Sport - 01 dicembre 2023, 10:00

PROGETTO CAMPIONI. Fra pallavolo, nazionale e una vita dedicata allo sport: alla scoperta del genovese Paolo Porro

Paolo ci racconta i suoi primi passi nel mondo della volley e il suo futuro con Allianz Milano

Continua l’appuntamento periodico con una nuova rubrica all’interno dei quotidiani del nostro gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni. 

 

Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza. 

 

Oggi è il turno di Paolo Porro, pallavolista classe 2001 della Power Volley Milano. Nominato miglior giocatore italiano U23, Paolo si racconta e ripercorre insieme a noi le tappe della sua carriera fino ad oggi.

 

Come ti sei appassionato alla pallavolo?

“I miei giocavano e fin da piccolo mi portavano in giro per le palestre, piano piano mi sono appassionato. Crescendo mi è piaciuto sempre di più e ho iniziato a praticarla.”  

 

Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri? 

“Mi affascina molto Messi, sia come giocatore che come personaggio. È uno all’apparenza molto introverso che dà molto ai suoi compagni e penso lo abbia dimostrato durante gli ultimi mondiali. Mi piace il fatto che questa cosa non la faccia vedere, diciamo che è un leader silenzioso da cui trarre ispirazione.”

 

Quando hai capito di voler fare della tua passione la tua professione?

“Era un volere ma in realtà è stata più un'opportunità e quando ti capitano devi essere bravo a sfruttarle nel migliore dei modi. Quando ho finito le giovanili ho fatto il mio primo anno da professionista a Modena, lì era già un lavoro. Lavorare giocando è il sogno un po' di tutti e io ho colto l’opportunità. Ovviamente poi le cose meglio le fai e più diventano stimolanti.”

 

La scorsa estate sei stato nominato miglior giocatore italiano U23, cosa ha significato per te questo riconoscimento? 

“Sicuramente un riconoscimento fa sempre piacere, valorizza i tuoi sacrifici e mi rende orgoglioso. 

L’anno scorso è stata una stagione particolare fatta di alti e bassi, il campionato come quest’anno era molto equilibrato e durante i playoff abbiamo tirato fuori quello che ci era mancato, io in primis, quindi sono molto felice di questo.”

 

Pensi di essere nato con un talento per la pallavolo? 

“Fin da piccolo io giocavo tantissimo con la palla indipendentemente dallo sport, non so se sono nato con un talento, forse più con una passione. Ho sempre giocato tanto e con le ripetizioni le cose dopo un po’ vengono.”

 

Cosa è servito per arrivare dove sei ora a livello sportivo?

“Sicuramente tanto allenamento anche se può sembrare scontato dirlo, inoltre tanti sacrifici, a scuola ero tanto in palestra, quando i miei compagni uscivano io andavo ad allenamento. Queste cose sono sicuramente piccoli sacrifici che però coltivo quotidianamente da anni e che ad oggi rifarei di nuovo.”

 

Che cosa ti appassiona della pallavolo? 

“La pallavolo è uno sport particolare e molto complicato. Ha tante regole e l’azione molte volte dura poco, ma è proprio questo il bello secondo me ossia riuscire a restare concentrati. Io faccio il palleggiatore quindi sono fra quelli che tocca di più la palla, però penso a un centrale o a un libero che la toccano molto meno e devono comunque essere perfetti e fare la cosa giusta ogni volta che serve. 

Mi piace molto anche il fatto che sia uno sport di squadra dove la sincronia fra i giocatori è fondamentale.”

 

 

Come è stato passare dalle giovanili alla realtà di una prima squadra? 

“Io ho avuto la sfortuna di averlo fatto durante il covid, sono andato a vivere da solo ma in quel periodo era tutto un po’ più complicato. Piano piano mi sono abituato e poi alla fine è andata bene. Giocare con persone più grandi di te è un cambiamento importante sia da un punto di vista umano che pallavolistico, ma quando entri in una squadra entri a far parte di una famiglia. 

La responsabilità per me è un piacere, quando due anni fa ero molto più giovane i miei compagni di squadra mi hanno aiutato molto, questo fa parte dello sport di squadra. Il peso c’è però io sono disposto a viverla serenamente, a prenderla più come un piacere e un divertimento con tutte le responsabilità annesse che ci sono.”  

 

Cosa continua ad alimentare la tua passione per questo sport?

“L’inizio della stagione è un momento straordinario, man mano che giochi ti rendi conto di quanto ti fosse mancato questo sport durante la pausa. Appena rimetti piede in palestra e ricominci a vivere l’ambiente e i tuoi compagni non vedi l’ora di iniziare. Pensandoci bene non ho un momento o un qualcosa in particolare, per me la pallavolo è sempre un piacere.”

 

Com’è vivere lontano dalla tua famiglia e dagli affetti? 

“Mi sono allontanato da casa per la prima volta a 14 anni quando sono andato al Treviso, stavo con la famiglia di un mio compagno di squadra e ormai vivo lontano dai miei genitori da parecchio. Quando possiamo ci vediamo, loro vengono da me e io vado da loro appena posso. All’inizio la senti di più la mancanza, poi crescendo maturi e ti abitui. Inoltre credo che a volte affrontare le difficoltà da soli fortifichi e renda più indipendente.”

 

Come hai superato e consigli di superare i momenti bui? 

“Con la famiglia, gli amici e le persone che ti vogliono bene. Non sono uno che si butta giù quando le cose non vanno bene e che si esalta del contrario. Penso sia fondamentale avere il giusto equilibrio oltre alla consapevolezza di quello che si è nei momenti felici e che un giorno torneranno. Poi il problema va affrontato senza girarci attorno.”

 

Cos’è per te la vittoria e cos’è la sconfitta? 

“La sconfitta può essere un momento di crescita, può sembrare banale ma quando si dice che si impara dalle sconfitte è vero. Noi indipendentemente dal risultato guardiamo video per capire dove possiamo migliorare. Poi ovviamente se non si perdesse mai sarebbe bello.”

 

Come vivi lo spogliatoio? 

“Molto bene, è un po’ più complicato rispetto alle giovanili perché si hanno età diverse. I miei compagni li conosco da tre anni, altri da due e alcuni sono nuovi, lo spogliatoio è un ambiente che vivo serenamente. 

Nella pallavolo gruppo e tecnica sono due cose che vanno molto di pari passo, il gruppo è importantissimo. In questo sport dipendi molto dal tuo compagno e vivere la partita serenamente migliora le prestazioni. Quando la tecnica manca si vede la forza del gruppo, che sicuramente aiuta tanto.”

 

Com’è stata la prima chiamata in nazionale?

“In Nazionale ho fatto tutte le giovanili e quando è arrivata la prima convocazione con la Nazionale maggiore è stata una bellissima emozione. Siamo stati in Canada e mi sono ritrovato a giocare contro alcuni compagni che ho nel club, è stata una bellissima esperienza. Essere in Nazionale a rappresentare il mio paese per me è un onore e un orgoglio.”  

 

Dove e come ti vedi in futuro? 

“Spero di giocare ancora a pallavolo e di fare quello che mi piace. 

Mi piacerebbe restare a Milano, mi trovo molto bene. È già il terzo anno che stiamo costruendo qualcosa di importante, anche come seguito. Dopo il Covid era difficile riportare la gente in palestra ma come squadra siamo riusciti a far appassionare Milano a questo sport.”

 

Cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?

“Direi di inseguirlo, di non abbattersi quando ci sono dei momenti no, quelli prima o poi arrivano per tutti. Inoltre di vivere serenamente la vita e lo sport che sono le cose più belle che abbiamo.” 

 

Che cosa ti fa capire che tutti i sacrifici che hai fatto ne sono valsa la pena?

“Al momento già il fatto che mi sto divertendo facendo quello che mi piace come lavoro mi rende orgoglioso e mi ripaga dei sacrifici fatti negli anni. Poi ho ancora tanti obiettivi da realizzare ma per adesso sono felice per questo.”

 

Il ricordo più bello che hai della tua carriera?

“Ti direi o i mondiali che abbiamo vinto in Sardegna, oppure la semifinale in Polonia degli Europei dell’anno scorso. Mi ricordo che c’era tantissima gente a abbiamo vinto una partita lunghissima. Mi porto nel cuore anche le semifinali scudetto dell’anno scorso qui a Milano, c’era un clima incredibile.”

Paola Mascherin