Sono state depositate nella giornata di martedì le motivazioni del giudice Francesco Giannone in merito alla sentenza del processo Tirreno Power.
Lo scorso 3 ottobre 2023 erano stati assolti perché il fatto non sussiste i 24 imputati per disastro sanitario colposo, vertici ed ex dirigenti dell'azienda nel procedimento sulla centrale vadese.
Dopo 9 anni e mezzo dall'ordinanza di sequestro dei gruppi a carbone disposta dal Gip Fiorenza Giorgi, 4 anni e mezzo dalla partenza del procedimento, era arrivata davanti ad un folto pubblico la lettura del dispositivo nel primo grado di giudizio.
Anni caratterizzati dalle molteplici indagini della Procura, dalle battaglie delle associazioni, i cittadini, i lavoratori e le varie testimonianze sfilate in aula da parte di chi si era occupato delle indagini, gli abitanti, i sindaci dell'epoca e tramite i consulenti dell'accusa, delle parti civili e delle difese.
160 quindi le corpose pagine con le quali il giudice si sofferma su diversi aspetti, concentrando l'attenzione sugli studi epidemiologici, le emissioni e i decessi avvenuti in quel periodo. Che non troverebbero un nesso con l'attività della centrale. Ciò che invece aveva sostenuto l'accusa appoggiata dalle parti civili. Senza però, come specificato nelle motivazioni, riuscire a dimostrarlo.
Il giudice si sarebbe soffermato principalmente sugli studi di Paolo Crosignani, consulente della Procura ed ex direttore dell'epidemiologia ambientale dell'istituto tumori di Milano, del biologo, specialista in monitoraggi Stefano Scarselli e del Cnr oltre alla relazione dell'epidemiologo Emilio Gianicolo con le controdeduzioni alle osservazioni dei consulenti tecnici delle difese.
"Non può infine essere accolta la prospettazione avanzata in sede conclusiva dal pubblico ministero, secondo cui la responsabilità degli odierni imputati (o meglio, di coloro che, in ragione della permanenza nelle rispettive cariche, hanno partecipato alla scelte gestionali a cui sono riferiti gli addebiti che hanno trovato conferma: il mancato raggiungimento della prova in ordine all'elemento materiale ha reso tuttavia superfluo affrontare il tema di tale ripartizione) potrebbe essere affermata ravvisando comunque un concorso di cause ai sensi dell'art. 41 c.p., di modo che il contributo concorrente delle altre sorgenti inquinanti non sarebbe comunque idoneo ad interrompere il nesso causale tra l'apporto riferibile alla centrale e l'evento - il passaggio finale delle motivazioni che hanno portato all'assoluzione - Proprio l'impossibilità di stabilire un concreto apporto emissivo ascrivibile alle condotte illecite poste in essere nell'ambito della gestione della centrale, non solo nei termini indicati dall'accusa (il 12%, soglia che in ogni caso non potrebbe essere raggiunta, per quanto già evidenziato in ordine alla mancata dimostrazione dei due fattori che avrebbero prodotto tale risultato), ma in assoluto, preclude tale possibilità, considerando peraltro che, nella fattispecie in esame, è stato l'evento, ancor prima del nesso causale, a non trovare compiuta dimostrazione".
La Procura aveva contestato all'azienda la mancata copertura del carbonile e la mancata realizzazione del VL6, l'utilizzo dei due impianti a carbone, VL3 e VL4, fino al 2013, facendoli lavorare a ritmi molto alti, la collocazione dello Sme a camino e le BAT (migliori tecnologie disponibili).
Tutte contestazioni respinte dalla difesa, con l'azienda che aveva puntualizzato a più riprese durante il procedimento e nelle sue repliche che "i limiti di emissione sono sempre stati rispettati. Di fronte a questa evidenza di pieno rispetto della legge, l’accusa ha sostenuto che bisognava invece attenersi alle BAT, indicazioni che non avevano alcun valore di norma e che peraltro erano già state considerate nell’autorizzazione rilasciata alla centrale dal ministero dell’Ambiente. Altro fatto accertato è che la qualità dell’aria a Savona è sempre stata tra le migliori d’Italia. Mai nessun superamento dei limiti per nessun inquinante, secondo i dati ufficiali di Arpal".
Il pm Elisa Milocco aveva chiesto 3 anni e 6 mesi per 24 imputati e un'assoluzione. Nel processo erano stati ammessi (richiedendo anche un maxi risarcimento) oltre al Ministero dell’Ambiente, Ministero della Salute, WWF, Medicina Democratica, Greenpeace, Legambiente, Uniti per la salute, Anpana, Codacons, Associazione Articolo 32, Adoc, Accademia Kronos e Associazione Cittadinanza Attiva) anche 48 abitanti.