All’indomani della presentazione del report sulle predazioni dei lupi nei confronti dei cani, intervengono le associazioni animaliste puntando il dito sul valore scientifico dei dossier.
Le associazioni GAIA Animali e Ambiente, Animalisti Genovesi, LAV e Associazione Sparta sostengono che sia in atto una criminalizzazione del lupo per poterne ridurre lo stato di protezione, come previsto dalle disposizione europee.
Per gli animalisti, le affermazioni degli esponenti della Federcaccia sul loro disinteresse nel cacciare il lupo sono in conflitto con l’atteggiamento volutamente allarmistico nel caso del report che non avrebbe alcun valore scientifico, come affermato da loro stessi.
L’aumento del numero dei lupi sull’Appennino dovrebbe essere visto come un elemento positivo, concetto che approfondisce anche il biologo ed etologo Francesco De Giorgio: “Bisogna capire di quali lupi e di quali cani stiamo parlando, in quali contesti si verificano questi episodi, quali sono le attività, le abitudini e la mal pratica che coincidono con essi o che, quantomeno, ne rendono più probabile il verificarsi, quali sono piuttosto le responsabilità della società umana, invece che addossare unicamente la colpa ai lupi. Gruppi di lupi diversi hanno diverse culture, basate sulle singole soggettività di ogni gruppo, un gruppo può avere una cultura neutra rispetto ai cani, un altro può sviluppare una cultura di competizione con i cani, un altro può avere una tendenza predatoria opportunistica verso essi. I cani utilizzati nella caccia, possono avere un impatto maggiore sulle dinamiche naturali, - prosegue Francesco De Giorgio - sottoponendo lupi e altri selvatici, ad un elevato livello di disturbo e stress che può scatenare in alcuni gruppi di lupi o singoli individui, una reazione né competitiva né predatoria, ma di difesa territoriale, oltre che di controllo ed eliminazione del disturbo. Questo vale anche per quei cani che vengono mal gestiti, ma anche mal compresi e in definitiva negati dagli umani, come quelli legati a catena nelle campagne, ma anche quelli che vivono in città liberati in natura senza cognizione di causa. In più nelle campagne ci sono diverse mal pratiche legate alla gestione del cibo, che spesso viene lasciato fuori, a disposizione non solo dei cani ma anche dei selvatici. In conclusione non sono i lupi che vanno controllati, ma le attività antropiche, anche perché oltre che essere notoriamente indicatori e promotori di un ambiente naturale sano, i lupi rappresentano anche le migliori difese contro la diffusione di patogeni, come nel caso della peste suina africana e quindi andrebbero aumentati maggiormente i livelli di protezione.”