Preparazioni meticolose, cotture lente, profumi che si diffondono, portate che si susseguono in una speciale processione, un passamano tra commensali che sembra non avere fine.
Il Natale sulle tavole genovesi secondo la tradizione, è una varietà di prelibatezze per soddisfare ogni palato.
Anticamente, il pranzo del giorno di Natale vedeva le diverse portate tutte consumate nello stesso piatto; un menù ricco soprattutto per tipi di cibi portati in tavola che faceva sì che a fine pasto, il piatto di ogni commensale si riempisse di avanzi.
L’usanza voleva che ciascuno conservasse i suoi per poi portarli a casa e consumarli con la famiglia la sera o il giorno seguente.
Era il Tondo de Nâtale o Dënâ.
Ci si ritrovava ad avere il pasto pronto e le anziane donne della famiglia dividevano gli avanzi tra i figli e i nipoti con cui avevano condiviso il pranzo: il piattino di ciascuno, il tondo appunto, veniva ‘impacchettato’ per essere portato a casa.
Ravioli au tuccu, pansoti in salsa di noci, natalini, cappon magro, cima, pandolce, vini, canestrelli, sciroppo di rose e tante altre prelibatezze prima in tavola, venivano sistemate per essere portate nelle case di ognuno.
Nel corso degli anni l’usanza è andata via via in disuso, solo per i dolci è rimasta l’abitudine di utilizzare lo stesso piatto e raccogliere gli avanzi.
Una curiosità, perché in genovese si dice Dënâ?
L’origine va ricercata in Dies Natalis, ossia giorno della nascita, modo di dire genovese in uso già nel 1200.
E voi, lo fate il Tondo de Dënâ?