Economia - 30 novembre 2023, 16:15

Uranio impoverito e amianto: il Colonnello Calcagni insieme all’ONA per tutelare le vittime

Quella del Colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni è la storia di un uomo delle Istituzioni che si è distinto per il suo impegno e il coraggio. Come pilota militare, ha partecipato a missioni internazionali di pace in luoghi di conflitto, come nel caso della Bosnia–Erzegovina, missione della NATO, sotto l’egida delle Nazioni Unite, nel 1996. Purtroppo nel 2002, arriva la diagnosi infausta, poi accertata, verificata e, nel 2005, riconosciuta dalle Commissioni Mediche Militari “DIPENDENTEda CAUSA e FATTI di SERVIZIO”: “il militare ha operato in regioni belliche ed è stato verosimilmente esposto a uranio impoverito” (CMO dell'ospedale militare di Bari, 10 marzo 2005). Il nemico invisibile aveva trovato in lui un bersaglio, ma il militare non ha mai smesso di lottare… Il Colonnello è il simbolo del coraggio, della resistenza e del sacrificio. Il Colonnello Calcagni, ferito e mutilato per servizio, con invalidità permanente del 100%, è stato riconosciuto vittima del dovere ed è ancora impegnato nella salvaguardia dei valori della democrazia e della giustizia, secondo i principi dei valori militari. Come componente dell’ONA, Osservatorio Nazionale Amianto APS, è nel suo comitato tecnico scientifico, come supporto al pool di medici e legali. Persona di fiducia dell’Avv. Ezio Bonanni, pioniere della lotta contro l’amianto in Italia, ha trovato nel Colonnello Carlo Calcagni uno dei suoi più validi alleati per difendere le vittime dell’amianto, e tutelare la salute e l’ambiente. Infatti, fin dal lontano 2008, è parso subito chiaro che vi fosse sinergia e potenziamento tra Uranio e Amianto. Ne sono una prova tutti coloro, che impiegati nelle missioni, in particolare nel territorio Balcanico, sono stati esposti ad entrambi gli agenti nocivi. Le nanoparticelle di metalli pesanti e le fibre di amianto aerodisperse a causa dell’uso di proiettili con uranio impoverito hanno costituito un cocktail esplosivo in danno dei nostri uomini impiegati nelle missioni, senza essere informati sui rischi a cui venivano esposti, senza aver ricevuto, mai, alcuna dotazione di protezione. Nel recente convegno presso la Regione Lazio, lo stesso Colonnello è intervenuto subito dopo il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, il quale ha dichiarato che il lavoro dell’Osservatorio Nazionale Amianto APS: “bene il lavoro dell’Osservatorio Nazionale Amianto … la Regione Lazio sarà un vs alleato e un interlocutore attento alle iniziative, che, da anni, portati avanti nell’interesse esclusivo dei cittadini”. Il Colonnello Calcagni, guida il Dipartimento Assistenza Vittime Uranio Impoverito dell’ONA, che ha istituito il numero verde 800 034 294, del quale è stato chiamato a far parte anche il Dott. Pasquale Montilla. Quest’ultimo ha predisposto un particolare protocollo, che trae lo spunto dalle ricerche condotte dal pool dei sanitari dell’ONA. 

Intervistiamo il Colonnello Calcagni. Ci racconta la sua storia?

La mia storia parte da lontano. Ormai, da lunghissimi 21 anni è iniziato quello che i più definiscono “il mio calvario”, ma che per me è la rinascita ad una seconda vita, più difficile e indubbiamente più complicata, ma sicuramente sempre degna di essere vissuta. Nel 1996, adempiendo al mio dovere di servitore della Patria, ho prestato servizio nei Balcani, in Bosnia-Erzegovina, in una missione internazionale di pace della NATO, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ebbene, proprio nell’adempimento del mio dovere, in qualità di pilota elicotterista, sono venuto in contatto con le nanoparticelle di uranio impoverito e ne ho contratto una serie di patologie multiorgano ed una polineuropatia cronica, degenerativa ed irreversibile, con sclerosi e Parkinson. Ad oggi, la mia cartella clinica è una serie infinita di patologie, che cerco di tenere a bada, con terapie che impegnano ogni mia giornata e che mi faranno compagnia fino alla fine dei miei giorni. Sono palliativi, che mi permettono di rivedere l’alba del giorno successivo, di ritardare l’avanzare della malattia, non sono certo la cura risolutiva. Quella, purtroppo, non esiste. Benché io sia anche oggetto di sperimentazione clinica, in Italia e all’estero, e desti persino lo stupore dei medici che mi hanno in cura, per la resistenza e la resilienza che mi caratterizzano, di fatto sono consapevole, come lo sono i miei familiari, che la malattia farà il suo corso. Posso solo sperare che il suo avanzare sia il più lento possibile, per poter godere ancora a lungo dei miei affetti più cari.

Essere contaminato da metalli pesanti durante una missione di pace, in nome e per conto dello Stato, è stato il punto di partenza di una serie di patologie.
Si sente tradito dalle Istituzioni che sembrano negare ciò che è sotto gli occhi di tutti?

La mia storia è nota ai più, eppure desta ancora scalpore. È una storia di sacrificio, coraggio, determinazione, tenacia, resistenza. Ogni giorno combatto su due fronti. Da un lato, quello clinico-medico, sottoponendomi a terapie costanti, tra pastiglie, circa 300, da assumere ogni giorno, flebo, plasmaferesi, per non parlare di interventi, programmati e non, setticemie cui far immediatamente fronte, quando si presentano… Dall’altro, quello burocratico-legale, per il riconoscimento dei miei diritti. Nello specifico, io sono e sarò sempre un fedele servitore dello Stato, un soldato leale che ha giurato fedeltà al Tricolore, un Uomo che crede ancora, nonostante tutto, nelle Istituzioni del nostro Paese. Alle Istituzioni, che ho servito con onore e per le quali ho sacrificato la mia gioventù e il mio futuro, la serenità mia e quella della mia famiglia, la mia carriera, in sintesi, la mia vita, chiedo solo di poter continuare ad onorare un giuramento pronunciato anni addietro. Oggi avrei ancora tanto da dare, nonostante tutto, ed il rammarico di non poterlo fare mi addolora ed incupisce le mie giornate.

Lo sport è stato un elemento fondamentale nella sua vita, portandola a vincere una serie di meritatissime medaglie d’oro in diverse competizioni paralimpiche. E’ per lei uno strumento di recupero psicofisico?

Sopravvivo grazie alle terapie, vivo grazie allo sport! Lo sport mi permette di sentirmi vivo, mi aiuta a disintossicare il mio corpo, alimenta in me la forza e il coraggio di andare avanti. C’è stata una battuta d’arresto, importante. L’umiliazione di dover trasformare la bicicletta in un triciclo, per ovviare alle difficoltà dovute alla perdita di equilibrio legata alla mia patologia. Dopo un momento di iniziale scoramento, mi sono però rimboccato le maniche e ho collezionato, insieme al mio triciclo volante, numerose vittorie…Tre ruote che rendono onore ad una disabilità che non si piange addosso, ma che sorride a tutto ciò che di meraviglioso ha la vita, per farlo risplendere ancora di più. Un triciclo che rende più stabile la mia corsa ormai minata dalle incertezze neurologiche e mi permette di diventare un campione paralimpico. Sul mio triciclo volante ha ripreso quel volo interrotto, in altre forme e con altre ali: i miei pedali e, soprattutto, la mia mente. In sella al mio triciclo, infatti, mi sembra di volare. Le gambe si piegano sotto sforzo sui pedali, la mia mente vola, verso più alti orizzonti, i miei pensieri ritornano nell’azzurro dell’immensità. E io torno ancora a volare… Mai Arrendersi!

Nonostante la tragedia, pensa di aver tratto qualche insegnamento dalla sua terribile esperienza, che l’abbia in qualche modo fatta crescere personalmente, spiritualmente, portandola a riflettere sui veri valori della vita. E quali sono i valori cardine della sua esistenza?

La mia è una lunga ed estenuante storia di sofferenza, di battaglie di varia natura, di tentativi di affrancamento e liberazione dalle catene delle ingiustizie, delle umiliazioni e dell’indifferenza.Tuttavia, nonostante questo, non ho mai smesso di sperare in un futuro di uguaglianza e democrazia autentiche: un futuro edificabile, mattone dopo mattone, grazie a piccoli gesti anonimi, ma straordinariamente necessari e imprescindibili, di tanti fragili forti eroi e eroine, partigiani e partigiane di ieri, di oggi e di domani che continuano e continueranno a lottare, nonostante tutto, ogni giorno, per quell’orizzonte infinito di Libertà, Amore e Giustizia, che è l’unica ragione per cui valga la pena di vivere e morire. Anche per questo, il 14 novembre scorso, in un momento di particolare sofferenza, tra la vita e la morte, ho deciso di scrivere una lettera direttamente al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed al Ministro della Difesa Guido Crosetto, sperando di essere ascoltato prima che sia troppo tardi. Mai Arrendersi