho ormai deciso di trascorrere la vita che mi rimane”.